Nanni, Giovanni (Annio da Viterbo) – Religioso (Viterbo, Secc. XV-XVI)

Nato a Viterbo da famiglia artigiana (sappiamo solo di un nonno macellaio, che occupò per una volta il priorato), probabilmente nel gennaio 1437, assunse il nome Annio da Viterbo, appartenente a una mitica gens Annia, in funzione delle Antiquitates, la sua opera di gran lunga più celebre. Entrato nell’Ordine domenicano verso il 1448 nel convento viterbese di S. Maria in Gradi, al seguito del cugino Tommaso di Pietro, di poco maggiore d’età, che avrebbe poi ricoperto cariche autorevoli nell’Ordine, compì gli studi per conseguire il titolo di magister theologiae, ma, a differenza del cugino, che si recò presso lo Studio di Padova, compì il suo tirocinio in quello di Firenze, presso il convento di S. Maria Novella. Conseguì i gradi di magister theologiae a Roma, nel convento di S. Maria sopra Minerva, dove si era ricongiunto con il cugino Tommaso ad legendum sacram theologiam. I suoi studi non furono soltanto teologici, ma filosofico-naturalistici, che lasciano supporre un rapporto con i circoli dell’Accademia Romana.

Alla chiamata di Nanni come predicatore quaresimale a Genova nel 1471 concorse verisimilmente il cardinale Niccolò Forteguerri, il quale, nominato legato per la provincia del Patrimonio, aveva edificato un palazzo gentilizio a Viterbo, godendo altresì del beneficio di abate commendatario del monastero di S. Stefano a Genova. A Forteguerri Nanni indirizzò il trattatello profetico-astrologico De imperio Turchorum secundum astronomos, in cui preconizzò il trionfo del re di Napoli Ferdinando d’Aragona, in predicato per il comando della spedizione. Il testo confluì poi nella più ampia trattazione De futuris Christianorum triumphis in Saracenos edito in occasione della spedizione navale preparata da Sisto IV nel 1480 in soccorso di Otranto occupata dai turchi.

Il De triumphis fu pubblicato a Genova l’8 dicembre 1480 e acquistò in breve ampia popolarità, non soltanto in Italia. Nanni fu assunto dal comune di Genova come maestro di grammatica e continuò a istruire i cittadini dal pulpito di S. Domenico anche oltre lo scadere della condotta (1471-76). È al legame con Paolo Fregoso, doge di Genova, che si deve l’affermazione di Nanni di avere ritrovato a Mantova alcuni dei suoi «scriptores antiquissimi», e cioè le contraffazioni antiquarie, che rivelavano i primordi italici: Mantova infatti, nonché città capitale di fondazione etrusca, era la sede scelta da Fregoso nei suoi periodi di esilio per mantenervi la famiglia. Analogamente, a Genova Nanni incontrò dei confratelli armeni, che gli avrebbero consegnato le Antiquitates di Beroso, il testo che più direttamente serbava le memorie postdiluviane: l’Armenia infatti era la nazione che custodiva per tradizione diretta le memorie di Noè, sbarcato dall’Arca sul monte Ararat (donde l’idea del linguaggio primordiale ararateo, che in Annio tiene trasgressivamente il luogo dell’ebraico biblico).

Trasferito d’autorità nel convento d’origine di S. Maria in Gradi di Viterbo (dove si ricongiunse al cugino Tommaso, dal 1482 vicario generale dell’Osservanza della Provincia romana). Quivi trovò calda accoglienza presso i concittadini, che gli offrirono la pubblica condotta per l’insegnamento di grammatica, da lui tramutata in una sorta di cattedra di antichità patrie.

Promotore principale fu il notaio Tommaso Veltrellini, a capo fin dal 1472 di una commissione cittadina incaricata della designazione dei maestri condotti. Ritroviamo il personaggio nel 1491 come verbalizzatore di una riunione capitolare del convento (là dove Nanni è nominato come «celeberrimus sanctae theologiae professor magister Iohannes Nanii»; Baffioni, in Annio da Viterbo…, 1981, p. 165); ma soprattutto, in qualità di oratore ufficiale del Comune, al passaggio di Carlo VIII di Francia da Viterbo gli si rivolse con un discorso intessuto di concezioni anniane, e per esse di rivendicazioni municipali. Fu appunto Veltrellini a preservare in redazione autografa, corredata di una sua composizione latina in distici elegiaci, la Viterbiae historiae epitoma di Nanni (1491). Si tratterebbe, a detta dell’autore, dell’ultimo capitolo, il VII, riassuntivo di una storia più ampia, molto verisimilmente mai esistita. Fa parziale eccezione il libro VI, che «viros et feminas illustres Viterbias exprimit» (p. 78). Il tema è forse suggerito dall’opuscolo De Viterbiis viris et factibus illustribus, di cui Nanni fece omaggio a Pierluigi Farnese, patrono dei luoghi nonché padre di Giulia, amante notoria di Alessandro VI, asceso al papato l’11 agosto 1492. Nell’Epitoma la storia patria era posta sotto la tutela della divinità egizia di Osiride, padre fondatore e capostipite della «teogonia degli eroi», comprovata da «autori antichissimi». Sicché la Viterbo italica ed etrusca si congiungeva senza soluzione di continuità con l’età cristiana, vantando la fedeltà alla Chiesa, ma anche insieme una non sottaciuta rivalità con Roma.

