Cozzi, Alberto – Partigiano (Roma, 23 mar. 1925 – Roma, 24 mar. 1944).

Nato a Roma il 23 marzo 1925 da Giuseppe e Maria Bonfanti, entrambi originari di Castel Cellesi (frazione del comune di Bagnoregio), dopo gli studi elementari aveva trovato lavoro nel quartiere romano di Valle Aurelia come apprendista meccanico, per mantenere la famiglia e dotarsi di un mestiere.

L’8 settembre 1943, pur non avendo obblighi di alcuna sorta (non era sbandato, non aveva giuramenti o doveri che lo vincolavano ad una scelta, non era militare), scelse di entrare nella formazione “Stella Rossa”, partecipando a numerose azioni di sabotaggio. Quando si rese conto di essere stato individuato, lasciò la Capitale e si rifugiò a Castel Cellesi, paese dei suoi genitori, ospitato dagli zii Francesco Troscia e Gilda Pizzo. Nel luogo di arrivo prese contatto con due ex militari, Gianni Gallo ed Andrea Bianchi, che appartenevano alla banda partigiana “Colleoni”, nucleo di Castel Cellesi, comandata dal capitano dell’Esercito Italiano Remo Saliola. Assieme ai due patrioti progettarono un attacco dinamitardo ai depositi tedeschi di carburanti e munizioni occultati alla ricognizione aerea alleata in località “Sterpeti” e nell’adiacente bosco de “La Carbonara”.

Nella preparazione entrò un provocatore, spia dei tedeschi, che convinse i parenti di C. a far entrare un casa un pacco di esplosivi (invece conteneva terriccio e cavi) così il giovane C. fu catturato dalle SS assieme allo zio Francesco Troscia; furono portati nella sede del comando di Bagnoregio dove vennero brutalmente percossi ed interrogati, poi portati nel carcere di Kappler a via Tasso dove il giovane venne di nuovo torturato ed interrogato. Dinanzi ai giudici che lo processavano, mantenne un contegno fermo e dignitoso addossandosi tutte le colpe e scagionando lo zio. Non riferì niente nemmeno sulle bande “Stella Rossa” e “Colleoni” alle quali era appartenuto. Condannato a sette anni di carcere, in considerazione della giovane età, il ragazzo fu rinchiuso a “Regina Coeli”. Ci restò poco. Fu trucidato alle Fosse Ardeatine con gli altri 334 martiri prelevati dai nazifascisti dopo l’azione gappista di via Rasella.

Ad Alberto Cozzi è stata intitolata una strada di Roma; il suo nome figura anche sulla lapide che, nella Capitale, in Via Aurelia 37/a, è stata posta dagli abitanti del quartiere nel 1954; a Castel Cellesi la scuola elementare è intitolata a lui. La motivazione della medaglia d’oro al valor militare, concessa alla memoria, ricorda: “Diciottenne animato da viva fede patriottica, subito dopo l’armistizio, con decisione e con ardimento esemplari, prodigava ogni sua attività nella lotta di liberazione distinguendosi, in pericolose circostanze, per costante dedizione, per iniziativa e per coraggio. Caduto, per delazione, in mani tedesche, brutalmente interrogato e barbaramente seviziato, manteneva esemplare contegno, nulla rivelando. Al processo rivendicava su di sé ogni responsabilità riuscendo a far assolvere un suo compagno. Alle Fosse Ardeatine immolava la giovane vita agli ideali di Patria e di Libertà”.   

BIBL. e FONTI –  Archivio di Stato di Viterbo, fondo ANPI, Busta 4; – Angelo La Bella, Rosa Mecarolo, Luigi Amadori, Martiri viterbesi alle fosse ardeatine, ANPI, 1995-96; http://www.anpi.it/donne-e-uomini/599/alberto-cozzi

[Scheda di  Marco Taschini; Silvio Antonini – Viterbo]