Caldarelli, Nazzareno (noto con lo pseud. Vincenzo Cardarelli) – Poeta, letterato ( Tarquinia, 1° mag. 1887 – Roma, 15 giu. 1959).
Nacque dall’unione senza matrimonio di Antonio Romagnoli, di origini marchigiane, piccolo commerciante e poi gestore del buffet della stazione, e di Giovanna Caldarelli, che gli diede il cognome e che lo scrittore ritroverà inaspettatamente nel 1929. La relazione finì presto e C. e la secondogenita Assunta rimasero con il padre, anche quando questi sposò una donna lombarda, da cui nacque Bettina, sorellastra che C. frequenterà negli anni a venire. Dopo la precoce e rimpianta scomparsa della matrigna fu affidato a dozzina presso varie famiglie del paese, mentre i suoi studi non andarono oltre le scuole elementari. Dopo la morte del padre nel 1906 si trasferì a Roma, dove si adattò a molti lavori e frequentò ambienti del sindacalismo rivoluzionario, scrivendo sui giornali «La lotta», «L’Azione», «Il germoglio», per entrare, poi, dal 1909, come correttore di bozze e poi redattore e critico teatrale all’«Avanti!». Quando il giornale si trasferì a Milano, nel 1911, C. si fece liquidare e si spostò a Firenze dove pubblicò versi e brevi prose su «La Voce», il « Marzocco» e «Lirica».
Tra il 1910 e il 1912 ebbe una relazione con Sibilla Aleramo, mentre si consolidavano, con varie vicende, i rapporti con il mondo intellettuale romano, fiorentino e milanese, attestati dal ricco Epistolario (1907-1957) a cura di Bruno Blasi (introduzione di Oreste Macrì, 3 voli., Tarquinia, Ebe, 1987), che documenta anche i frequenti viaggi di C. nella prima parte della sua vita. Particolarmente significative furono le amicizie con Riccardo Bacchelli ed Emilio Cecchi. Nel 1914, ottenuta una borsa di studio, partì per la Germania, ma, sorpreso dall’inizio della guerra, si fermò per cinque mesi a Lugano, dove portò a termine il lavoro di Prologhi, già iniziato nel 1913. Iniziata la partecipazione italiana alla guerra venne scartato alla visita militare per una malformazione al braccio sinistro. Dopo aver pubblicato il volume di poesie e prose Prologhi (Milano, Studio Editoriale Lombardi, 1916), in cui raccolse, come farà quasi sempre, testi già pubblicati in periodici, sarà, dal nov. 1917 al feb. 1919, critico teatrale per il quotidiano «Il Tempo». Nel 1919, insieme a Riccardo Bacchelli, Antonio Baldini, Bruno Barilli, Emilio Cecchi, Lorenzo Montano, Aurelio Saffi, fondò la rivista «La Ronda» (1919-1923), di cui sarà gran parte, scrivendone anche il testo programmatico. In questa esperienza C. è convinto di aver trovato una strada, simboleggiata in seguito dall’autore stesso nella metafora del passaggio da Nietzsche a Leopardi, per ancorare il nuovo nella tradizione e nel suo linguaggio più alto e più comunicativo, sotto gli auspici di quello che sarà, appunto, il suo nume tutelare, il Leopardi delle Operette morali e dello Zibaldone. A quell’esperienza vanno ricondotti gli apologhi e le moralità del volume di prose e poesie Viaggi nel tempo (Firenze, Vallecchi, 1920), mentre accenti nuovi si trovano in Favole e memorie (Milano, Bottega di Poesia, 1925), soprattutto nelle favole della creazione e nelle pagine di scrittura memorialistica.
Dal 1925 inizia una fitta e sistematica collaborazione a giornali e periodici, tra cui «Il Tevere» (1925), l’«Italiano» (1926), la «Gazzetta del Popolo» (1928), l’«Italia letteraria» (1929), «Il Resto del Carlino» (1930), «Quadrivio» (1933), «Primato» (1940). La collocazione delle testate qui ricordate, la poesia Camicia nera, alcune affermazioni contenute in Parliamo dell’Italia (Firenze, Vallecchi, 1931), con la visione del fascismo come stato popolare, il mito stesso del rondiano «ritorno all’ordine» hanno portato, forse, a sopravvalutare i legami tra il regime e lo scrittore. Questi rimase, infatti, interessato prevalentemente alla letteratura, come mostrano anche le aspre polemiche aperte nel 1932 da un attacco alla letteratura contemporanea scritto da C. su «Il Resto del Carlino» e proseguite l’anno successivo nella contrapposizione tra «contenutisti» e «calligrafi». Dalle collaborazioni ai periodici sopra ricordati nasceranno gli altri libri di C., costruiti, quindi, con scritti sottoposti a riprese da altre sedi, modifiche, aggiustamenti in architetture diverse, in un processo che sarà particolarmente evidente a partire dal 1934. Crebbe anche l’aneddotica intorno al personaggio, al frequentatore assiduo del Caffè Aragno, al conversatore caustico e brillante. Nel 1928, come inviato del quotidiano romano «Il Tevere», C. fece un viaggio in Russia, raccogliendone in volume gli articoli pubblicati solo più tardi (Viaggio d’un poeta in Russia, Milano, Mondadori, 1954, premio Polimnia a Napoli, ex aequo con Dino Buzzati). Ancora un libro di prose e poesie, Il sole a picco (Bologna, L’Italiano, 1929), gli valse, nel 1929, il premio Bagutta. Sempre nel 1929 raccolse, dando loro un diverso ordinamento, tre volumi precedenti (Prologhi, Viaggi, Favole, Lanciano Carabba) e pubblicò le prose di Parole all’orecchio (Lanciano, Carabba). In seguito C. staccò le poesie dalle prose, nella costruzione di un suo piccolo canzoniere: Giorni di piena (Roma, Novissima, 1934), Poesie (Roma, Novissima, 1936), Poesie (Milano, Mondadori, 1942), che inaugura, per le cure di Giansiro Ferrata, la collana «Lo specchio», Poesie nuove (Vicenza, Neri Pozza, 1946), Poesie (Milano, Mondadori, 1948), Poesie (Milano, Mondadori, 1958, premio Etna-Taormina 1959).
