D’Ascia, Ugo – Giornalista (Civitavecchia, 5 lug. 1926 – Roma, 30 ott. 1990).

Primo figlio di Amedeo, sottufficiale dell’Aeronautica militare di origine napoletana, e di Irene Pucci, civitavecchiese, che nel 1928 ebbero anche Maria e nel 1944 Mauro. L’infanzia e la giovinezza furono condizionate da una certa effervescenza della famiglia materna e un distaccato riserbo del padre, cui peraltro dovette la passione per la lettura. Partecipe, come tutti, delle organizzazioni giovanili fasciste, dovette a questa militanza la scoperta degli ambienti sociali proletari ed emarginati della città. Frequentò con brillanti risultati le scuole e al liceo ebbe come compagni soprattutto Mauro Mellini e Paolo Pulci: si appassionò alla lettura di autori liberali come Benedetto Croce, Guido De Ruggiero, Luigi Russo e Adolfo Omodeo, mutuandone un atteggiamento critico contro il presente fascista. Dopo il bombardamento di Civitavecchia del 1943 (durante il quale rimase colpito dal dileggio e dagli sputi della popolazione contro il violento segretario fascista restato sotto le macerie), sfollò con la famiglia ad Acquapendente, dove partecipò alla vita di una formazione partigiana di poca attività, ma che servì soprattutto a sottrarre i giovani all’arruolamento fascista e al lavoro coatto.

Dopo la guerra, deluso dall’ambiente notabilare del congresso liberale di Napoli, seguendo orientamenti pragmatici e non ideologici, si orientò verso azionisti e socialisti. Nel 1946 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma, ma poi passò a lettere, trovando più congeniali arte, letteratura e storia. Si impegnò a fondo e in maniera brillante negli studi, fu allievo di Natalino Sapegno, ma poi decise di non laurearsi. Vivendo di lavori occasionali, si avvicinò alla politica: fu critico dell’unità tra PSI e PCI (che a Civitavecchia condividevano i locali della sezione) e, ancor più della subordinazione all’URSS. Nel 1953 fece una campagna elettorale contro la «legge truffa» e in favore di Unità Popolare di Ferruccio Parri. Poi aderì al PSI e condivise la linea autonomistica di Nenni. Fu consigliere comunale e fondò il circolo «Rocco Scotellaro», per tentare di animare culturalmente la base socialcomunista. Dal 1957 al 1960 si trasferì a Parigi, dove lavorò come guida turistica e fece le prime esperienze giornalistiche in un giornale per gli immigrati italiani e, soprattutto, lavorò – ma come correttore di bozze – a «Le Monde». Ma in quell’ambiente stimolante allargò ulteriormente i suoi orizzonti, frequentando ad un tempo Jean Paul Sartre, gli chansonniers e le avanguardie artistiche.

Tornato in Italia, lavorò all’«Avanti», avvicinandosi alle posizioni autonomiste di sinistra di Riccardo Lombardi, ma nel 1963 fu critico della formazione del primo governo di centrosinistra, pur essendo favorevole all’incontro tra cattolici e socialisti. Amico dello storico socialista metodista Giorgio Spini e dello storico della religioni comunista ed ateo Ambrogio Donini, sollecitato anche da Pietro Nenni, fu molto attento al Concilio Vaticano II e all’influenza del fattore religioso sull’evoluzione della società italiana. Ciò lo portò a seguire con indagine laica ma attenta tutte le novità postconciliari della Chiesa italiana e universale, soprattutto nei risvolti del rapporto con la cultura moderna. Nel 1967 entrò alla rai con l’appoggio del partito, ma non ebbe vita facile fino alla riforma del 1975, dopo la quale divenne l’informatore religioso del TG2. Fu autore anche di grandi documentari: La strada del Davai di Nuto Revelli, sulla ritirata di Russia; Le pietre di Algeri sul ventennale della guerra d’Algeria; Cristo sì è fermato a Eboli, per la morte di Carlo Levi; Dentro i Settanta! attento al problema della violenza del decennio. Paradossalmente, il suo declino iniziò negli anni Ottanta, quando l’affermazione dei socialisti aveva il volto di Bettino Craxi, i cui obiettivi politici erano lontani dalle sue concezioni e quando la crisi del comunismo totalitario fu prodotta più da Giovanni Paolo II «papa gotico» (sua la definizione rimasta famosa) che da quei movimenti laici, socialisti e liberali ad un tempo, con i quali era stato solidale. Convinto che «la storia ha più fantasia dei dottrinari», cominciò a sentirsi a disagio di fronte al neoliberismo montante, in così palese contrasto con la miseria che gli rivelarono i viaggi papali nel Terzo e Quarto Mondo. A partire dal 1985 la sua salute cominciò a declinare sempre più rapidamente.

Civitavecchia lo ricorda avendogli intitolato una Via.

Fonti –  Le informazioni biografiche sono state fomite dal figlio Luca ed integrate con quelle raccolte dall’amico e collega Vincenzo Parisella.

[Scheda di Antonio Parisella – Msl]