Coretini, Pietro – Notaio, letterato (Viterbo, 6 mar. 1583 – ivi, 31 gen. 1661).

Figlio del notaio Claudio (di cui sono noti i rogiti dal 1573 al 1587) e di Camilla Faiani, apparteneva a una famiglia nota dall’inizio del Cinquecento a Tarquinia, trasferita verso il 1540 a Viterbo e dedita all’attività notarile e ascritta nel patriziato della città nel 1582 (compiute notizie in Angeli 2003). Secondo la tradizione di famiglia fu abilitato al notariato (31 dic. 1607), che esercitò negli anni suc­cessivi. Dall’ 11 sett. 1621 ricoprì la carica di segretario del Comune di Viterbo, che comportò continui specifici incarichi nella vita della città (tra i quali quello di agente del Comune a Roma), tanto da esserne di fatto il factotum.

Ebbe lo stipendio di 84 scudi annui e nel gen. 1647 fu giubilato, ma in seguito sarà ancora segretario del Comune (sicuramente lo era nel 1650 e nel 1656). Contribuì alla Riforma degli Statuti del Comune e del Catastus omnium bonorum Communis Viterbii. Nel corso di questa attività ebbe problemi con la giustizia nel 1623 e nel 1639. Il 13 ott. 1647 fu nominato governatore di Capranica; un mese dopo gli fu confe­rita la laurea ad honorem in utroque iure, probabilmente necessaria ad assumere quella carica. Durante il pontificato di Innocenzo X si recò spesso a Roma per tutelare in sede giuridica gli interessi del Comune di Viterbo. Amante di lettere, lasciò alcune opere in prosa. Dello spettacolo teatrale in abiti turcheschi La Rovina di Trabisonda, da lui stesso definito «favolosa impresa militare», rappresentato in Viterbo negli ultimi tre giorni del carnevale 1630 (9-11 feb.), resta un opuscolo con l’argomento e lo scenario dell’opera (Viterbo, appresso Agostino Discepolo, 1630); lo spettacolo fu promosso dal Comune.

Tre anni dopo scrisse una Relazione della pompa funebre celebrata dalla città di Viterbo per la morte di mons. ill.mo Enea Vaini, suo Governatore (In Viterbo, per il Diotallevi, 1633). Di maggior rilievo è L’historia di S. Rosa viterbese raccolta dal suo processo, e da altre memorie autentiche, e composta dal sig.r Pietro Coretini di Viterbo con cinque Rosari di meditationi pie sopra la vita, morte, e miracoli della medesima santa, pubblicata in bella edizione dello stampatore comunale Bernardino Diotallevi (1638) con frontespizio inciso da Matteo Greuter. All’edizione contribuì con molta probabilità il cardinal Alessandro Cesarini, vescovo di Viterbo, dedicatario dell’opera.

Questa agiografia della santa patrona della città, che in ambito locale ebbe rinomanza (un compendio in lingua spagnola ne fece Alonso Guzman nel 1665), fu ristampata nel 1702 da Giulio de’ Giulii con il titolo l’Istoria della vita di s. Rosa vergine viterbese raccolta dal suo processo, e da altre memorie; questa seconda edizione è notevolmente ampliata rispetto a quella originale. Con la Relatione della solenne entrata fatta nella città di Viterbo dall’eminentiss. e reverendiss. sig. card. Brancaccio suo vescovo (In Viterbo, per Bernardino Diotallevi, 1638), ottenne il favore del nuovo vescovo cardinal Brancaccio, al quale dedicò una cronologia dei vescovi della città (De episcopis Viterbij provinciae patrimonij metropolis summa chronologica), che fu pubblicata in appendice (pp. 97-180) agli atti del sinodo diocesano convocato dal cardinale (Constitutiones editae in dioecesana synodo habita Viterbij ab eminentiss. et reverendiss. d. card. Brancacio episcopo Viterbien. et Tuscanen., die xxv septembris mdccxxxix, Viterbij, apud Marianum Diotallevium impressorem episcopalem, 1640). Anche questo lavoro ebbe la stima dell’ambiente viterbese e sarà a sua volta ristampato quasi un secolo dopo in appendice alle Constitutiones relative al sinodo diocesano del nov. 1724 (Viterbij, ex typographia episcopali haeredum Julii de’ Juliis, 1725).

Di sua mano è anche il testo di molti documenti a stampa del Comune di Viterbo; in particolare sono firmati l’opuscolo Gratissimum civilitatis privilegium […] (Viterbij, apud Marianum Diotallevium impressorem publicum, 1650), bella edizione in folio del diploma di cittadinanza viterbese concesso a monsignor Giulio Spinola, Governatore della provincia del Patrimonio, e del foglio volante Formola del voto dell ’Illustrissima Città di Viterbo, per occasione della peste (Viterbo, per Girolamo Diotallevi stampator publico, 1657), che risulta sottoscritto «Pietro Coretini Segretario» in data 26 ago. 1657; il documento, pubblicato al termine della pericolosa epidemia, conferma che ancora a quell’epoca C. era segretario del Comune. Apprezzato per erudizione, meritò l’elogio di vari scrittori, tra cui Bartolomeo Malavista. Il suo catalogo dei vescovi viterbesi fu lodato dall’Ughelli il quale ne fece tesoro scrivendo sugli stessi nella sua Italia sacra. La sua prosa, infarcita di iperboli e metafore, è stata considerata di recente quella di un «marinista di provincia» (Frittelli). Si dedicò anche alla ricerca genealogica e a studi araldici.

Nel 1654, mentre era a Roma per il proprio ufficio, ebbe un colpo apoplettico; ma guarì e tornò in patria dove visse nella sua casa in parrocchia di S. Sisto. Ivi morì mentre predisponeva i materiali raccolti in molti anni per scrivere una storia di Viterbo. Lasciava manoscritta anche la Compilazione della riforma degli Statuti comunali; aveva anche abbozzato una storia della Tuscia. Fu sepolto nella chiesa della Trinità. Non ebbe figli ma la famiglia fu proseguita dal nipote Francesco Onofrio, figlio di suo fratello Innocenzo. Da un altro ramo dei C. nascerà lo storico della città Gaetano, dopo il quale la famiglia si estinse. I suoi lavori storici (anche quelli rimasti manoscritti) furono noti agli studiosi dell’epoca: Luigi Serafini, storico secentesco di Vetralla, li citò fra le propri fonti. Tuttavia essi, all’occhio della critica moderna, appaiono compilazioni contenenti inesattezze e qualche marchiano errore cronologico, ispirati alla poco attendibile  tradizione storiografica di Annio.

BIBL. – Ughelli, I, col. 1041; Coretini 1774, p. 119-120; Rhodes 1963, nn. 175, 306, 349; Signorelli 1968, p. 186; Frittelli 198la, p. 204; Carosi 1985-86, pp. 90; Carosi 1990, pp. 56, 70,71,78-79, 81, 109, 110, 114, 118, 120-122, 151, 281, 287; Carosi 1997a, pp. 131-132; Franchi 1988, pp. 179-180; Angeli 2003, pp. 175-177, 685.

[Scheda di Orietta Sartori – Ibimus]