A questa parte della produzione di C. la critica tende a dare sempre maggior valore, considerando il poeta assai più lontano del prosatore dai rischi della maniera e trovando nella sua opera in versi la misura forse più alta della sua ricerca di stile. Nella poesia di C. i sentimenti del trascorrere del tempo, dell’amore difficile, della memoria, del paesaggio si esprimono, attraverso il controllo dell’intelligenza e dello stile, in immagini la cui semplicità è frutto di studio attento e di gusto raffinatissimo. Il cielo sulle città (Milano, Bompiani, 1939; seconda edizione ampliata Milano, Mondadori, 1949) raccoglie i testi di viaggio pubblicati ne «La Gazzetta del Popolo». Dal 1940 C. iniziò la collaborazione con il settimanale «Tempo» di Alberto Mondadori, nel 1941 quella con il «Corriere della Sera». Negli anni della guerra pubblicò due libri personali e toccanti, Rimorsi (Milano, Urbinati, 1944) e Lettere non spedite (Milano, Urbinati, 1944; Roma, Astrolabio, 1946). L’aiuto di amici milanesi per le difficili condizioni economiche di C. si tradusse nella collaborazione offertagli dal 1946 dai due quotidiani milanesi «Milano-sera» e «Il Tempo di Milano» e in una vendita all’asta di loro opere organizzata da artisti come Carrà, De Pisis, Morandi. Dal 1948 iniziò anche la collaborazione ai due quotidiani romani «Il Messaggero» e «Il Giornale della Sera», a cui si aggiungerà, dal 1953, quella al bolognese «Giornale dell’Emilia». Un bilancio autocritico della sua attività letteraria è Solitario in Arcadia (Milano, Mondadori, 1947), raccolta di scritti fondamentali per comprendere l’itinerario estetico e morale di uno scrittore che rivendica i meriti di un’orgogliosa solitudine nel mondo delle lettere contemporanee. Seguirà Villa Tarantola (Milano, Edizioni della Meridiana, 1948), con cui vinse il premio Strega. Negli ultimi anni, a dispetto dei gravi impedimenti fisici, fu assiduo frequentatore della libreria Rossetti e del Caffè Strega a via Veneto, critico teatrale de «Il Tempo» di Roma e direttore de «La Fiera letteraria» dal 1949 al 1955. Tra gli scritti pubblicati postumi, oltre al già citato Epistolario (1907-1957), vanno segnalati La poltrona vuota, a cura di Gian Antonio Cibotto e Bruno Blasi, Milano, Rizzoli, 1969; Lettere d’amore a Sibilla Aleramo. Poesie inedite, a cura di Gian Antonio Cibotto e Bruno Blasi, Roma, Newton Compton, 1974.
La città di Tarquinia e la Società tarquiniense di arte e storia sono stati attenti a celebrare il loro illustre concittadino, promuovendo convegni, scrivendo articoli, dedicandogli un monumento inaugurato nel 1969 e istituendo il Premio letterario “Vincenzo Cardarelli” creato nel 1962. (poi Premio internazionale Tarquinia “Vincenzo Cardarelli”). Il fatto che Bruno Blasi, curatore di molte opere di C. e su C., sia stato sindaco di Tarquinia negli anni Settanta e grande promotore della Società tarquiniense di arte e storia ha reso più agevole tali atti di riconoscenza al poeta.
BIBL. – Felice del Beccaro in DBI, 16, pp. 575-581; Vincenzo Cardarelli. Opere, a cura di Clelia Martignoni, Milano, Mondadori, 1981, per testi e bibl. (da integrare con le notizie fomite dalla stessa autrice alle pp. 1802-1804 dell’Antologia della poesia italiana, diretta da Cesare Segre e Carlo Ossola, III, Ottocento-Novecento, Torino, Einaudi, 1999, in cui Martignoni cura la scelta delle poesie di C. alle pp. 931 -947). Si veda anche Caterina Verbaro, Cardarelli, in Storia letteraria d’Italia. Il Novecento, a cura di Giorgio Luti, II, Dagli anni Venti agli anni Ottanta, Padova, Piccin, 1993. Altri aggiornamenti in Vincenzo Cardarelli. Il sogno, la scrittura, atti del convegno di studi Tarquinia – Viterbo (8-9 nov. 2001), a cura di Luigi Martellini, presentazione di Franco Lanza, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. Gli scritti giornalistici giovanili si reperiscono in Pagine sparse (1904-1912). Giornali romani e fiorentini, a cura di Clelia Martignoni, Roma, Bulzoni, 1988; a cui si aggiunga Vincenzo D’Alterio, Vincenzo Cardarelli sindacalista rivoluzionario. Politica e letteratura in Italia nel primo Novecento, Roma, Bulzoni, 2005 e, per i rapporti con il fascismo, Charles Burdett, Vincenzo Cardarelli and his contemporaires. Fascist politics and literary culture, Oxford, Oxford University Press, 1999.