Bernabei Ercole – Compositore (Caprarola, 1622 – München, 5 dic. 1687)

Ebbe una compiuta formazione musicale, forse sostenuta dai Farnese, signori di Caprarola (ma significativi rapporti di patronato godrà anche da parte degli Orsini della linea di Bracciano). Secondo il Pitoni, fu allievo di Domenico Borgiani; la notizia è credibile, in quanto Borgiani visse a lungo a Caprarola, dove si sposò e gli nacquero sei figli. Ma per gran parte della sua vita B. fu attivo a Roma. Dopo aver cantato come putto soprano nella basilica di S. Giovanni in Laterano (gen.-ago. 1636), quando quella cappella era affidata al cappellano cantore Francesco Ferracuti, fu poi, tra il 1638 e il 1644, allievo di Orazio Benevoli a S. Luigi de’ Francesi, apprendendo in quegli anni non solo il contrappunto ma anche l’organo e il violino. Proprio a S. Luigi ebbe il suo primo incarico stabile, lavorandovi come organista dal 1653 al 1665, in collaborazione con i maestri di cappella Stefano Fabri (fino al 1657) e Antonio Maria Abbatini. Come organista ebbe rinomanza: ascritto in quella qualifica almeno dal 1658 alla Congregazione dei Musici di Santa Cecilia, vi sarà «guardiano» degli organisti (dal 16 giugno 1670 a tutto il 1672); intanto fu stabilmente organista «del secondo coro» nelle esecuzioni musicali dell’Oratorio del SS. Crocifisso (almeno dal 1665 alla sua partenza da Roma), venendovi saltuariamente sostituito da Fabrizio Fontana. Nel 1662 era anche stipendiato come «aiutante di ca­mera» del cardinal Virginio Orsini. La stima che circondava il suo nome portò alla nomina a maestro di cappella di S. Giovanni in Laterano (4 luglio 1665), con lo stipendio di 10 scudi mensili. Il servizio in quella basilica non gli impedì di proseguire la propria attività anche in S. Luigi, dove pose all’organo il suo giovane compatriota Ercole Pastorelli di Caprarola, mentre in prima persona suppliva il maestro di cappella Abbatini, all’epoca ammalato.

Del resto, Abbatini voleva lasciare Roma e ottenne, per raccomandazione del cardinal Antonio Barberini, il posto di maestro alla Santa Casa di Loreto; liberatasi così la direzione della cappella di S. Luigi, allora in pieno splendore artistico, B. la ottenne (nomina del 6 marzo 1667) mercé il sostegno dell’ambasciatore francese alla S. Sede e con lo stipendio di 11 scudi mensili, superiore a quello del Laterano, che perciò B. lasciò senza rimpianti. Il forte legame con la chiesa nazionale di Francia fu determinante per le vicende di B., che oltre al rapporto con gli importanti personaggi del clero di quella istituzione, ebbe il favore dell’ambasciatore straordinario Charles-Albert d’Ailly duca di Chaulnes (il 5 apr. 1668 diresse una «squisitissima musica» per una cerimonia di cavalierato voluta da Chaulnes), nonché quello del francofilo cardinal Antonio Barberini e del gran casato degli Orsini, anch’essi legati alla Francia. Questi appoggi non furono inefficaci quando, per la morte del suo antico maestro Benevoli, si liberò il posto di maestro di cappella di S. Pietro, dove fu nominato solo quattro giorni dopo (21 giugno 1672) con l’efficace appoggio della regina Cristina di Svezia presso quel capitolo.