Con il nuovo pontificato, verisimilmente attraverso i Farnese, Nanni fu chiamato a tracciare il programma degli affreschi (eseguiti dal Pinturicchio), celebrativi del casato dei Borgia. L’illustrazione degli appartamenti vaticani gioca sul tema dell’insegna araldica, la testa di bue, e di qui sulla «misteriografia egizia», secondo la quale «la dea Iside» va sposa al «benefico dio Osiride, che, ucciso… dal fratello Sifone…, riemerge nella reincarnazione di Apis», il tutto in gloria di Alessandro VI e della sua gente, nonché nel quadro di un pronunciato sincretismo di religione e di mito.

Prima dell’avvento di papa Borgia è assente in Nanni il riferimento a un autore, poi di peso in lui così determinante, come Flavio Giuseppe. Il biasimo della proverbiale Graecia mendax in historia, secondo un verso di Giovenale, sottintende in realtà il riferimento a Giuseppe: «Immo et semper falsa

[Graeca historia], ut scribit Josephus contra Apionem grammaticum…, et ideo non iniuria dixit noster Juvenalis Aquinas: “et quicquid Graecia mendax audet in historia”». S’intende che i Greci secondo Nanni vanno intesi in senso ampiamente metaforico. Il bersaglio più diretto sono i moderni storici umanisti d’Italia, quali Leonardo Bruni, che nelle Historiae Florentini populi aveva definito gli Etruschi soggetti a Roma come «marcescente otio oppugnati»; e soprattutto Biondo Flavio, che nell’Italia illustrata, in riferimento alla tardiva acquisizione della sede vescovile (nel 1194), aveva definito Viterbo come «urbem parum vetustam»: un’offesa la cui riparazione costituisce una delle motiv azioni primarie della produzione antiquaria di Nanni.

L’uso di Flavio Giuseppe come testimone privilegiato della più remota antichità, e con ciò dell’autoctonia di una nazione, non è di tradizione italiana, ma spagnola. La monarchia unificata di Spagna mirava a liberare la memoria patria dal suo passato di colonia romana, e sollecitava i suoi storici a ritrovarne le origini. Era stato appunto Flavio Giuseppe nelle Antiquitates Iudaicae a indicare nel re Tubal, di stirpe noachica come figlio di Jafet, il primo colonizzatore degli Iberes, ed era stato per questo adottato nella letteratura iberica come storico nazionale. Parallelamente ad Antonio de Nebrija, professore a Salamanca, che in quegli stessi anni lavorava alle Antigüedades de España (annunciate fin dal 1495), anche Nanni mirò a rivelare sotto gli auspici di Giuseppe le antichità etrusche, contro gli storici mentitori (e cioè ispirati da poteri politici arbitrari) così del presente come del lontano passato. Sicché, non avendo ottenuto, come sperava, un finanziamento per l’edizione dalla Comunità di Viterbo, si rivolse a Roma all’ambasciatore di Spagna Garcilaso de la Vega, componendo un ulteriore libro, De primis temporibus et quatuor et viginti regibus Hispaniae; di modo che l’intero corpus uscì a Roma, dedicato ai sovrani Ferdinando e Isabella, presso lo stampatore Eucherio Silber, il 3 agosto 1498, munito del privilegio papale per un decennio.

Il corpus antiquario di Nanni si compone di testi contraffatti, presentati come sensazionali riscoperte, corredati di fitti commentari dove risiede l’ideologia dell’intera costruzione. Di qui l’intitolazione originale: Commentaria fr. Ioannis Annii Viterbenis theologiae professoris super opera diversorum auctorum de antiquitatibus loquentium.

I testi contraffatti di Nanni non equivalgono a semplici falsi, di tipo documentario o letterario che siano. Si tratta della reinvenzione simbolica di tradizioni, che la vasta e tenace fortuna che incontrarono in tutta Europa dimostra quali e quante corde avessero toccato della sensibilità del tempo. La celebrazione dell’antichità di Viterbo corrisponde all’idealizzazione in chiave antipolitica della città piccola rispetto alla prevaricazione di quella grande, e cioè in concreto al configurarsi dello Stato.

