Buratti, Mariano – Insegnante, partigiano (Bassano Romano, 15 gen. 1902 – Roma 31 gen. 1944).

Primogenito di sei figli (il padre Benedetto era stato sindaco di Bassano Romano) studiò prima al seminario di Sutri e poi ad Alatri. Tra il 1922 e il 1927 prestò servizio prima nell’esercito e poi nella Guardia di finanza. Dal 1934 al 1937  aveva partecipato come volontario alla Guerra d’Etiopia e dopo il 1941 fu richiamato per alcuni mesi nella Guardia di finanza. Aveva insegnato a lungo nelle scuole elementari poi si era iscritto alla Facoltà di pedagogia dell’Università di Roma e qui si era laureato nel 1941. Si era sposato molto presto e la prematura morte della prima moglie e di due figli gli ispirarono il suo unico volume di poesia, Focolare spento. Liriche (Roma, P. Maglione, 1934). Risposato con Maria Bianchini di Viterbo, ebbe un figlio. Dopo la laurea ebbe la cattedra di storia e filosofia presso il liceo Umberto I a Viterbo, poi a lui intitolato il 31 gen. 1964.

Non aveva precedenti politici alle spal­le quando, dopo il 25 luglio, organizzò una sezione del Partito d’Azione e, subito dopo l’8 settembre, costituì nei boschi circostanti San Martino la prima banda armata sui Monti Cimini, designata anche col suo nome.

La “Banda del Cimino” e quella diret­ta da Manlio Gelsomini erano le formazioni partigiane più attive del Nord del Lazio, che poi si col­legarono nel più largo raggruppamento “Monte So­ratte”, con sede centrale a Roma sotto il comando del colonnello monarchico Siro Bernabò. La banda effettuava colpi di mano per impossessarsi di armi, distruggeva automezzi tedeschi e spargeva chiodi a tre punte sulle strade battute dagli occupanti. L’ar­resto a opera delle SS avvenne il 12 dic. 1943 pres­so ponte Milvio, mentre procedeva in auto da Vi­terbo con una forte somma di denaro, dopo una riu­nione tra partigiani tenuta nella notte a casa di Ma­ria Anselmi. Condotto a Regina Coeli con l’accusa di porto d’armi abusivo, venne trasferito a via Tas­so: torturato, si addossò ogni responsabilità degli atti di guerra compiuti dalla sua banda. Venne fuci­lato a Forte Bravetta con altri nove compagni «per­ché preparavano atti di sabotaggio contro le forze armate germaniche e capeggiavano altri attentati contro l’ordine pubblico della città di Roma». La famiglia non seppe nulla della fucilazione  e la salma del B. fu riconosciuta da brandelli di vestiti e dalla protesi dentaria dato che il volto era irriconoscibile per i pestaggi ricevuti.

Me­daglia d’oro al valor militare con la motivazione: “Nobilissima tempra di patriota, valente ed appassionato educatore di spiriti e di intelletti, raccoglieva intorno a sé, tra i monti del Viterbese, un primo nucleo di combattenti dal quale dovevano sorgere poi valorose formazioni partigiane. Primo fra i primi nelle imprese più rischiose, animando con l’esempio e la parola i suoi compagni di lotta, infliggeva perdite al nemico e riusciva ad abbattere un aereo avversario. Arrestato in seguito a vile delazione, dopo aver sopportato, con la fierezza dei forti e col silenzio dei martiri, indicibili torture, veniva barbaramente trucidato dai suoi aguzzini. Esempio purissimo di sublime amor di Patria”.

BIBL. – D’Agostini – Forti 1965, p. 135; Piscitelli 1965, pp. 217-218; Sguario 1993, pp. 27-28; De Simone 1994, p. 79; Pompeo 2000, pp. 51-52, 56, 64, 68; A. Quadrani, Le Medaglie d’Oro al valor militare della Tuscia, Viterbo, 2003, pp. 29-30; G. Severino, Mariano Buratti in http://www.anpiosimo.it/joomla/images/pdf/buratti.pdf (2018); M. Onofri, Gatti e Tignosi, Viterbo, 1994, capitolo su “Mariano Buratti”.

[Scheda di Gabriella Spigarelli – Fgb; integrazioni di Luciano Osbat – Cersal]