Albani Francesco – Pittore (Bologna, 17 mar. 1578 – Bologna, 4 ott. 1660).
Figlio di Agostino e di Elisabetta Torri, intorno al 1595 era probabilmente già nello studio dei Carracci che tenevano cattedra a Bologna e in questa città si collocano le sue prime esperienze. La moglie Anna Rusconi morì dando alla luce la figlia Elisabetta (1614). Spostatosi a Roma insieme a Guido Reni continua la collaborazione con Annibale Carracci e per questa via arrivano le prime committenze importanti.
Nel 1609 progettò e realizzò la decorazione ad affresco della galleria di palazzo Giustiniani, oggi Odescalchi, a Bassano di Sutri (Viterbo), consacrando il suo nome tra gli artisti e i critici contemporanei. La commissione gli derivò dal marchese Vincenzo Giustiniani, il quale, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione della sua tenuta, affidò all’A. l’impresa decorativa dell’ambiente situato nell’ala nord del palazzo prospiciente il giardino, ovvero la galleria. Il lavoro, di grande impegno per il pittore data la vastità dell’ambiente (12,40 x 6,20 m), gli comportò un soggiorno di circa sette mesi, seppur non continuativo. I documenti di pagamento datano tra sett. 1609 e giugno 1610. Il ciclo decorativo si dispiega sul soffitto e lungo le pareti della galleria ed è incentrato sul tema mitologico della Caduta di Fetonte, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Si trova così dipinto sulla volta della stanza il momento in cui Fetonte, figlio del dio Apollo, punito da Giove per la presunzione di aver voluto guidare il carro del Sole, precipita sulla Terra. La scena avviene al cospetto degli dei riuniti in assemblea. Sulle pareti invece vengono narrati in otto episodi gli effetti sulla Terra del tragico errore di Fetonte. L’impaginatura del racconto rinnova gli esempi romani post-raffaelleschi in quanto la narrazione degli episodi avviene su finti arazzi alternati ad altri appositamente arrotolati sopra porte e finestre o scoprenti abilmente finte nicchie con busti antichi, scorci architettonici, putti o scenette monocromate. Sulla volta, al contrario, A. non costruì un’intelaiatura architettonica con quadri riportati sul modello della Galleria Farnese di Annibale Carracci, come ci si aspetterebbe, bensì realizzò uno spazio illusionistico aperto e sorretto da arditi scorci.
Dopo il 1620 vi furono brevi soggiorni a Mantova, ancora a Roma, a Firenze e poi il rientro definitivo a Bologna dove continuò ad operare sino alla morte che lo colse nel 1660 quando aveva ottantadue anni.
BIBL.: F. Liuzzo, voce Albani Francesco in Regione Lazio, Dizionario storico biografico del Lazio, Vol. I, Roma 2009, p. 33; A. Boschetto, voce Albani Francesco in Dizionario biografico degli italiani, Vol. I, Roma 1960, pp. 601-604. D. Benati in La pittura in Italia. Il Seicento, Vol. II, p. 608.
[Revisione di Luciano Osbat – Cersal]