De Silvestris Florido – Musicista, letterato, edi­tore (Barbarano Romano, ca. 1610 – Roma 1674).

Sua madre, Giovanna Fabreschi, era nipote di Giovanni Battista Fabreschi, generale del­l’Ordine dei Somaschi e a sua volta zio del Cardinal Girolamo Cennini (1566-1645). Queste relazioni devono aver giovato a Florido, che divenne sacer­dote e studiò musica (il Cardinal Cennini era un musicofilo e protesse il compositore umbro Cristoforo Piochi). La sua formazione musicale non è nota, ma divenne cantore con voce di basso. Fu canonico del­la collegiata di Bracciano: così egli stesso si quali­fica in una scritta autografa apposta sulla parte di alto dei Madrigali op. 5 di Francesco Pasquali Mae­stro di cappella della cattedrale di Viterbo (Roma 1627). A Bracciano viveva ancora nel 1632, quan­do vi fece rappresentare la sua commedia I due fra­telli discordi (poi edita nel 1639), probabilmente per il duca Paolo Giordano Orsini, e nel 1638-1639, quando da Bracciano datava le dediche di sue com­medie, ivi stampate da Andrea Fei. Il titolo di ca­nonico fu usato da D. per tutta la vita e compare sui frontespizi delle opere da lui curate. Almeno dal 1643 fu attivo a Roma come basso della cappella musicale di S. Spirito in Saxia (De Angelis); nei do­cumenti di quella chiesa, annessa al grande Archiospedale di S. Spirito, è registrato come cappellano cantore dal nov. 1646 al set. 1655. Subito dopo (al­meno dal gen. 1656) passò a lavorare nella chiesa di S. Giacomo degli Incurabili, annessa a un altro ospedale romano, dove pure, oltre che come sacer­dote, fu attivo cantando da basso. Ivi rimase fino alla morte. Fu sepolto sotto uno dei due organi di quella chiesa.

La maggior notorietà di questo per­sonaggio è dovuta alla lunga serie di antologie mu­sicali da lui curate e pubblicate: se ne trae un pre­zioso panorama della produzione sacra (soprattutto mottetti) e profana dei compositori d’area romana del tempo, con notizie sui loro incarichi all’epoca delle edizioni. Alcune di queste antologie ebbero una circolazione europea. Il tramite per questa atti­vità fu offerto a D. dallo stampatore di Bracciano, Fei, che nelle proprie officine di Roma e di Brac­ciano era ben attrezzato anche per stampare musica.

All’inizio D. puntò su «classici» dal sicuro esito commerciale: il Directorium chori, curato ses­sant’anni prima da Giovanni Guidetti ma ancora molto richiesto per le esigenze liturgiche di catte­drali e collegiate, con i necessari aggiornamenti alle riforme del breviario e alle intonazioni di inni e an­tifone (stampato alla fine del 1641), il Primo libro de Madrigali a quattro voci di Jacob Archadelt (1642, da un secolo modello anche scolastico) e, sempre in campo didattico, la Scala di musica di Orazio Scaletta (1642) e le due più rinomate rac­colte di Ricercari, quelli del Lupacchino (1642) e quelli del Metallo (1643). Ma dallo stesso 1643 D. passò a pubblicare antologie di mottetti, composti, secondo quanto recita il frontespizio della prima sil­loge, «a celeberrimis musices eruditis auctoribus»; tra loro ricorrono i nomi di Francesco Foggia, Ora­zio Benevoli, Giacomo Carissimi, Antonio Maria Abbatini, Virgilio Mazzocchi, Bonifacio Graziani. In quasi tutte le antologie figura, con uno o due brani, lo stesso D., che si dimostra preparato anche sot­to il profilo compositivo. I mottetti non superano le cinque voci, venendo incontro alle esigenze delle cappelle musicali di ridotte dimensioni, che si mol­tiplicavano nei centri maggiori e minori d’Italia. Il rapporto privilegiato con Fei durò fino al 1647, ma già da due anni prima D. aveva iniziato a pubblica­re presso l’importante tipografia di Lodovico Grignani; in seguito si servì di quelle di Robletti, di Collini, di Mascardi, di Lazzari, di Coltellini, di Moneta, di Belmonti, di Muzi; nel 1668 si rivolse al figlio di Andrea Fei, Giacomo; per le pubblicazio­ni non musicali incaricò altre tipografie, a Roma e in altre città.

