Paolo III (Alessandro Farnese) – Papa (Canino, 28 feb. 1468 – Roma, 10 nov. 1549).
Di nobili natali, figlio di Pier Luigi di Ranuccio Farnese e di Giovannella Caetani, Alessandro Farnese tentò inizialmente di intraprendere la carriera diplomatica, ma ben presto, per volontà della madre, lasciò la vita secolare per quella ecclesiastica, nella quale salì in breve tempo, grazie alla posizione della sua famiglia e in particolare al favore goduto dalla sorella Giulia presso il pontefice Alessandro VI, ai vertici della carriera. Fu chierico e scrittore apostolico nella seconda metà degli anni Ottanta del Quattrocento, protonotario apostolico (1491), tesoriere generale (1492), cardinale diacono (1493), legato del Patrimonio di S. Pietro (1494), vescovo di Corneto (oggi Tarquinia) e di Montefiascone (1499), legato della Marca d’Ancona (1502), vescovo di Parma (1509), Tuscolo (1513), Benevento (1514), Ostia (1524), prima di essere eletto pontefice nel 1534.
Istruito a Roma da Pomponio Leto, mentre era scrittore apostolico venne imprigionato in Castel S. Angelo per volere di papa Innocenzo VIII, che forse voleva punire il fratello di Alessandro, Angelo, per la sua scarsa fedeltà alla causa pontificia; dal carcere fuggì il 25 maggio 1486, lasciando il Lazio e recandosi a Firenze dove viveva la sorella Girolama; qui ebbe modo, attraverso il cognato Puccio Pucci, di frequentare la corte di Lorenzo il Magnifico, che ne avrebbe apprezzato le qualità umanistiche e che si sarebbe adoperato per il riavvicinamento di Alessandro al papa. Il soggiorno fiorentino, protrattosi fino al 1489, influì certamente sulla vasta cultura e sullo spirito di mecenate che avrebbero caratterizzato la personalità del pontefice. Nonostante la sua posizione all’interno della Chiesa, Alessandro ebbe una relazione con Silvia Ruffini, dalla quale nacquero Costanza (1500-1545; venuta alla luce quando la madre non era ancora rimasta vedova del marito, non venne quindi mai legittimata, contrariamente ai fratelli), Pier Luigi (1503-1547), Paolo (1504 – ante giugno 1513) e Ranuccio (1509-1528).
Personalità intellettualmente molto vivace e colta (già prima di essere eletto papa aveva messo insieme la Collezione Farnese), P. si impegnò sin dall’inizio del suo pontificato nella riforma interna della Chiesa. In tal senso vanno lette le creazioni di cardinali che la sostenessero (tra questi, Gaspare Contarini, Jacopo Sadoleto, Giovanni Morone, Reginald Pole) e i documenti (Consilium de emendanda Ecclesia, 1537; Consilium super reformationem Ecclesiae) redatti dalle commissioni da lui istituite. P ebbe un ruolo non trascurabile nelle vicende politiche del suo tempo, specie per la posizione, per sua natura in genere neutrale, assunta nei confronti delle due maggiori potenze, la Francia e l’Impero. A tale posizione si dovettero infatti, secondo alcuni, la tregua di Nizza del 1538 e la pace di Crépy del 1544. Fulcro dell’attività di pontefice fu l’avvio della Controriforma, che si concretizzò con una serie di colloqui convocati, inizialmente con intento conciliativo rispetto alle posizioni protestanti, già all’indomani della sua elezione al soglio pontificio, che culminarono però con un’aperta presa di posizione contro il protestantesimo nel Concilio di Trento ( 1542-1563) e con la riorganizzazione dell’Inquisizione, accompagnata il 21 luglio 1542 dalla bolla Licet ab initio. Circondatosi di cardinali particolarmente attivi e impegnati in tal senso, riconobbe nel 1540 la Compagnia di Gesù fondata da Ignazio di Loyola. Per quanto riguarda l’attività in Italia, fu qui che si sentirono gli effetti dei provvedimenti fiscali presi da P. per affrontare la crisi in cui versavano le finanze pontificie. Tali provvedimenti interessarono a livello locale alcune delle maggiori famiglie romane (Orsini e Colonna) con i loro feudi laziali. Il suo mecenatismo nei confronti di letterati ed eruditi e il suo contributo all’attività edilizia di Roma (tra l’altro confermò a Michelangelo l’incarico di affrescare con il Giudizio universale la Cappella Sistina; commissionò all’artista la ristrutturazione della piazza del Campidoglio; commissionò ad Antonio da Sangallo la realizzazione di palazzo Farnese) passarono spesso in secondo piano rispetto all’eccessivo nepotismo che gli veniva imputato.
Tra le azioni in favore dei suoi familiari spiccano quelle nei confronti del figlio Pier Luigi – reso prima duca di Nepi e di Castro (1537), poi duca di Camerino (1538) e, infine, duca di Parma e Piacenza (1545), azione che P. compì nell’intento di costituire in tal modo una roccaforte indipendente per la propria famiglia – accanto alla nomina a cardinale dei figli adolescenti di Pier Luigi, Alessandro e Ranuccio, e di Costanza, Guido Ascanio Sforza. Tra i possedimenti acquisiti da P. per la famiglia ci fu Caprarola, dove il pontefice fece iniziare (1530) la costruzione di un imponente palazzo su progetto di Antonio da Sangallo, fabbrica che sarebbe poi stata conclusa dal nipote di P., Alessandro Farnese, il quale affidò i lavori al Vignola.
P. fu spesso a Viterbo e fu grazie al suo intervento che, agli inizi del pontificato, in città si arrivò ad una pacificazione tra le fazioni che resse a lungo. La creazione del Ducato di Castro aveva diminuito di molto il ruolo di Viterbo capoluogo del Patrimonio nonostante che a reggere la Legazione si succedessero personaggi influenti come Niccolò Ridolfi (che fu a più riprese anche vescovo di Viterbo) e Reginald Pole e a vescovo di Viterbo fosse stato nominato per un breve periodo anche il precettore scelto dal Papa per il nipote Alessandro, Pietro Antonio Crasso.
L’anziano pontefice è effigiato nel dipinto realizzato da Tiziano che lo ritrae con i nipoti Alessandro e Ottavio (Napoli, Museo di Capodimonte) e in un ritratto del XIX secolo conservato a Viterbo
BIBL. – Gino Benzoni in Enc. dei papi, III, pp. 91-111 (con fonti e bibl.); DBI, vol. 81, pp. 98-107 (di Gigliola Fragnito); G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. II, II^ parte, Viterbo 1940, pp. 82-127.