Malanotte Francesco Maria, o.p. – Teologo (Viterbo [?] 1624 – Roma 7 nov. 1701).

Frate do­menicano, fu maestro di teologia e penitenziere nel­l’Ordine. Dal 1671 fu delegato del Maestro del Sa­cro Palazzo Apostolico per il controllo sulla stam­pa a Viterbo, dove risiedeva nel convento domeni­cano di S. Maria in Gradi.

Poiché a Viterbo l’unica tipografia operante, all’epoca di Pietro Martinelli, riceveva una provvigione dal Comune per il pub­blico servizio esercitato nella stampa di bandi, edit­ti ed altri provvedimenti, le edizioni da pubblicare erano da molto tempo sottoposte, oltre che all’ap­provazione dell’autorità ecclesiastica, a quella pre­ventiva di «revisori» nominati dal Comune. M., ben conoscendo tale situazione e ritenendola illegitti­ma, d’accordo con il vicario del vescovo cardinal Brancaccio, ne fece denunzia al S. Uffizio, sottoli­neando l’abuso di tali controlli preventivi con fa­coltà di sottoscrivere la formula «con licenza de’ superiori» arrogatasi dalle autorità civili e lamen­tando che un tale abuso durasse da oltre un secolo, rischiando così di prender forza giuridica per via consuetudinaria.

Dato il forte appoggio del vesco­vo, che inviò una dichiarazione di protesta ai prio­ri del Comune, M. ottenne dal S. Uffizio una so­stanziale vittoria nella vertenza, nonostante la fiera resistenza del Comune che sostenne la propria po­sizione con abili controdeduzioni tramite il suo agente a Roma, Alessandro Argenti. Il Comune, pur riservandosi di far valere in futuro i propri diritti, rinunziò da allora alla nomina dei revisori e agli im­primatur, che nel 1671-1672 erano stati sottoscrit­ti da M. dopo l’approvazione degli incaricati citta­dini, come risulta in due edizioni dell’epoca e fu­rono da allora riservati alla sola autorità ecclesia­stica.

In seguito M. visse a Roma nel convento do­menicano di S. Maria sopra Minerva, ed ebbe par­te nella Curia generalizia del suo Ordine.

FONTI e BIBL. – AVR, Parr. di S. Maria sopra Minerva, Mor­ti, V, ad diem 7.11.1701; Carosi 1990, pp.21, 177, 178.

[Scheda di Orietta Sartori – Ibimus]