Pennazzi Splendiano Andrea – Ecclesiastico, agiografo (Soriano nel Cimino, 1667 – Ivi, 1739).
Non si conoscono i suoi studi, ma le opere rivelano una buona preparazione storica, filosofica e teologica. Almeno dal 1708 lavorò a Bagnoregio per il vescovo Onofrio Elisei, che lo nominò suo vicario generale per quella diocesi; prese parte agli esercizi spirituali indetti dal vescovo e al sinodo diocesano tenutovi nell’apr. 1710. In seguito fu vicario generale della diocesi di Orvieto, per conto del medesimo Elisei, che nel 1721 era stato trasferito alla diocesi orvietana portandovi con sé P., che molto stimava.
Scrisse varie opere d’interesse religioso, su argomenti morali, pastorali, liturgici, agiografici; la prima fu una guida morale per i giovani, scritta a Soriano (Paraenesis adolescentiae redivivae libri tres, Viterbii, ex typographia Petri Martinelli, 1704, dedicata al vescovo di Civita Castellana Simone Paolo Aleotti), poi riutilizzata in una versione molto più ampia in italiano (Il Paradiso dell’adolescenza o la scala d’oro della gioventù, Viterbo, per Giulio de’ Giulii, 1705, dedicata al Cardinal Andrea Santacroce vescovo di Viterbo). A Bagnoregio scrisse L’apologia del pastore o Instruzzione del parroco che desidera cedere al pericoloso reggimento dell’anime (Viterbo, per Giulio de’ Giulii, 1708), per la pubblicazione della quale ci fu qualche problema di modifica di passi di dubbia ortodossia, segnalati dal casuista gesuita Bonandrini, incaricato della ricognizione dell’opera per l’imprimatur. L’opera fu dedicata da P. al Cardinal Leandro Colloredo, uomo «di santissima vita» (Valesio), ben noto per il rigore delle sue posizioni e quindi atto, accettando l’opera, a dame un’immagine seria e inattaccabile.
Nel 1715 pubblicò un testo di liturgia (Epitome de’ sagri riti, e delle cerimonie della messa privata secondo la rubrica del messale romano, Roma, nella stamperia del de Martiis, 1715) che ebbe una discreta diffusione; l’anno dopo, in occasione di nuovi esercizi spirituali a Bagnoregio, il trattato La gerarchia ecclesiastica nell’ordine sacerdotale (Viterbo, per l’erede di Giulio de’ Giulij, 1716), dedicandolo al colto cardinale Annibaie Albani, nipote del papa regnante Clemente XI. Con questo patronato ai massimi livelli, raggiunto da P. in seguito all’acquisto di Soriano da parte della famiglia Albani (1715) e all’esser così divenuto loro «vassallo», il nome di P. ottenne una certa notorietà. Da allora l’autore, ben presto ascritto al ceto prelatizio con la nomina a protonotario apostolico, si dedicò a studi agiografici e storici relativi a Soriano e ad altri luoghi della Tuscia.
Nel 1721 uscì la Vita del glorioso s. Eutizio sacerdote e martire il di cui santo corpo riposa nel territorio di Soriano (Montefiascone, nella stamperia del Seminario, 1721), saggio su un prete del sec. III martirizzato a Ferento e molto venerato nel Viterbese (è patrono di Carbognano), sepolto a breve distanza da Soriano, sulla strada per Vignanello, presso catacombe dell’epoca. Seguì dopo due anni la Vita del glorioso s. Famiano, sacerdote, confessore e monaco cisterciense (Orvieto, appresso Livio Tosino stamp. pubbl., 1723), su un monaco morto nel 1150 a Gallese (ed ivi patrono, venerato in una chiesa romanica) al ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, opera dedicata al cardinal vicecancelliere Pietro Ottoboni; e dopo altri due anni la Vita di s. Cristina, stampata a Montefiascone nel 1725 ma oggi di difficile reperimento, dedicata alla patrona di Bolsena, vergine e martire durante le persecuzioni di Diocleziano, veneratissima nella cittadina lacustre e in tutta la zona.
La ricerca di P. sarà largamente sfruttata un secolo dopo nel Sacro apparecchio di Francesco Maria Cozza (Orvieto 1841), che si dichiara «ricavato dalle opere del Pennazzi», e in altre edizioni adespote della Vita, uscite a Prato e a Bologna. Al di là della materia agiografica, l’opera rivela interessi antiquari tipici della cultura erudita dell’epoca, e nell’investigazione del territorio l’autore rivela talora un acume da ricercatore, come quando individua le tracce di un’antica strada costiera del Lago di Bolsena in località Grancaro, dandone un’illustrazione topografica (tav. alle pp. 195-196). Sempre in relazione alla storia religiosa di Bolsena, che faceva parte della diocesi di Orvieto di cui P. era vicario, è l’Istoria dell’ostia sacratissima che stillò sangue in Bolsena sopra il SS. Corporale che si conserva nella cattedrale e gran duomo di Orvieto (Montefiascone, nella stamperia del Seminario, 1731), massiccio trattato sul celebre miracolo del 1263 per il quale fu istituita la festa del Corpus Domini, divenuto opera di riferimento negli studi storico-religiosi per aver presentato l’evento in una impostazione rigorosamente cattolica e fideistica sotto il profilo critico, senza con ciò rinunziare a una ricostruzione storica abbastanza avvertita per la cultura dell’epoca. L’opera sarà ripubblicata in estratto a Milano nel 1890.
In campo pastorale, va ricordata l’approvazione di P. all’istituzione di una Scuola pia per fanciulle a Bolsena, voluta da quel Comune su impulso di suor Lilia del Crocifìsso, della quale le prime maestre erano consorelle. Così anche a Bolsena, sia pure in forte ritardo rispetto alla fondazione di scuole femminili in altri luoghi del Viterbese, si avviò l’educazione scolastica femminile sul modello dato da Rosa Venerini. In una lettera del 17 nov. 1731 ai priori di Bolsena, P. non solo diede «tutto l’assenso» alla scuola, ma assegnò fondi per il suo mantenimento «essendo un’opera delle più necessarie nella repubblica cristiana».
Gli ultimi anni di P. furono dedicati alla compilazione di una Storia di Soriano, che però l’autore non pubblicò e che resta in un manoscritto del 1734; la narrazione degli eventi della sua patria si spinge fino a quell’anno e registra così il soggiorno che a Soriano fecero nel 1725 Giacomo III Stuart, re nominale di Gran Bretagna, e la sua sposa Clementina Sobieski. È stata opera di riferimento per i successivi storici della cittadina sul Cimino (Eutizio Peretti, Domenico David, Valentino D’Arcangeli).
BIBL. – Moroni, V, p. 312, XXIII, p. 302, LVIII, p. 54, CII, p. 9; Rhodes 1963, pp. 162, 167, 168, 172; Tammaro Conti 1977, nn. 214, 932; Carosi 1990, p. 243; Fagliari Zeni Buchicchio 1992, p. 25; Carosi 1997a, pp. 72, 85, 111, 343-344; Quattranni 2004, p. 10.
[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]