Cittadini Francesco – Vescovo (Milano, sec. XVI – Milano, post 1603).

Milanese di origine, esponente di una nobile famiglia che aveva ottimi rapporti con la Curia romana in particolare durante gli anni di Pio IV e del card. Carlo Borromeo, C. fu Referendario delle due Segnature e Canonico di S. Pietro dal 1561, successivamente Governatore di Fano e poi di Orvieto quando, su proposta del dimissionario vescovo di Castro Girolamo Maccabei, venne elet­to a quel vescovato il 19 nov. 1568.  Entrò in diocesi nel marzo del 1569 e subito si rese conto sia della povertà del luogo sia dei problemi che segnavano la sua Diocesi. Avviò una “Visita pastorale” (che forse non concluse per una malattia che lo colpì quasi subito) e tenne un sinodo diocesano nel 1570 (rimasto manoscritto) che riprendeva alcuni dei problemi già evidenziati in quello del Maccabei del 1564.

Si trovò ben presto in conflitto sia con il governo della Comunità sia con i conventi e monasteri locali per causa di beni che egli rivendicava alla proprietà della Mensa vescovile in ragione dell’esiguità dei redditi che costituivano l’introito di quel vescovado. Per queste sue rivendicazioni si trovò con una montante opposizione sia da parte degli ambienti dei religiosi e delle monache che da parte dei cittadini più influenti. Nel 1573, essendo uscito da Castro per i suoi impegni di governo della Diocesi, fu sequestrato da un bandito, il Gamba, e fu costretto a pagare un riscatto per la sua liberazione.

Nel settembre dello stesso anno il tribunale dell’Auditor Camerae aveva avviato un processo contro la badessa del Monastero della Visitazione di Castro, Porzia Orsini, figlia di Giovanni Francesco Orsini conte di Pitigliano (che aveva preso il nome di Elena dopo la professione avvenuta a Viterbo nel 1558) che era imputata per aver generato un figlio che le accuse dicevano avuto per una relazione con il C.

Sia la Orsini che il C. furono prima interrogati a Castro poi trasferiti a Ronciglione e infine a Roma per ordine di Gregorio XIII dove il processo continuò e si concluse con la rimozione del C. dal vescovado di Castro e il suo trasferimento, dopo un periodo di carcere, in una parrocchia della Lombardia e poi a Milano dove svolse anche incarichi per conto della Curia di quella Diocesi e la reclusione della Orsini in un convento romano dove morì poco tempo dopo.

Al posto del C. il pon­tefice surrogò Celso Paci nel 1581 che condusse una accaurata visita pastorale e convocò un nuovo sinodo diocesano. Quegli eventi avevano determinato la chiusura del monastero (che era stato fondato da Gerolama Orsini, già duchessa di Castro e poi di Parma), e il suo trasferimento a Viterbo.

BIBL. e FONTI – Moroni, CI, p. 272; Gams, p. 660; HC, III, p. 157; Biondi 1950, p. 13; C. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), Roma, 1994, p. 583; L. Roscioni, La badessa di Castro. Storia di uno scandalo, Bologna 2018.  Cedido, Archivio dell’antica Diocesi di Castro, Serie “Sinodi” e serie “Visite pastorali”.

[Scheda di Simona Sperindei – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]