Sebastiani Giuseppe Maria (in religione Giusep­pe di S. Maria, o.c.d.) – Vescovo (Caprarola, 21 feb. 1623 – Città di Castello, 15 ott. 1689).

Era figlio di Giuseppe, originario di Mace­rata, e di Polissena Lorenzi che avevano altri cinque figli: tre maschi, Carlo, Girolamo, Francesco, e due femmine, una religiosa con il nome di Maria Arcangela nel monastero dei SS. Agostino e Rocco a Caprarola e l’altra con quello di Agnese Teresa nel convento della Pace a Viterbo. Rimasto presto orfa­no, Giuseppe si trasferì a Roma. Il 3 marzo 1640 en­trò nel convento carmelitano di S. Maria della Sca­la, prendendo il nome di Giuseppe di S. Maria, e il 3 marzo 1641 fece la solenne professione. Studiò fi­losofia a Graz, poi si trasferì in Ungheria e poi in Germania. Nel 1651, dopo la morte del fratello Carlo che lasciò quattro figli, fra cui una femmina che entrò nel monastero locale dei SS. Agostino e Rocco con il nome di Agnese Teresa, di­venne deputato lettore di filosofia a Caprarola. Nel 1652 si trasferì a Temi e nel 1654 diventò lettore di teologia nel convento di S. Maria della Vittoria.

Nel 1656 Alessandro VII lo inviò come missionario in India, in qualità di commissario e delegato presso la località di Serra de Malavari; il viaggio fu effettua­to dal 22 feb. 1656 al dic. 1658. Tornato a Roma il 22 feb. 1659, fu consacrato segretamente vescovo di Ierapoli, nella Cappella Pontificia, da mon­signor Landucci, vescovo di Porfiria e sagrista del pontefice. Nel frattempo era stato deputato all’edu­cazione di frate Niccolò dello Spirito Santo, figlio di Taddeo e di Anna Colonna e fratello di Carlo Barberini. Il 7 feb. 1660 fu inviato in India una se­conda volta, accompagnato dal fratello Francesco (Caprarola, 24 marzo 1629 – Temi, 30 luglio 1666), entrato in religione con il nome di frate Eustachio di S. Matteo e priore del convento di S. Valentino a Temi. Giuseppe rimase in Oriente sino al feb. 1663, facendo ritorno a Roma il 6 maggio 1665; il 23 febbraio dell’anno successivo fu nominato visi­tatore apostolico delle isole greche. Nel giugno 1667 si recò a Roma per incontrare il nuovo pontefice Clemente IX e venne eletto vescovo di Bisignano, dove si recò l’8 novembre; qui ebbe notevoli con­trasti con le autorità locali, tanto da chiedere di riti­rarsi a vita claustrale nel gen. 1671. L’anno suc­cessivo fu designato vescovo di Città di Castello, luogo in cui fece il solenne ingresso il 15 ottobre; anche in questa città ebbe notevoli controversie con le locali autorità politiche e religiose. Il 7 nov. 1674 organizzò un sinodo diocesano, che replicò il 4 e 5 set. 1679.

Costruì la cupola della cattedrale cittadi­na, terminata nel 1683, e ristrutturò la chiesa di S. Petrignano; nel 1684 fece traslare nella cittadina i corpi dei martiri Ventura, Teodoro, Artemio e l’im­magine della Madonna del Belvedere. Ammalatosi nel 1688, mentre era in preparazione un terzo sino­do, si trasferì a Roma e successivamente a Capraro­la; morì a Città di Castello e venne sepolto nella cat­tedrale. Uno stretto rapporto legò lo stampatore ro­mano Filippo Maria Mancini al S.: le committenze editoriali al Mancini pervenivano soprattutto dagli ordini religiosi e da Tivoli. Le seguenti opere del S. furono stampate dal Mancini: Prima speditione all’Indie orientali (1666), pubblicata grazie al soste­gno economico dei nipoti Giuseppe e Sebastiano, figli del fratello Carlo; Breve racconto della vita, missioni e morte del ven. p. m. f. Francesco Donati romano dell’Ordine dei Predicatori (1669); Secon­da speditione all’Indie orientali (1672), dedicata al papa Clemente X, al cui interno sono contenuti alcuni vocaboli orientali; Constitutiones synodales (1675). Furono pubblicate da altri stampatori roma­ni Paupertas opulenta (typis Ignatij de Lazaris, 1658) e De consolatione ad episcopos sub analogia episcopatus et martyrii (typis Dominici Antonij Herculis, 1685), dedicata a Innocenzo XI, in cui si argomenta il tema che l’ufficio del vescovo sia un martirio: uno dei capitoli ha infatti come titolo Quod episcopatus omnium genera martyriorum suo modo complectatur.

BIBL. – Istoria 1719; Venerabilis servi 1804; Franchi 1994, p. 488.

[Scheda di Barbara Scanzani – Ibimus]