Baglioni Farnese, Ortensia – Feudataria (? – Roma, 2 aprile 1582)
Figlia di Beatrice Farnese di Latera e di Antonio Baglioni, patrizio perugino morto intorno al 1522, signore di Castel di Piero (oggi San Michele in Teverina), Graffignano e Sipicciano, nonostante il cognome paterno O. nella vita preferì sempre utilizzare quello materno.
Si era sposata intorno al 1531 con Sforza Marescotti, capitano di ventura, dal quale aveva avuto due figli: Alfonso, futuro Conte di Vignanello, e Beatrice, monaca nel Convento di S. Bernardino a Siena.
Nell’aprile del 1531 Clemente VII aveva dato Vignanello in feudo alla madre Beatrice, a causa delle perdite avute dal marito in vari contenziosi; O. era diventa Contessa di Vignanello con il marito nel 1536, dopo la morte della madre, avvenuta nel dicembre del 1535 o gennaio del 1536, su decisione di papa Paolo III.
Sforza Marescotti fu assassinato a Vignanello nell’agosto del 1538, in circostanze poco chiare: per l’occasione Paolo III nominò tutore dei due figli di Ortensia e Sforza lo zio di Ortensia Antonio Baglioni di Sipicciano. Un anno dopo O. passò a seconde nozze con Girolamo di Marsciano, con il quale governò Vignanello per cinque anni. Girolamo compilò un nuovo statuto in lingua italiana, quasi in tutto simile a quello redatto dal Nardini. Il 16 settembre 1539 fu stabilita una concordia fra O. e Girolamo e i Vignanellesi.
O. ebbe da Girolamo due figli, Marcantonio e Girolamo. Il marito morì anch’egli in circostanze misteriose a Vignanello nel 1545. Paolo III nominò O. tutrice dei due figli: Girolamo nasce postumo a Sipicciano, dove O., accusata dai Vignanellesi di essere la mandante dell’assassino di suo marito, si era rifugiata presso lo zio Antonio, dando poi inizio alla ristrutturazione del palazzo.
Nel 1548 O. era tornata a Vignanello, che governò da sola per tre anni e mezzo, prima di passare a terze nozze nel 1549 con Ranuccio Baglioni, da cui ebbe due figlie, Lavinia ed Elena. Ranuccio Baglioni era figlio di Lavinia dei Conti di Marsciano e di Galeazzo Baglioni, un parente di Malatesta IV Baglioni di Perugia. Il matrimonio gli fruttò una dote di 6500 scudi, mentre la moglie ricevette in dono il feudo di Parrano, donazione però non ratificata.
Il rapporto fra O., Ranuccio e i Vignanellesi fu turbolento; Ranuccio vide regolarmente respinte dal Consiglio della comunità le sue richieste, e la tensione aumentò finché nel settembre del 1553 Ranuccio fu ucciso in una imboscata mentre si recava a visitare lo scavo del fossato intorno al castello.
Seguì un periodo complesso, con vari processi; anche O. è processata, con la ipotesi che difficilmente i vassalli avrebbero potuto ordire una congiura senza l’appoggio di una parte della famiglia. Dall’accusa è assolta nel 1554, riprendendo in mano col figlio Alfonso il governo del feudo.
Tuttavia, nel 1556, la testimonianza di un vassallo, Marcantonio Paolocci, uno dei fuoriusciti a causa del delitto di Ranuccio, aveva messo sotto accusa nuovamente O., rea secondo il testimone di aver ucciso non solo Ranuccio ma anche Girolamo. Marcantonio stesso ucciderà poco dopo uno dei fuoriusciti riammessi da O. e Alfonso, del quale delitto sarà poi accusato come mandante proprio Alfonso, che fu imprigionato a Tor di Nona.
Il processo era durato due anni e aveva portato alla condanna e alla pena capitale per quattro vignanellesi. Finalmente, nel 1558, la vicenda si era chiusa e Alfonso era tornato in libertà nel giugno dello stesso anno. A questo punto Alfonso aveva preso in affitto dalla madre il feudo di Vignanello, ma i ripetuti tentativi di O. di far accettare Alfonso come signore avevano cozzato sempre contro il rifiuto dei Vignanellesi: lo scontro fra la comunità e i Signori si risolverà a favore di questi ultimi nel 1572. Nel 1565 O. aveva stabilito che la successione nella Contea di Vignanello dovesse avvenire solo per linea maschile.
Nel frattempo si era resa protagonista di un’altra vicenda intricata: il possesso del Castello di Parrano. Si era aperta una aspra contesa con la figlia Elena, che cercava di uscire dalla sfera di influenza della madre. Nel 1565 O. aveva dichiarato di avere ricevuto indietro da Elena 6000 scudi della sua dote, abbonandogliene 500. Ortensia, in quel momento, dimorava a Parrano. Il 25 aprile 1567, Elena era morta improvvisamente. Si era aperta una controversia sul possesso di Parrano, e contemporaneamente O. era stata accusata di aver avvelenato la figlia. Dopo un’aspra battaglia legale, fu assolta e ottenne la restituzione del Castello di Parrano, che da quel momento rimarrà sotto la giurisdizione dei Marescotti. Per queste vicende O. è ricordata negli anni successivi come la “Lucrezia Borgia di Parrano”.
Il 9 marzo 1574, nel giorno in cui vengono stipulati i patti dotali fra Marco Antonio Marescotti, figlio di Alfonso e nipote di Ortensia, e Ottavia Orsini, figlia di Vicino, padre e nonna donano a Marco Antonio tutti i loro castelli. Nel periodo fra il 1574 e il 1582, durante il quale Alfonso fu varie volte arrestato, O. si curò del feudo di Vignanello insieme a Ottavia. Muore il 2 aprile 1582 e fu sepolta nella chiesa di S. Girolamo della Carità a Roma.
BIBL. e FONTI – Giovan Francesco Lagrimanti, “Memorie delli Padroni di Vignanello”, Biblioteca Angelica, Roma, ms. 1588; Archivio Segreto Vaticano (ASV), Armadio XXXVI, vol. 4, ff. 832-835, ff. 824-827; ASV, Archivio Ruspoli-Marescotti (ARM), faldone 2, docc. 13-15, faldone 3, doc. 7. – C. Mancini, Orazio Bernardo Pittore Viterbese, in “Biblioteca e Società”, nn. 1-2. Viterbo 2002; Carmine Iuozzo, Feudatari e Vassali a Vignanello, Viterbo, Agnesotti Editore, 2003; Arnaldo Casali, La leggenda nera di Ortensia Baglioni, in “Medioevo”, Agosto 2018; Alberta Campitelli, La Rocca e il Borgo di Vignanello dai Farnese ai Ruspoli, in La dimensione europea dei Farnese, Bulletin de l’Institute Historique Belgique de Rome, nn. 62-63, 1992-1993.