Castellesi, Adriano – Cardinale (n. Tarquinia, 1461-sec. XVI).
Proveniente da una famiglia attiva nella vita pubblica della città di origine, non si hanno sue notizie fino alla menzione del 2 marzo 1480 nel Liber fraternitatis di S. Spirito in Saxia, che ci attesta la sua presenza a Roma, dove trovò una prima sistemazione come membro del Collegio dei sollecitatori delle lettere apostoliche. Sposatosi in data sconosciuta, sicuramente dopo il 1485, con una certa Brigida di Bartolomeo, dopo poco tempo, per ambizioni di una carriera ecclesiastica, chiese e ottenne dal papa Innocenzo VIII (breve del 4 apr. 1489) l’annullamento del matrimonio in quanto non consumato. Dopo una missione di pace in Scozia non condotta a termine, nel 1488 fece ritorno a Roma, dove il 25 maggio 1490 rinunciò all’ufficio di notaio della Camera apostolica ed entrò a far parte della famiglia del cardinale Balue. Nel 1490 Innocenzo VIII lo nominò collettore della S. Sede in Inghilterra, dove fu presente fin dal 5 dicembre e nel cui incarico fu confermato da Alessandro I. Nell’estate del 1494 fu a Roma con funzione di procuratore di Enrico VII; qui, con il favore del Borgia, tentò la corsa al cardinalato: il 2 die. 1494 il «clericus cometanus, cubicularius et scriptor litterarum apostolicarum» fu nominato chierico di Camera; il 31 luglio 1496 a S. Maria del Popolo, presente il pontefice, pronunciò un’omelia in cui celebrò l’ingresso del re d’Inghilterra nella lega conclusa fra Alessandro VI, Massimiliano, i reali di Spagna, Venezia e Milano. Nel marzo 1498 offrì inutilmente al papa 20.000 ducati per ottenere la porpora. Nel 1502 favorì i tentativi del papa di staccare Venezia dall’alleanza con i Francesi, sicché l’oratore Marino Zorzi il 20 marzo scrisse alla Signoria: «Oggi messer Adriano, segretario pontificio, il quale, ancorché duro e sinistro uomo, pure dimostra esser molto favorito dal pontefice, mi è stato intorno ed hammi per spazio di forse due ore rotto il capo» sull’opportunità di spezzare l’alleanza franco-veneta. Il 3 genn. 1503 partecipò all’arresto del cardinal Battista Orsini nel Palazzo Apostolico rivelandosi addentro ai più segreti maneggi dei Borgia. Il 31 maggio dello stesso anno fu creato cardinale con il titolo di S. Crisogono, probabilmente pagando la porpora. Il 6 agosto dello stesso anno in seguito a un banchetto avutosi nella vigna del C., il cardinale stesso e Cesare Borgia si ammalarono, e il pontefice morì. Sebbene gli storici contemporanei tendano a vederne la causa nella malaria allora imperante a Roma, per molto tempo si è creduto che il vero responsabile fosse il veleno propinato dai Borgia, avidi delle ricchezze del C., che per sbaglio o astuzia fu dato anche a loro. Sebbene nel conclave per la scelta del nuovo pontefice favorisse l’elezione di Giulio II, durante il suo pontificato sembra relegato nell’ombra, partecipando solo alla marcia contro Bologna, il 26 ago. 1506, per sottrarla alla signoria dei Bentivoglio. Tale viaggio fu prolifico dal punto di vista letterario: l’itinerario da lui compiuto, insieme agli avvenimenti più importanti, costituiscono il tema di un poemetto latino, Iter Iulii pontificis, mentre dalle discussioni con i sapienti bolognesi nacquero il De vera philosophia, stampato a Bologna nel 1507, e l’ideazione del De sermone latino. Il 1 ° sett. 1507 fuggì improvvisamente da Roma, forse per il timore delle reazioni di Giulio II, in seguito alla lettura di alcune lettere inviate a Enrico VII d’Inghilterra, contenenti alcune critiche. Rifugiatosi a Spoleto, tornò il 10 settembre a Roma dopo aver ottenuto il perdono papale. Più lunga fu la fuga del 7 ottobre dello stesso anno, che lo vide risiedere dapprima a Trani e poi a Padova, per far ritorno a Roma solo all’indomani della morte del papa, avvenuta il 21 feb. 1513. Nel conclave del 4 marzo, dopo aver osteggiato l’elezione del cardinale de’ Medici, in un secondo momento lo appoggiò, pur di contrastare l’ascesa di Riario. Sotto il pontificato di Leone X, pur non rivestendo posti di rilievo, ottenne alcuni incarichi: nell’apr. 1513 fu incaricato di portare avanti le trattative con il duca di Ferrara, venuto a Roma, per la composizione delle vertenze con la Santa Sede Apostolica; nel gen. 1514 accompagnò Leone X a Corneto, dove venne estratto miracolosamente vivo dalla casa crollata in cui era alloggiato. In seguito alla congiura capeggiata da Alfonso Peducci contro il papa, sventata nel 1517, il C. dovette pagare un’ammenda di 12.500 scudi e l’obbligo di non uscire da Roma dietro riconoscimento di colpevolezza e richiesta di perdono. Tuttavia, non sentendosi al sicuro dalle rappresaglie del papa, il C. il 20 giugno fuggì da Roma per Tivoli, e poi per Venezia. Nel frattempo il suo palazzo sulla via Alessandrina in Borgo e la casa in Agone vennero requisiti rispettivamente dall’imperatore e dal papa. Più volte il papa tentò di farlo ritornare a Roma, preoccupato di una seconda congiura, promettendogli l’incolumità, ma il C., sebbene tentato, non accettò, vedendosi le sue proprietà confiscate: la sua proprietà in Parione, comprata da Lorenzo Cybo, nipote del papa, la vigna presso il Belvedere e l’area della Meta. Il 1° dic. 1521, in seguito alla gradita notizia della morte del pontefice, il cardinale si mise in cammino per Roma, ma da quel momento non si sa più nulla di lui, probabilmente ucciso per cupidigia dal suo servo. Sebbene la vita avventurosa ne abbia decretato la fama, molto si deve alla sue doti di letterato e filosofo semplice ed elegante, nonché al palazzo su via Alessandrina, fatto costruire su disegno del Bramante (oggi Giraud-Torlonia). Le sue opere spaziano dal poemetto Venatio, narrazione in versi di una battuta di caccia alle Acque Albule, composto in onore del cardinale Ascanio Sforza, a trattati di filosofia, quali il De vera philosophia, a scritti stilistici e grammaticali come il De sermone latino.
BIBL.: C. Romano, voce Adriano IV, in Regione Lazio, Dizionario storico biografico del Lazio, volume I, Roma 2009, pp.17-18; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. I, Viterbo 1907, pp. 128-129; P. Lamma, voce Adriano IV in DBI, vol. 1, Roma 1960, pp. 11-12.
[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]