Meneschincheri, Eugenio – Insegnante, Antifascista (Caprarola, 4 feb. 1893 – Ischia di Castro, 1 mar. 1927).
Ultimo degli otto figli di Michele e Teresa Pasquali, studiò a Bologna dove conseguì il diploma di maestro elementare. Nel capoluogo emiliano entrò in contatto con il movimento socialista del quale sposò gli ideali che continuò a professare al suo ritorno a Caprarola. Nel 1915 era insegnante a Sutri come testimonia una fotografia conservata dai parenti. Nel 1921/1922 era titolare di cattedra a Caprarola dato che insegnò alla classe dei nati nel 1915 tra i quali c’era anche suo nipote Agostino Turchetti. Nel suo paese continuò l’attività politica insieme ad altri socialisti locali: Chiavari Domenico, Chiossi Egidio Mariano, Mascagna Silvestro e Totonelli Reginaldo, con i quali, successivamente, aderì al neonato Partito Comunista Italiano. Tutti e cinque, infatti, risultano schedati come “comunisti” nel casellario politico centrale del ventennio fascista. Con l’avvento al potere di Mussolini per lui e per i suoi compagni di partito iniziarono le vessazioni e le persecuzioni ma, almeno per un certo periodo, riuscirono ad incontrarsi clandestinamente in località “XXX miglia” sulla via per Ronciglione. A tali incontri partecipava anche un gruppo di Civita Castellana di cui faceva parte anche un giovanissimo Enrico Minio divenuto poi Senatore della Repubblica per tre legislature. La parola d’ordine con la quale venivano convocati per partecipare alle riunioni era “Se piove portate l’ombrello”. Man mano che il fascismo andava affermandosi trascinando l’Italia nel regime dittatoriale a tutti noto, le persecuzioni contro gli attivisti caprolatti aumentarono progressivamente e numerose furono le provocazioni, i pestaggi e le “purghe” a carico di Eugenio e dei suoi compagni. Relativamente al giovane insegnante viene ancora narrata la vicenda in cui una sua collega insegnante, dichiaratamente fascista, su indicazione di un gruppo di camerati, lo provocò in piazza del Duomo dandogli uno schiaffo. L’obiettivo dei miliziani era di farlo reagire per avere motivo di picchiarlo. Ma lui non reagì con la forza delle mani ma con quella dell’ironia e dichiarò che sarebbe subito entrato nella vicina “Barbieria da Archimede” per farsi tagliare la barba e con ciò mondare la guancia dalla “sporcizia” di quello schiaffo. E così fece. Ma i fascisti gli stavano con il fiato sul collo e non riuscendo a farlo confinare, come fecero con tutti e quattro i sopracitati compagni di sventura, lo costrinsero a trasferirsi ad Ischia di Castro dove continuò ad insegnare ma anche a subire la persecuzione fascista. Il trasferimento avvenne presumibilmente nell’ottobre del 1926, prima dell’inizio dell’anno scolastico. Sicuramente si trovava nel comune castrense il 22 novembre dello stesso anno dato che presso l’ufficio anagrafe del Comune di Caprarola con tale data ne è stata annotata la cancellazione sulla scheda anagrafica. Ad Ischia di Castro, a pochi mesi dal suo trasferimento, morì il 1° marzo del 1927. A denunciarne la morte all’Ufficio Anagrafe comunale due giovani insegnanti. Non risultano annotate le cause. Nel 1987 l’Amministrazione Comunale di Caprarola ha voluto ricordarlo con una lapide commemorativa apposta all’ingresso del cimitero: “Insegnante / nella scuola riconobbe un tempio / militante antifascista / agli ideali di fratellanza, / di libertà, di uguaglianza / sacrificò la sua vita / la barbarie lo uccise / la civiltà lo ricorda / per sempre / nel 60° della morte”
Fonti e Bibl.: Casellario Politico Centrale, busta 3224, Cod. Id. M09834, http://dati.acs.beniculturali.it/CPC/; Uffici anagrafe dei Comuni di Caprarola e Ischia di Castro, Lapide commemorativa presso cimitero di Caprarola; Archivio privato e testimonianze di Meneschincheri Emilio (nipote) e Catulli Franco (nipote); Testimonianza di Chiavari Pietro (Figlio di Chiavari Domenico).
[Scheda di Biagio Stefani – Caprarola]