Se ne ricava l’impressione di una vo­lontà d’esser libero nella propria molteplice attivi­tà di autore, curatore ed editore.

Le antologie riflettono la pratica degli autori in piena attività; rare le eccezioni, come i singoli mottetti di Paolo Agostini, Filippo da Cavi o dell’anziano Do­menico Massenzio. Diverso il caso di Bernardino Vannini da Barbarano, alle cui opere D. dedicò un’intera raccolta come omaggio al maggior musi­cista della sua terra natale (1666). Nell’antologia del 1659 un mottetto per basso solo, di autore ano­nimo ma dedicato a D., appare come omaggio alla voce del curatore, che doveva essere estesa e capa­ce di passaggi virtuosistici.

Musicista fu anche un suo nipote, Basilio (Barbarano 1632 – Roma 27 ag. 1654), detto «Gullanera»; un suo madrigale a tre voci e continuo («Cingete fior cingete») fu pubbli­cato dallo zio nel Florido concento, parte prima del 1652.

Pur dichiarandosi «Musico, & non Poeta, ne Oratore» nel Florido discorso del 1654, D. af­fiancò l’attività musicale ed editoriale con una pro­duzione di commedie e di opuscoli morali e agio­grafici coltivata lungo tutta la vita. Le commedie furono pubblicate con lo pseudonimo di «Accade­mico Disunito detto l’Incapace», peraltro traspa­rente in quanto D. firmò alcune dedicatorie con le iniziali o con il vero nome. In alcune si incontrano le maschere e i dialetti tipici della «ridicolosa», ma l’autore non pare legato ai modelli diffusi dagli istrioni; I due fratelli discordi è una commedia di tipo «civile», garbata e abbastanza originale, men­tre nella Signorina Zingaretta si trova la trasposi­zione di una graziosa novella tratta da un famoso romanzo picaresco (Lazarillo de Tormes); pure di gusto spagnolo appare Il capitano da questo mondo, con azione in Barbarano; infine, sei soli personag­gi dai buffi nomi agiscono in Est locanda, piccola commedia popolaresca, sciatta ma curiosa, am­bientata nella famosa osteria romana di Campo de’ Fiori. Il «discorso per intermedio» La vignarola è una piccola azione d’ambiente e gusto rustico, re­citata in versi da due coppie di mariti e mogli se­condo il modello della zingaresca. La tragedia in versi Masista porta in scena un’atroce storia per­siana tratta da Erodoto (IX 108-113, cfr. Aly), adat­tandola al gusto secentesco. Di tono popolaresco sono il Florido discorso del 1654 e Certe ottave del 1665; a tradizioni agiografiche care al popolo ri­mandano anche gli scritti sulle vergini e sui marti­ri, questi ultimi offerti a specifiche categorie pro­fessionali (stampatori, tintori, camerieri, medici).

BIBL. – Allacci 1666, p. 726 e passim, De Angelis 1950, p. 52; Rhodes 1963, pp. 133, 137, 138, 149; Aly 1964, pp. 201-203; Mariti 1978, pp. 108-109, 114-115; Morelli 1984a, p. 118; Arnaldo Morelli in DBI, 39, pp. 390-392 (con altra bibl.); Franchi 1988, ad indicem; Carosi 1990, pp. 107, 126-127, 168, 169, 173; Franchi 1994, p. 407; Lalli 2003, ad indicem, Franchi 2006, pp. 841-844, 847-860, 873-875, 878-879, 892-­896, 916-917, 923-925, 935-937 (con descrizione analitica delle edizioni musicali fino al 1650 e rif. alle fonti e ad altra bibl.).

[Scheda di Saverio Franchi-Ibimus; riduzione di Luciano Osbat-Cersal]