De Rossi, Marcantonio – Architetto (ca. 1607 – Roma, 1661).
Di origine bergamasca, il padre si chiamava Mattia. Poco nota è la sua attività precedente la pianificazione del borgo di San Martino al Cimino, la tradizione lo vuole esperto in architettura militare e impegnato, durante il pontificato di Urbano VIII, nella realizzazione delle opere di fortificazione di Castel Sant’Angelo e nella costruzione delle mura gianicolensi e delle porte di San Pancrazio e Portese. In realtà, la sua partecipazione a questi lavori è finora indimostrata, a differenza del suo intervento a San Martino al Cimino ben documentato nel Cod. Vat. 11257 e nelle carte conservate presso l’archivio Doria Pamphili. Inviato da papa Innocenzo X a San Martino nel 1648 e subentrato agli architetti Antonio Alemanni e Paolo Marucelli, autori dei primi studi per la sistemazione della futura dimora principesca di Olimpia Maidalchini Pamphili, attese inizialmente i lavori nel palazzo e nell’abbazia cistercense, abitando stabilmente sul posto dal gen. 1651 al sett. 1652. L’antico palatiumparvum del complesso monastico fu sopraelevato, ampliato e vi fu aggiunta una scala elicoidale progettata da D. probabilmente consigliato da padre Virgilio Spada, sovrintendente ai lavori per San Martino. L’architetto si occupò, inoltre, del consolidamento delle strutture dell’abbazia, nonché della realizzazione dei due campanili e della scala di raccordo tra il portale principale e il sagrato posto ad un livello inferiore.
Successivamente, curò la sistemazione urbanistica del borgo, le cui relazioni sui lavori e planimetrie consentono di conoscere le varie fasi progettuali: da un rilievo dello status quo dell’abitato si passa ad una prima idea di trasformazione e dalla indicazione delle case che irregolarmente prolungavano le strutture abitative dell’abbazia si giunge alla proposta della soluzione finale. D. scelse come asse l’abside poligonale della chiesa disponendo concentricamente ad essa un semicerchio di case a schiera, formate da piccole cellule, addossate alla cinta muraria percorsa superiormente da un cammino di ronda e munita di feritoie, disposte in corrispondenza delle singole abitazioni. I baluardi difensivi posti lungo i rettilinei del perimetro murario furono adibiti ad alloggi, poiché l’apparato difensivo si mostrò presto eccessivo per le necessità del piccolo borgo. Inoltre, l’esedra composta da alberi a valle, esternamente alla porta, introduce una mediazione paesaggistica e costituisce un contrappunto rispetto all’emiciclo delle case poste a monte, consolidando il senso dell’accesso e di percezione dell’insieme.
Infatti, il complesso gioco prospettico, formato dalla grande strada centrale di ampiezza continuamente variata su cui prospettano le case a schiera ed i palazzetti, conduce lo sguardo dalla porta principale verso il complesso cistercense in una successione di vedute sempre mutevoli: questa concezione qualifica il piano come una delle soluzioni urbanistiche barocche più innovative, costituendo il prototipo di una serie di interventi di ampliamento di antichi paesi realizzati nel XVII secolo (San Gregorio da Sassola, Campagnano). L’interessante e complessa struttura urbanistica, volta a valorizzare l’edificio ecclesiastico e precorrente esperienze e proposte urbanistiche, specie francesi, ha indotto a supporre la presenza, accanto a D., di un più notevole architetto quale Bernini (con il quale collaborò per la Fontana del Moro a piazza Navona) o Borromini. L’analisi e lo studio dei disegni conservati confermano, però, la paternità dell’architetto e, anzi, dimostrano la sua «rara sensibilità urbanistica» (Portoghesi) nel saper rielaborare stimoli provenienti dalle contemporanee ricerche condotte dai più grandi maestri. Ebbe due figli: Matthia e Domenico (Roma 1659-1701), entrambi architetti. Negli ultimi tre anni della sua vita ricoprì la carica di misuratore della Camera Apostolica e fu accademico di San Luca. Mori a Roma all’età di 54 anni.
BIBL. – Thieme – Becker, XXIX, p. 67; Piccione 1950; Marconi 1963; Portoghesi 1966, pp. 293-294; Heimburger 1971; Bentivoglio – Valtieri 1973; Bentivoglio 1987; Petrucci 1987; Hellmut Hager in DBI, 39, pp. 224-227; Spagnesi 1995, p. 86.