Caccia, Giovanni Ambrogio (Andrea) – Vescovo (1544-1630)

Nato a Novara dal patrizio Pier Francesco e da Ludovica Longhi, ricevette la prima tonsura dal cardinale Giovanni Morone allora vescovo di Novara; a Pavia ottenne la laurea in utroque jure e fu ordinato prete il 10 marzo 1571 dal vescovo Ippolito Rossi (vescovo di Pavia dal 1561 al 1591). Fu governatore della Riviera d’Ortra, poi fu vicario vescovile e visitatore delegato dell’Ossola; successivamente fu vicario generale di Parma (1593-1596) quando era vescovo Carlo Bascapé, già segretario e poi biografo di san Carlo Borromeo. Protonotario apostolico e referendario dell’una e dell’altra Segnatura nella Curia romana, fu familiare di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini) e da questi promosso al vescovado di Castro che resse dal 26 febbraio 1603 al gennaio 1611, su proposta dei Farnese dei quali era diventato fiduciario.

Entrato in diocesi il 7 maggio 1603, il giorno successivo annunciò l’avvio della sua prima visita pastorale che condusse con quel rigore e quella precisione che aveva appreso dal suo maestro, il vescovo Francesco  Bossi della scuola di san Carlo Borromeo. Una seconda visita fu condotta nel 1608. Celebrò ben tre sinodi diocesani, rimasti inediti (1605, 1607, 1609), e nel 1607 e 1610 presentò a Roma due relationes ad limina. I sinodi hanno la caratteristica che i decreti sono in lingua volgare in maniera tale che tutti gli ecclesiastici potessero intendere con chiarezza il significato delle disposizioni data l’incerta conoscenza del latino per molti di loro.

Si occupò della ricostruzione del Duomo di San Savino che era quasi del tutto crollato, in forme “moderne” e trasferì all’altar maggiore i resti di san Bernardo, vescovo di Castro; di questo vescovo e chiese l’avvio della canonizzazione.

Ammalatosi chiese nel 1610 di poter ritornare al suo ufficio di Referendario nella Curia romana ma sperando in una successione nell’episcopato di Parma o di Novara: rimase deluso. Nel 1623 fu nominato economo generale regio e apostolico dello Stato di Milano ma pochi anni dopo dovette rinunciare. Morì nell’anno della peste manzoniana nella sua Novara e fu sepolto nella chiesa di San Gaudenzo dove era stato canonico e che aveva a lungo beneficato.

BIBL. e FONTI – Cedido, Archivio dell’antica diocesi di Castro, Serie “Visite pastorali”, anni 1603, 1608; Serie “Sinodi”, Sinodi Caccia 1605, 1607, 1609. HC, III, p. 157; IV, p. 140; A. Tuniz, Vanitas vanitatum, Le ambizioni e i sogni di Giovanni Ambrogio Caccia, vescovo di Castro (1544-1630), in “Novariens”, 30 (2001), pp. 97-188;C. Nanni, “Acciò che meglio siano intesi”. I sinodi del vescovo di Catstro Giovanni Ambrogio Caccia (1603-1611), Roma, LAS, 2017.

[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]