Che non si tratti solo di affermazioni immaginose è indicato da episodi oscuri, che videro al loro centro il convento domenicano di Viterbo. Anche dopo la cessazione della pubblica condotta di insegnamento (nel 1493 il Comune assumeva, si suppone in suo luogo, Giovan Battista Valentini, detto Cantalicio), Nanni aveva continuato a impartire nella sede conventuale la sua dottrina antiquaria, non priva, come egli stesso asserisce, di implicazioni teologiche. Nel 1496, partì una denuncia da parte del magistrato di Viterbo per lo scandalo che offrivano certi frati del convento domenicano; ragion per cui fu inviato in ispezione il procuratore in curia dell’Ordine. Secondo la coeva Cronica magistrorum Ordinis praedicatorum, questi poco dopo morì nel convento viterbese con sospetto di avvelenamento. Va aggiunto che fin dall’anno precedente Nanni, probabilmente nell’attesa di ottenere, come già aveva sperato a Milano, ricchi benefici ecclesiastici, aveva preso gli ordini del clero secolare (diacono nella chiesa di S. Salvatore a Thermis, presbitero in quella d S. Pantaleone, ambedue in Roma. Di fatto, poco dopo l’ispezione suddetta, insieme con alcuni confratelli ebbe licenza il 26 dicembre di lasciare l’ordine e passare ai canonici regolari di S. Agostino, ciò che può essere interpretato come un allontanamento d’autorità dal convento e un trasferimento presso tale congregazione romana (era allora priore Tommaso Nanni, che non fu toccato). Furono questi gli anni della frequentazione di personalità eminenti in Curia; finché, evidentemente reintegrato nell’Ordine domenicano (sempre che ne fosse stato effettivamente rimosso), il 1° febbraio 1499 fu nominato dal papa maestro del Sacro Palazzo, una carica sulle cui prerogative egli abbozzò un trattatello ora perduto; rimane inoltre una sua supplica al papa, per essere nominato all’ufficio, da lui immaginato, di «conservatore delle antichità del Viterbese».

Morì a Roma il 13 settembre 1502, non senza voci di veneficio da parte di Cesare Borgia. Fu sepolto in S. Maria sopra Minerva.

BIBL. E FONTI – C. Vasoli, Profezia e astrologia in un testo di Annio da Viterbo, in Studi sul Medioevo cristiano offerti a Raffaello Morghen, II, Roma 1974, pp. 1027-1060; E. Fumagalli, Aneddoti della vita di Annio da Viterbo OP, I-II, in Archivum fratrum praedicatorum, L (1980), pp. 167-199; Annio da Viterbo. Documenti e ricerche, a cura di G. Baffioni – P. Mattiangeli, Roma 1981; E. Fumagalli, Aneddoti della vita di Annio da Viterbo OP, III, Archivum fratrum praedicatorum, LII (1982), pp. 197-218; W.F. Stephens, Gli Etruschi e la Prisca Teologia in Annio da Viterbo, in Biblioteca e società. Rivista del Consorzio per la gestione delle Biblioteche… di Viterbo, IV (1982), 3-4, pp. 3-9; E. Fumagalli, Un falso tardo quattrocentesco. Lo pseudo-Catone di Annio da Viterbo, in Vestigia. Studi in onore di Giuseppe Billanovich, Roma 1984, pp. 337-363; M. Miglio, Cultura umanistica a Viterbo nella seconda metà del Quattrocento, in Cultura umanistica a Viterbo. Per il V centenario della stampa a Viterbo (1488-1988), Viterbo 1991, pp. 11-46; V. De Caprio, Il mito delle origini nelle «Antiquitates» di Annio da Viterbo, ibid., pp. 87-110; E. Panella, Cronaca antica di S. Maria in Gradi di Viterbo: perduta o mai esistita?, in Archivum fratrum praedicatorum, LXV (1995), pp. 185-233; V. De Caprio, Il mito e la storia in Annio da Viterbo, in Presenze eterodosse nel Viterbese tra Quattro e Cinquecento, Atti del convegno internazionale…Viterbo…1996, a cura di V. De Caprio, Roma 2000, pp. 77-103; F. Martelli, La storia persiana di Annio da Viterbo, e il sapere iniziatico in Italia, in Società iranologica europea, Proceedings, II, Milano 2006, pp. 95-101; F. Rizzo, Annio da Viterbo. Il «De futuris Christianorum triumphis». La profezia antiturca durante l’assedio di Otranto, Salerno 2011.

[Scheda di Riccardo Fubini, in DBI, vol. 77, pp. 726-732; riduzione di Luciano Osbat – Cersal]