Bonafede, Lorenzo – Militare, Patriota, (Roma 28/02/1922 – Monte Shen Thanasi (Albania) 17/09/1944).

Primogenito di Guido e Adalgisa Paulucci, Lorenzo era nato a Roma il 28 febbraio 1922. La madre era originaria di Caprarola e il padre fu il primo sindaco di Caprarola  dopo l’avvento della Repubblica. Nel 1937, dopo il ginnasio, Lorenzo venne avviato alla carriera militare presso la Scuola Militare di Roma dove iniziò il liceo classico conseguendo il relativo diploma il 31 maggio 1940. Venne pertanto ammesso come allievo alla Reale Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena dove il 5 novembre 1940 iniziò a frequentare il corso per ufficiale di Fanteria. Il 2 maggio 1942 prestò giuramento a Parma.

L’8 settembre 1943 il giovane sottotenente Lorenzo Bonafede, con la Divisione “Arezzo”, era in forza al 343° reggimento fanteria a Corizza (Korca), nell’Albania meridionale al confine con la Grecia. Il giorno successivo, con la speranza di riportare in Italia tutte le Divisioni, dal Comando Supremo della 9^ Armata arrivò l’ordine di concentrarsi nella zona di Elbasan, poco a sud di Tirana. Ma l’ordine non era supportato da una chiara direzione degli Alti Comandi, incerti tra la resa, lo schierarsi con i partigiani o, una piccola minoranza, continuare la guerra a fianco dei tedeschi. Non vi era alcun piano operativo né coordinamento per una ritirata ordinata. Inoltre la Wehrmacht, che dalla caduta di Mussolini si era schierata a fianco delle forze italiane, con azione fulminea circondò i reparti italiani, tagliando la via di comunicazione per Valona e Durazzo, e iniziò il loro disarmo.

Il 12 settembre, mentre a Corizza si stava organizzando il rientro delle unità, Benito Mussolini venne liberato dai paracadutisti tedeschi e portato in Germania per organizzare quella che fu proclamata il 23 settembre: la Repubblica sociale italiana che prese il nome di Repubblica di Salò dalla sede del governo subito costituito. A seguito di ciò l’atteggiamento dei militari del 3° Reich verso gli italiani si fece più aggressivo: venne chiesto loro di aderire alla RSI e di combattere al fianco dei tedeschi. L’adesione a tale invito da parte dei militari italiani fu scarsa. Tuttavia l’atteggiamento filo nazista di alcuni ufficiali del Regio Esercito indebolì la posizione dei dissidenti e incattivì i tedeschi.

Avvenne così che alle ore 21,00 circa del 17 settembre il 343° reggimento fu radunato e circondato da uno schieramento di autoblindo e mitragliatrici dell’esercito germanico. Un ufficiale tedesco minacciò aspre rappresaglie contro chi non si schierava a fianco dei tedeschi per continuare la guerra. Grande fu lo sconcerto e il timore tra i militari italiani. “Dopo alcuni minuti di indecisione e di consultazioni tra di noi,” scriverà il cappellano del 343° reggimento don Saverio Miranda, “uscirono dalle file quasi tutti gli ufficiali, molti sottufficiali ed alcuni fanti”. Tra gli ufficiali, testimonia nella sua relazione il soldato semplice Ivo Bartolucci, “rimangono fermi solo 3: il cap. Russo, il ten. Bozza e il s.tenente Bonafede. Questi sono disarmati e degradati”. Nella sua relazione il capitano Arnaldo Palmarocchi scrive che “Il sottotenente Bonafede è colpevole di aver risposto «non aderisco perché ho giurato fedeltà al mio Re»”. “Fu così che tre ufficiali e una ventina tra sottufficiali e truppa”, continua don Saverio Miranda, “furono presi e condotti sulla collina Sh, Thanasi ove furono fucilati nella stessa notte, alle ore una del 18 settembre 1943”. Il capo d’accusa, si legge nel rapporto del ten. Barbieri al gen. Azzi redatto a metà novembre del 1943, è quello di “propaganda comunista”. Le vittime della fucilazione, dichiara il citato Ivo Bartolucci, furono in totale venticinque: tre ufficiali (tra i quali Bonafede), otto sottufficiali (scelti nel numero di uno ogni otto tra i circa quaranta dissidenti) e quattordici soldati (presi a caso tra “coloro che stavano fumando in riga”). Il cappellano del 225° reggimento, don Andrea Valsecchi, in una lettera al COREMITE, scrive che dopo la fucilazione i corpi vennero abbandonati sul posto “Più tardi alcuni militari del Genio furono comandati a scavare sul posto una sola fossa, ma la loro pietà li indusse a scavare una fossa per ciascuno”.

Lorenzo Bonafede è morto a 21 anni. Nel marasma e nell’abbandono seguito all’8 settembre 1943, mostrò un maturo e nobile amore per la libertà e la patria nonché totale fedeltà al giuramento di ufficiale.  Per questo motivo, nel 1955, Caprarola, paese di origine della madre e dove il padre, ex ufficiale del Regio Esercito Italiano, è stato il primo sindaco eletto dell’Italia repubblicana, gli ha intitolato il nuovo edificio scolastico nel portico del quale venne posto un busto con lapide (delibera nr. 75 del 30 luglio 1954 della Giunta Comunale). Il suo sacrificio viene ricordato dal Comune in occasione della festa del 25 aprile.

BIBL. e FONTI – Stato di Servizio e Foglio Matricolare e Caratteristico del Sotto Tenente Lorenzo Bonafede matricola 55657; Archivio del Personale dell’Esercito Italiano; Ministero della Difesa, Roma; Centro Alti Studi della Difesa (CASD), Ministero della Difesa – Roma; La Resistenza dei militari italiani all’estero – Albania; Massimo Coltrinari, Commissione per lo studio della Resistenza dei militari italiani all’estero, COREMITE, 1999, pp. 372-377; Archivio del Sacrario dei caduti di Caprarola, Archivio Centro Studi e Ricerche di Caprarola.

[Scheda di Biagio Stefani e Roberto Donini – Caprarola]