Capocci, Pandolfo – Arcivescovo (Viterbo, secc. XIII-XIV).

Detto Pandolfuccio per distinguerlo dal padre, che aveva lo stesso nome, era pronipote del cardinale Raniero e discendente da una nobile famiglia viterbese, possidente di proprietà all’interno della città e di estese terre nei dintorni, ma non imparentata con l’omonima famiglia romana. C. è menzionato per la prima volta come amministratore del vescovato viterbese in un documento del 7 luglio 1328 del già Archivio Gatti (Viterbo, Arch. Comunale, perg. 3052, citato in Pinzi, p. 162 n. 1). Tra il 18 maggio e il 23 giugno del 1328 fu nominato vescovo di Viterbo, al posto di Angelo Tignosi canonico laterano, dall’antipapa Niccolò V, voluto da Ludovico il Bavaro, in aperto confitto con papa Giovanni XXII per il controllo dell’Italia. Come vescovo C. impose nell’ago. 1328 forti collette di denaro al clero da cui avrebbe estorto anche le procurazioni e altri donativi, così come ricorda Pinzi citando un documento custodito nell’Archivio Priorale di Sant’Angelo.

Il 10 settembre del medesimo anno pronunciò una sentenza contro l’arciprete della cattedrale a istanza dei canonici. La sua carica non durò a lungo poiché il conflitto tra papa e imperatore, tra papa legittimo e antipapa, si risolse come al solito a favore del primo con la netta vittoria di Giovanni XXII sui suoi avversari. Secondo Eubel, nel breve periodo dell’antipapa C. sarebbe stato promosso anche cardinale vescovo di Porto; ma questo dato potrebbe non essere vero, poiché nella bolla d’assoluzione mandata dal papa a Viterbo il 15 feb. 1330 viene designato esclusivamente come «episcopum viterbiensem, ac administratorem bonorum episcopatus viterbiensis».

BIBL. – HC, I, pp. 17, 532, n. 7; Pinzi, II, pp. 17 e n. 6, 161-162.

[Scheda di Silvia Panti – Srsp]