Angelo da Rieti, o.f.m. – Inquisitore, vescovo (Rieti Sec. XIII).

Appartenente all’Ordine dei Frati Minori, A. è attestato come inquisitore della Pro­vincia Romana dal 1282. In tale data fu redatto nel chiostro dei Frati Minori di Rieti un atto con cui A. alienò un pezzo di terra appartenente a Paolo di Pietro, ricco eretico defunto e già condannato dal suo predecessore Sinibaldo. La sede del suo ufficio pare fosse a Viterbo, città in cui le istituzioni inquisitoriali giocarono un ruolo importante e ove il frate godeva dell’appoggio del podestà Annibaldo degli Annibaldi, grazie all’intercessione di papa Martino IV. A. conservò la carica di inquisitore della Provincia Romana sino al 1288 quando fu rim­piazzato da Francesco da Rieti.

Come inquisitore fu coinvolto nel contenzioso sorto tra il Comune di Viterbo e la potente famiglia Orsini. Orso di Gen­tile Orsini sotto il pontificato di suo zio Niccolò III, si era impossessato di diversi castelli sui Monti Cimini, ledendo gli interessi dei signori di quei ca­stra, dei cittadini proprietari dei beni fondiari nei loro territori e del comune di Viterbo, pronto a tu­telare sia gli interessi dei cittadini sia le sue prero­gative giurisdizionali sui castelli. All’indomani del­la morte di Niccolò III (1277-1280) vi fu una solle­vazione antiorsiniana che vide alleati il Comune di Viterbo con Pietro e Manfredi di Vico e permise di recuperare alcuni castra. L’elezione di Onorio IV (1285-1287) determinò un mutamento della situa­zione, tanto che i Viterbesi si rimisero all’arbitrato papale. Nel sett. del 1285 il papa si dichiarò favo­revole agli Orsini a cui vennero riconsegnati tutti i castelli, promettendo tuttavia a Viterbo di giudica­re in futuro circa gli effettivi diritti di Orso sui ca­stra. L’inquisitore A. entrò in gioco proprio in que­sto momento, con il compito di ottenere la piena accettazione della decisione papale da parte degli Orsini e del Comune, facilitato dal prevalere a Vi­terbo del partito favorevole agli Orsini.

All’inizio del 1286 i cardinali Matteo Rosso e Giordano Or­sini, a cui erano giunti degli ambasciatori da Viter­bo, richiesero al Comune di incaricare il frate af­finché trattasse la pace con gli Orsini, incarico che gli venne conferito dal podestà il 19 febbraio. Un mese dopo A. ottenne l’impegno degli Orsini a non esigere ulteriori risarcimenti per gli attacchi subiti in cambio della cessione dei diritti sui castra da parte del Comune e degli antichi signori, a cui ven­ne promessa una indennità. Il 23 aprile vi fu la ratifica dei patti da parte del parlamento comunale. Poco tempo dopo tuttavia prevalse a Viterbo il par­tito contrario all’accordo con gli Orsini e si ricor­se di nuovo al giudizio del pontefice, rifiutando i patti del 1286 e accusando podestà e inquisitore di aver commesso una serie di irregolarità e di aver minacciato chi fosse stato contrario all’accordo con gli Orsini. Del resto questi ultimi avevano subor­dinato l’avvio delle trattative proprio alla nomina a procuratore di Viterbo di A., frate temutissimo in città, poiché uso a imprigionare chiunque lo con­traddicesse. Se nell’immediato la controffensiva di Viterbo non diede frutti (Bonifacio VIII sancì nel 1296 la cessione del 1286), più tardi le accuse dei Viterbesi contro la parzialità di A. nei confronti dei baroni, dovettero rivelarsi fondate, visto che Bene­detto XI diede ordine nel 1304 di riesaminare tutti i processi istruiti dal frate e in particolare un pro­cedimento giudiziario per eresia a carico di cin­quecento viterbesi, istituito sulla base di sole voci accreditate da falsi testimoni, e che deve essere probabilmente connesso ai fatti del 1286.

Il 1° giu­gno 1298 A. fu nominato vescovo di Nepi con una lettera di Bonifacio VIII; negli anni 1298-1300 fu collettore delle decime per conto della Camera Apostolica nel Patrimonio di San Pietro in Tuscia e in Umbria. L’8 giugno del 1302 il papa lo trasfe­rì nella sede di Rieti, dove morì nel luglio dello stesso anno.

BIBL. e FONTI – AC Viterbo, Comune, perg. 231, n. 24;  Bullarium franciscanum, III, pp. 516, 541-544, 568, IV, pp. 15, 341-350, V p. 15; Vespasiano da Bisticci 1839, p. 302; Colarieti 1860, p. 174; Gams, p. 720; Régistres de Nicolas IV, nn. 241,7221; Pinzi, III, pp. 15-17; Régistres de Honorius IV, nn. 486-7, 927; Régistres de Boniface VIII, nn. 924, 2601, 2740, 2888, 3052, 3117, 3467, 3641; Savignoni 1895-97, XVIII, pp. 315-318; XIX pp. 5-7,38; Régistres de Benoit XI, n. 474; HC, I, pp. 363, 416; Rationes Decìmarum Umbria, p. 739, 749; Mariano d’Alatri 1953, pp. 112, 115, 118, 136, 160; Sansi 1972, pp. 79-80; Sansi 1979, p. 368; Mariano d’Alatri 1986, pp. 112, 115-116, 118, 136-137, 160; 323-­325; ABI, I, 52, pp. 189-190; Carocci 1993, pp. 132-137; Boespflug 2005, p. 71, n. 51 (con bibl. e fonti).

[Scheda di Silvia Panti – Srsp]