Gelsomini Manlio – Partigiano (Roma, 7 nov. 1907 – Ivi, 24 mar. 1944)

Nel 1921, quattordicenne, aderì al fascismo. Compì gli studi liceali ad Ancona e lì si manifestò in lui l’interesse per diverse discipline sportive, in particolare per l’atletica, e da velocista conseguì diversi premi. In questa veste, nel 1927, fu iscritto d’ufficio alla nascente As Roma, fusione tra più gruppi sportivi della Capitale. L’anno dopo partecipò alle Universiadi di Parigi, dove le delegazioni italiane sono oggetto di contestazioni da parte degli antifascisti. Durante la partita Italia – Cecoslovacchia è proprio G. a menare le mani contro i contestatori, ottenendo l’encomio dalla Federazione italiana di atletica leggera del Lazio, “a ricordo del doveroso gesto compiuto”.

La carriera da velocista cedette però il passo agli studi in medicina e G. si laureò a Siena nel 1931. Ammesso alla Scuola di sanità militare di Firenze, si congedò con il grado di sottotenente. Tornato a Roma,  aprì un proprio studio medico. Poi verrà la guerra e nella coscienza del promettente medico matura una coscienza antifascista che lo porterà a ribaltare le posizioni assunte in gioventù.

Il 9 settembre 1943, G. sarà a porta S. Paolo a difendere la città dai tedeschi. Da quel luogo iniziò la sua attività cospirativa che lo vedrà come esponente di spicco, con il nome di battaglia di Ruggero Fiamma, della Resistenza nel Lazio. Per essa metterà a disposizione tutte le sue conoscenze e le sue ricchezze, cioè i proventi dal brevetto d’un suo farmaco per aumentare il ferro nel sangue.

Dai suoi scritti, il pensiero di G. sembra vagheggiare una sorta di comunismo cristiano senza esplicitare una precisa collocazione politica. Sarà, comunque, lui a guidare il “Raggruppamento Monte Soratte”, vale a dire il coordinamento della bande partigiane del Cln operanti nell’Alto Lazio. Poi avvenne l’arresto, il 13 gennaio 1944, in un bar sulla via Flaminia; un tradimento in circostanze misteriose, com’è stato per altri protagonisti della cospirazione partigiana finiti nelle mani degli occupanti nazisti a Roma. Da qui la detenzione in via Tasso, per 76 giorni di torture, e, infine, la morte, a trentasei anni, alle Fosse Ardeatine (Sacello n. 34). E’ medaglia d’oro al valore militare.

BIBL. – Angelo La Bella-Rosa Mecarolo-Luigi Amadori, Martiri viterbesi alle Fosse Ardeatine, Per non dimenticare, Viterbo, Comitato provinciale Anpi, 1995, pp. 129-133; Valerio Piccioni, Manlio Gelsomini, Campione partigiano, Torino, Abele, 2014.

[Scheda Silvio Antonini – Viterbo]