Antonelli, Abbondio – Compositore (Fabrica di Roma, ca. 1580 – Roma, 25 nov. 1620).

Di famiglia probabilmente benestante (nel­l’atto di morte è chiamato «signore»), era figlio di Domenico Angelo, maestro di lettere a Soriano nel Cimino. Ivi ebbe la prima formazione dal padre, studiando anche musica, come risulta da un docu­mento del dic. 1596 di recente rinvenuto. Forse per­fezionatosi con Francesco Soriano, fu apprezzato cantore e compositore nella Roma del primo Sei­cento. Nel 1598 vi era già attivo, aggregato alla Compagnia dei Musici di Santa Cecilia. Non sono noti i suoi primi passi nella professione, che però si possono immaginare nel Seminario Romano, al­lora affidato ai Gesuiti: infatti Fabrica, suo luogo di nascita, faceva parte del ducato farnesiano di Ca­stro e Ronciglione, e proprio i Farnese, in persona del cardinal Odoardo, erano all’epoca i grandi pa­troni e mecenati della Compagnia di Gesù. Non meraviglia perciò trovare il giovane A. maestro di cappella di quell’istituto per circa un anno, tra la fine del 1606 e gli ultimi mesi del 1607.

Per l’atti­vità musicale del Seminario romano si trattava di un momento particolare: alla fine del 1606 lascia­va quell’incarico Agostino Agazzari, che vi aveva introdotto il nuovo stile concertato con basso con­tinuo, scrivendo anche un melodramma (Eumelio, rappresentato nel 1606), ma entrando perciò in fiero contrasto con i cantori della Cappella Pon­tificia. Il rifiuto di questi ultimi di prender parte alle «musiche straordinarie» nella Chiesa del Gesù in­dusse Agazzari a ritornare nella nativa Siena. La nomina di A. va dunque vista come una soluzione temporanea; in effetti alla fine del 1607 l’incarico fu assegnato ad Antonio Cifra. Ma il rapporto di A. con il Seminario e con i Gesuiti si rinnoverà alcuni anni dopo. Per alcuni anni non si hanno notizie del compositore, che forse fu attivo a S. Maria in Tra­stevere e nel circolo musicale del duca Giovanni Angelo Altemps (nella cui biblioteca rimasero va­rie composizioni di A.).

Dal 1° giugno 1611 fu mae­stro di cappella di S. Giovanni in Laterano, dove ebbe suo fratello Angelo e il ronciglionese Tullio Cima come pueri cantus. L’incarico in una delle maggiori basiliche, dove successe a un polifonista affermato (Curzio Mancini), è indicativo del suc­cesso di A., ma il 19 luglio 1613 egli fu improvvi­samente licenziato. Del provvedimento, documen­tato dal Casimiri, non è nota la ragione. Sempre so­stenuto dal cardinal Farnese, A. trovò un nuovo pa­trono nel cardinal Pompeo Arrigoni, buon amante di musica (aveva ricevuto in dedica il famoso sag­gio antimonteverdiano di Giovanni Maria Artusi e varie composizioni di Felice Anerio e di altri auto­ri). Arrigoni, legato agli Aldobrandini e come loro in quella fase non gradito a papa Paolo V, risiedeva spesso a Benevento, dov’era arcivescovo e dove aveva Vincenzo Ugolini come maestro di cappella della cattedrale. Ugolini lasciò Benevento nel­l’estate 1614 e nel posto di maestro di cappella gli subentrò A., che subito dedicò al cardinal Arrigoni il suo primo libro di mottetti a stampa; nel contem­po pubblicava anche una raccolta di madrigali, dedicandola da Benevento al cardinal Farnese. Se l’assenza da Roma era di certo nociva per la sua at­tività, va detto che durante quegli anni la cappella musicale di Benevento ebbe una singolare fioritu­ra, con maestri di qualità voluti da Arrigoni. Per tor­nare a Roma A. sperava sempre nell’intervento dei Farnese, e perciò dedicò un nuovo libro di mottetti all’abate Diofebo, nipote del cardinal Odoardo (1615); altri due libri furono invece da lui dedicati ai nipoti del cardinal Arrigoni (1616). Venuto a morte quest’ultimo il 4 apr. 1616, si concluse il pe­riodo beneventano di A., che deve esser tornato a Roma dopo le cerimonie di sepoltura del suo pro­tettore (non sembra che il successore nella cattedra, il napoletano Alessandro di Sangro, avesse interes­si musicali).

Forse già nel 1617 (Casimiri), di sicu­ro nel 1620 (un documento del 17 novembre, cita­to dal Dixon, registra un pagamento a suo favore di 6 scudi «a buon conto del suo salario» come «m.ro di capella») e probabilmente per due o tre anni con­tinuati fu di nuovo maestro di cappella del Semi­nario romano e del Gesù: senza dubbio l’incarico è da attribuire al persistente patronato del cardinal Farnese. Come attesta l’atto di morte, A. abitava nell’edificio del Seminario e fu sepolto al Gesù «con 4 torce»; nel documento, finora sconosciuto, A. è detto nativo di Carbognano (ma che fosse di Fabrica risulta sui frontespizi delle opere da lui stesso fatte stampare; di Fabrica si dichiara anche suo padre nel cit. documento del 1596). Malgrado la precoce morte, la sua rinomanza come buon compositore si mantenne: suoi mottetti furono pub­blicati postumi tra il 1621 e il 1652 in antologie cu­rate da F. Costantini, G. B. Robletti, J. Donffid (a Strasburgo e Treviri), F. Sammaruco, D. Bianchi, F. Berretti, F. de Silvestris.

Musicisti furono anche i fratelli di A.: Angelo, nato intorno al 1600 o poco prima, fu suo allievo come puer cantus in Laterano; tre suoi mot­tetti furono inseriti da A. nella propria raccolta del 1614; Francesco, prob. più anziano, fu frate car­melitano e curò la raccolta postuma del 1629, inse­rendovi composizioni sue e di Angelo accanto a una messa e quattro mottetti di Abbondio.

BIBL. e FONTI – AD Orte, Filza n° 7 (carte sciolte n.n.), Fede del 9.12.1596 (documento segnalato dallo studioso di Orte Armando Fiabane, che si ringrazia). AVR, Parr. di S. Maria ad Martyres, Liber Mortuorum, II, ad diem 25.11.1620.  Abbatini 1653, prefazione («Al lettore»); Pitoni, pp. 218­219; Cametti 1908, pp. 701-752: 702; Casimiri 1935,  pp. 79, 80; DBI, 3, pp. 479-480 (voce non firmata); Dixon 1980, p. 329; Casimiri 1984, pp. 147, 148; Bruni 1999, p. 78; Simi Bonini 2000, p. 37; Patricia Ann Myers in New Grove, 1, pp. 760-761 (con altri rif. bibl.); Rostirolla 2002, I, nn. 118­119; Franchi 2006, pp. 187-190, 210-212, 218-222, 233, 234, 279, 422, 505, 610-611, 626-628, 839, 845, 847 (con descriz. delle opere a stampa e altri rif. alle fonti e alla let­teratura critica).

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus; riduzione di Luciano Osbat – Cersal]