Marco da Viterbo, o.f.m. – Cardinale (Viterbo, sec. XIV).

Non si sa molto sulle sue origini, né è nota la sua data di nascita. Bussi lo dice apparte­nente alla nobile famiglia dei Parentezza di Viterbo, che aveva le sue case presso il parlatorio del mo­nastero di S. Agostino, ma non fornisce alcun documento probante in merito (AC Viterbo, ms. Uo­mini illustri di Viterbo, p. 74).

La prima menzione di un «frater Marcus» da Viterbo si trova in un do­cumento viterbese del 21 ott. 1334. Nel testamento di tale Maccabeo del 2 nov. 1357 appare fra i testi­moni ed è indicato nel seguente modo: «venerabilem virum Fratrem Marcum domini Petri de Viterbio, magistrum et ministrum ordinis S. Francisci» (cit. in Pinzi, III, p. 360 n. 2); questa qualifica con­fermerebbe le sue origini nobili. Fu probabilmente a Viterbo che entrò nell’Ordine dei Frati Minori, poiché più tardi appare membro della Provincia Ro­mana dell’Ordine. Non è dato sapere dove conseguì i suoi studi prima di ottenere a Parigi il titolo di magister in teologia. Il 9 giugno 1359 fu eletto mini­stro generale dell’Ordine nel capitolo generale te­nuto a Genova e conservò tale carica fino al 1366. Nel 1362 presiedette il capitolo generale di Stra­sburgo.

Tra il 1363 e il 1366 viaggiò in Italia in qua­lità di legato pontificio: il 5 luglio 1363 fu inviato da Urbano V in Piemonte per contenere le ambizio­ni territoriali del conte Amedeo VI di Savoia ai dan­ni del marchese di Monferrato; il 7 novembre del medesimo anno fu incaricato di concludere la pace tra Pisa e Firenze e il 28 maggio 1365 costituì una lega contro le incursioni delle milizie mercenarie in Italia. Con questi incarichi si conquistò la fidu­cia di Urbano V, che lo nominò nel 1366 cardinale prete assegnandogli da Avignone il titolo di S. Prassede. Il 3 luglio 1367 concluse per conto del papa la pace tra Genova e i Visconti di Milano. Nel 1368, dopo aver raggiunto il papa a Viterbo, si occupò delle trattative con la regina Giovanna I di Napoli, che aveva appoggiato i pirati.

Morì di peste a Vi­terbo il 3 sett. 1369 e fu sepolto nella chiesa con­ventuale di S. Francesco presso l’altare maggiore, dove nel Rinascimento gli fu eretto un sarcofago marmoreo da un certo frate Giuliano suo correli­gionario, che volle lasciare il proprio nome e la pro­pria effigie scolpiti sulla base del monumento. Sul sepolcro, quasi del tutto distrutto nella seconda guerra mondiale, era rappresentato lo stemma del frate, costituito da uno scudo a due partiti con fascia orizzontale nel primo a destra e tre bande ad ango­lo retto volte all’insù. Nel sec. XVI o forse più tardi fu aggiunto sul monumento un epitaffio in sua me­moria.

BIBL.-Bullarium franciscanum, VI, p. 670; Pinzi, III, pp. 332, 334, 360; HC, I, pp. 20, 45; Delorme 1908, p. 436; Mariano de Florentia 1908-11, pp. 83-86, 304-306; Mollat 1914-27, I, pp. 359, 362, 387, II, pp. 472, 512, 574; Scriattoli 1915-20, pp. 295-296, figg. 428-429; Abate 1929, pp. 161-162; Lippens 1933; Mollat 1955, pp. 52-58, 66; Ritzler 1971, pp. 32­33 (con fonti e bibl.).

[Scheda di Silvia Panti – Srst]