Gambara, Giovanni Francesco (de) – Cardinale (Brescia, 17 gen. 1533 – Roma, 5 mag. 1587).

Fi­glio di Brunoro e di Virginia Pallavicini, nipote del cardinale Uberto, che si incaricò della sua educa­zione, e della poetessa Veronica, apparteneva alla famiglia dei conti di Verola. Si laureò a Perugia in utroque iure, quindi si trasferì a Roma, dove divenne familiare di Giulio III e fu chierico e presi­dente della Camera Apostolica. Pio IV lo creò car­dinale nel concistoro del 26 feb. 1561 con il tito­lo dei SS. Pietro e Marcellino. Legato di Camerino nell’ago. 1565, ricoprì l’incarico di inquisitore nel 1566-1570. Eletto vescovo il 7 ott. 1566, successe a Sebastiano Gualtieri (o Gualterio) alla diocesi di Viterbo, che amministrò per oltre un decennio distinguendosi per impegno e generosità.

Nel 1568 il G. prese pos­sesso della Villa Lante di Bagnaia, nella quale com­missionò sostanziali interventi di sistemazione del giardino all’italiana, realizzati tra il 1568 e il 1578, e la costruzione di una delle palazzine, per la deco­razione della quale convocò gli stessi artisti che avevano lavorato nel palazzo Farnese di Caprarola, tra cui forse il Vignola. A Villa Lante il G. tornerà spesso anche dopo aver abbandonato la sede di Viterbo; questo suo attaccamento a Villa Lante gli fu rimproverato dal card. Carlo Borromeo che lo invitava ad occuparsi più dei suoi impegni pastorali. A Viterbo si adoperò in fa­vore della cattedrale di S. Lorenzo, aumentando le rendite del capitolo e commissionando a proprie spese il rifacimento della facciata e la creazione del presbiterio. Gli interventi di restauro vennero ese­guiti tra il 1560 e il 1570, forse anch’essi su pro­getto del Vignola e portarono all’abbandono di quei caratteri tipici del medioevo che la chiesa sino ad allora aveva conservato e che riemergeranno solamente dopo i restauri di fine Ottocento-primi Novecento. Nel 1569 il vescovo dispose la realizzazione di altri interventi di restauro della faccia­ta del duomo di Toscanella (oggi Tuscania), e negli anni successivi restaurò molte chiese della diocesi.

Dopo l’elevazione al pontificato di Gregorio XIII (1572) fu più presente in Diocesi e compì una visita pastorale tra il 1573 e il 1574, celebrò un sinodo nel 1576 (del quale si è persa traccia pur risultando certamente pubblicato ed essendo più volte citato nei sinodi successivi) e operò inoltre attivamente per la riorganizzazione dei numerosi ospe­dali che portò alla sistemazione dell’Ospedale Grande nel palazzo Peroni nei pressi della chiesa cattedrale a partire dal 1575.

Nominato vescovo di Albano nel 1580, nel 1583 fu trasferito da Gregorio XIII alla sede di Palestrina. Mori a Roma e fu sepolto nella chiesa viterbese di S. Maria della Quercia, che aveva re­staurato e alla quale aveva precedentemente fatto dono di un calice d’oro, di sei lampade d’argento e di altri preziosi arredi

BIBL. – Moroni, XXVIII, pp. 157-158; Gams, p. 737; Pastor, VII, p. 123; HC, III, pp. 38, 336; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, vol. II/2, Viterbo 1940, pp. 273-291; Fagliari Zeni Buchicchio 1985-86, pp. 3-24; Frittelli 1985-86, pp. 103-106; Fagliari Zeni Buchicchio 1987; Alessi 2002, pp. 21 -30; Guida TCI La­zio 2005, pp. 256, 257, 279, 312.

[Scheda di Simona Sperindei – Ibimus; Redazione Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]