Brancaccio, Francesco Maria – Cardinale (Canneto di Bari, 15 apr. 1592 – Roma, 9 gen. 1675).

Appartenente a un’antica famiglia napoleta­na, studiò nel Collegio gesuitico di Napoli, dove il 5 nov. 1611 conseguì la laurea in utroque iure e dove coltivò parallelamente la passione per la poe­sia, divenendo nel 1613 membro dell’Accademia degli Umoristi. Abbracciò il sacerdozio nel 1619, e l’anno successivo si addottorò in teologia, quindi si trasferì a Roma, dove tra il 1621 e il 1623 fu re­ferendario delle due Segnature; governatore a Fa­briano, quindi a Todi e Terni, venne nominato ve­scovo della diocesi calabrese di Capaccio nel 1627. Qui si scontrò sia con ecclesiastici (per problemi di giurisdizione) che con autorità laiche per questioni penali: un suo servitore aveva ucciso il governatore di Sala Consilina (dove aveva sede la diocesi). Per sottrarsi all’arresto il B. si ritirò nel territorio dello Stato pontificio e trovò l’appoggio del cardinal nipote Antonio Barberini che lo protesse e lo agevolò.

Creato cardinale il 28 nov. 1633 con il titolo dei Dodici Apostoli da papa Urbano VIII, il 13 sett. 1638 ottenne il vescovato di Viterbo e Tuscania; la solenne relazione dell’entrata nella cittadina per la presa di possesso della dioce­si fu redatta da Pietro Coretini in quello stesso anno (Relatione della solenne entrata fatta nella città di Viterbo dall’eminentiss. e reverendiss. sig. card. Brancaccio suo vescovo, Viterbo, per Bernardino Diotallevi). Durante la sua amministrazione indis­se una sacra visita nel 1639, una seconda nel 1646, la terza nel 1651 la quarta nel 1659 la quinta nel 1662 e l’ultima nel 1665. Fu protettore e mecenate di arti­sti, e promosse il restauro e la decorazione dei pa­lazzi episcopali di S. Lorenzo e S. Sisto. Dal 1639 convocò a Viterbo otto sinodi vescovili, l’ultimo dei quali si svolse nel 1666: il primo, più ampio e dettagliato, è integrato da una preziosa cronotassi dei vescovi viterbesi dovuta a Pietro Coretini (De episcopis Viterbii provinciae Patrimonii Metropolis Summa Chronologioca Petri Coretini Viterbiensis, pp. 97-180 delle Constitutiones editae in Diecesana Synodo…die XXV Septembris MDCXXXIX, Viterbii, Apud Marianum Diotallevium Impressore Episcopalem, [1639]).

Il 25 ag. 1639 si era recato a Vetralla per l’istituzione di un monastero per le mo­nache di S. Rosa. Dopo il sopralluogo del sito pres­so la rocca, vi ritornò nel 1644 per dare avvio ai la­vori grazie a un lascito del conte Pietro Brugiotti; nel 1647, nuovamente in visita a Vetralla, conobbe il religioso Benedetto Baldi.

Nel corso del suo car­dinalato promosse nella città di Viterbo l’amplia­mento del palazzo vescovile, completò la co­struzione del seminario, e incoraggiò quella del­la chiesa del Gonfalone e di S. Maria della Pace (1667), ora rimessa della «mac­china» di santa Rosa. Sostenne il Magri nella pubblicazione delle opere su Latino Latini; la sua biblioteca, dopo la morte dei suoi eredi, venne a costituire il primo importante nucleo della Biblioteca Brancacciana della Biblioteca nazionale di Napoli.

Il 30 maggio 1670 rinunciò al vescovato in favore del nipote Stefano; negli anni precedenti aveva ottenuto il titolo di S. Lorenzo in Lucina (1663), divenendo poi cardinale vescovo di Sabina (11 ott. 1666), di Tuscolo (30 genn. 1668) e infine di Porto e Santa Rufina (18 marzo 1671). Morì a Roma il 9 gennaio 1675. Il suo monumento sepolcrale è nella chiesa di S. Angelo a Nido a Napoli dove riposa accanto al nipote Stefano, anche lui vescovo di Viterbo e cardinale.

BIBL. e FONTI – Cedido, Archivio dell’antica Diocesi di Viterbo-Tuscania,  Serie “Visite pastorali”, anni 1639-1665; Paolocci 1892, p. 45; HC, IV, p. 371; Frittelli 198 la, p. 203; Sciarra – De Carolis 1983, pp. 80-82, 85; Forum Cassii 2001, pp. 39-40; Guida TCI Lazio 2005, p. 264; G. Signorelli, Viterbo, vol. III, Parte prima, pp. 45-58 e 95-108.

[Scheda di Simona Sperindei – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]