Nella Basilica Vaticana, dove aveva come organista il suo amico Fontana, rimase meno di due anni: nel 1674 passò al servizio della corte elettorale di Baviera (partì l’8 maggio e prese servizio il 30 giugno). Come già Abbatini, anche B. voleva lasciare Roma e fu aiutato nel proposito dal cardinal Antonio Barberini, che lo raccomandò ai duchi bavaresi. Alla corte di Monaco era vivo il desiderio di musica italiana da parte di Enrichetta Adelaide di Savoia, moglie dell’elettore Ferdinando Maria, per cui da vent’anni si rappresentavano opere italiane e il gruppo dei musici italiani dominava la cappella di corte. Forse non sopportando questa situazione il Kapellmeister Kaspar Kerll abbandonò improvvisamente il servizio e l’elettrice ottenne B. come suo successore. Dopo un solo mese dal suo arrivo, l’am­ministrazione ducale gli riconobbe il congruo stipendio di 1.180 fiorini (più 43 per il vino), con de­correnza dal 15 apr. antecedente; pochi mesi dopo gli fu riconosciuta la dignità di consigliere di corte (decreto del 20 nov.). Per il compositore gli anni trascorsi a Monaco furono fecondi e ricchi di sod­disfazioni; fu apprezzato dal sovrano e caro ad Enrichetta Adelaide non soltanto per le capacità mu­sicali (l’elettrice si riteneva esperta, dilettandosi di cantare e suonare il liuto e l’arpa), ma anche come autore di composizioni saldamente cattoliche; ebbe inoltre modo di provarsi in campo teatrale (cinque spettacoli, tra opere e balletti a cavallo, mus. perduta, restano i libretti o il solo titolo) collaborando con i poeti Domenico Gisberti di Murano, segretario dell’elettore, e Ventura Terzago, gentiluomo lombardo al servizio della corte.

Va segnalato il dramma I portenti dell’ indole generosa (1675), che avendo a protagonista l’imperatore Enrico III duca di Baviera aprì un filone storico-patriottico destinato a lunga fortuna. Al suo fianco come assistente ebbe Agostino Steffani, già suo allievo a Roma dal 1672. Fin da allora Steffani non solo era stato tramite dei rapporti con la corte bavarese (aveva già lavorato a Monaco al fianco di Kerll), ma prima di lasciare Roma manifestò nella sua Psalmodia vespertina (1674) la propria gratitudine al maestro, tessendone ampie lodi al dedicatario elettore Ferdinando Maria.

Dei figli di B., il primogenito Giuseppe Antonio (ca. 1649 – 1732) ereditò l’abilità compositiva del padre, al quale diede valida collaborazione già a Roma, per poi esser nominato suo vicemaestro a Monaco (1677) e infine succedergli come Kapellmeister (nomina ufficiale del 16 genn. 1688). Maggiori problemi pose il cadetto Vincenzo (n. 1660), a causa di una irrefrenabile prodigalità finanziaria; ma anche lui fu infine sistemato alla corte bavarese come organista (1684): dal padre aveva infatti appreso l’abilità esecutiva sugli strumenti a tastiera. Del resto, la vita di corte era splendida: fu quello un periodo felice per la Baviera, che restando neutrale nella guerra tra la Francia e l’imperatore Leopoldo assunse una posizione politica di rilievo, mentre la corte godeva della pace nei diletti della Residenz e del castello di Nymphenburg.

Tutte queste esperienze e soddisfazioni alla corte dell’elettore non furono tuttavia sufficienti ad impedire il sorgere in B. l’acuto desiderio di tornare in Italia, ciò che non gli fu dato. Ma a Roma la sua fama era rimasta viva; alla notizia della sua morte i confratelli della Congregazione di Santa Cecilia gli celebrarono una solenne messa da requiem.

BIBL. – Pitoni, p. 334; Casimiri 1930; Emilia Zanetti in EdS, II, coll. 345-346 (con altri rif.); Raoul Meloncelli in DBI, 9, pp. 129-132; Lionnet 1980, p. 301; Lionnet 1983b, p. 97; Casimiri 1984, pp. 165-166; Burke 1984, p. 78; Lionnet 1985-86, passim; Morelli 1997b, n. 117; Owen Jander – Jean Lionnet in New Grove, 3, p. 423 (con altri rif.); Wessely-Kropik 2002, pp. 52, 53, 73; Witzenmann 2008, pp. 221, 309, 767.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus; riduzione di Luciano Osbat – Cersal]