Costantino – Antipapa (Nepi, sec. VIII).

Appartenente all’aristocrazia militare della Tuscia romana, compare per la prima volta nelle fonti sul finire della primavera del 767 quando, insieme con i fratelli Totone, Passivo e Pasquale, partecipò a una congiura contro Paolo II che versava in gravi condizioni di salute. Il complotto fu però stroncato dal primicerius notarium, Cristoforo, un personaggio influente dell’amministrazione ecclesiastica, il quale ottenne la cessazione dei tumulti cittadini e la rassicurazione che l’eventuale elezione del nuovo pontefice si sarebbe svolta secondo i canoni. La congiura dà atto dello scontro sempre più violento tra le due principali forze politiche che in quegli anni operavano a Roma; da un lato era schierata l’ari­stocrazia militare che aveva in C. il suo candidato ideale, dall’altro l’aristocrazia clericale da cui era caldeggiata l’elezione di Stefano, il presbitero di S. Cecilia.

Con l’aggravarsi dello stato di salute di Paolo, C. e i suoi fratelli, nella notte tra il 27 e il 28 giugno, fecero affluire in città le loro armate dalla Tuscia e da Nepi. Alla morte del pontefice le autorità cittadine convocarono in assemblea il popolo, che tumultuante acclamò C. papa. Condotto, il 29 giugno, nel Palazzo Lateranense, C. ricevette frettolosamente gli ordini religiosi da Giorgio, il vescovo di Palestrina; il 5 luglio, nonostante l’opposizione di Cristoforo che non aveva ceduto alle pressioni di Totone, fu consacrato nella Basilica Vaticana dai vescovi di Preneste, Albano e Porto. C., non avendo ottenuto il riconoscimento della sua nomina da parte di Pipino, inviò al sovrano franco con i Synodica fidei, un testo sottoscritto dai patriarchi della Chiesa d’Oriente, una lettera in cui spiegava le circostanze della sua elezione. Pur non avendo ottenuto l’appoggio di Pipino, riuscì, comunque, ricorrendo alla forza, a ristabilire l’ordine a Roma; contemporaneamente il fratello Totone, che era subentrato al duca di Roma sostenitore di Cristoforo, poté facilmente sopprimere ogni tentativo di opposizione nel territorio del ducato grazie all’appoggio del tribuno Gracile che risiedeva ad Alatri.

I rapporti di tensione con Cristoforo furono risolti, nella primavera del 768, con l’impegno da parte di quest’ultimo, rifugiatosi in Vaticano, a lasciare la città per raggiungere il monastero di S. Salvatore presso Rieti dove avrebbe abbracciato la vita monastica. Cristoforo, però, contrariamente agli accordi presi, con il figlio Sergio raggiunse il duca di Spoleto Teodicio, tramite il quale richiese l’intervento di Desiderio. Il re longobardo accordò il suo aiuto ai fuoriusciti e, al fine di esercitare un controllo più incisivo sulla città, affiancò a Cristoforo e a Sergio un suo inviato, il presbitero Waldiperto. Non appena Cristoforo ebbe stretto accordi con esponenti dell’aristocrazia militare e con i preposti a guardia delle mura, le truppe di Teodicio, che si erano raccolte a Rieti, valicarono il Tevere a Ponte Milvio e irruppero in città da Porta S. Pancrazio senza incontrare ostacoli. Sul Gianicolo i Longobardi furono fronteggiati dalle truppe di Totone le quali dopo la morte del loro capo, ucciso a tradimento da due suoi collaboratori, passarono dalla parte di Teodicio. Con l’arresto di C., Waldiperto, in ottemperanza ai disegni di Desiderio, promosse l’elezione di Filippo, il presbitero del monastero di S. Vito. Immediata fu, però, la reazione di Cristoforo, che convocò nel Senato, presso il Foro Romano, il popolo e tutte le componenti del clero; l’assemblea si concluse con la deposizione di Filippo e l’elezione a voti unanimi di Stefano, il presbitero di S. Cecilia.

Seguirono azioni repressive di particolare ferocia contro gli usurpatori e lo stesso Waldiperto; C., dopo una umiliante deposizione, rimase agli arresti presso il monastero di S. Saba. Il 12 apr. 769 fu chiamato a deporre sul suo operato davanti a un’assemblea che riuniva tutti gli esponenti del clero. Il sinodo, oltre a sancire la reclusione in monastero di C., fissò la procedura da seguire per l’elezione del papa dalla quale venne definitivamente escluso l’intervento della componente laica.

BIBL. — Enc. dei papi, I, pp. 670-675 (voce non firmata, con bibl. cui si rinvia).

[Scheda di Barbara Rotundo – Srsp]