Bottega italiana, sec. XVIII, Decollazione di San Giovanni Battista, olio su tela, cm 160.0 (L)
L’altare maggiore della chiesa di S. Giovanni Battista a Tuscania, in stile barocco policromo, risale alla prima metà del Seicento. La datazione coincide con gli importanti lavori di ristrutturazione intrapresi nel 1592 quando il Capitolo della Cattedrale di Tuscania decide di affidare l’amministrazione della chiesa di S. Maria Nuova alla Confraternita della Misericordia, e ne cambia il nome in S. Giovanni decollato.
In origine nella parete sopra l’altare maggiore era una tavola con il Salvatore (nella parte interna) e i ss Giovanni evangelista e battista all’esterno, oggi perduta[1].
Oggi l’altare presenta ai lati tre colonne con capitello composito dorato. Le colonne sorreggono una trabeazione sormontata da un timpano, curvo ai lati, che incastona l’oculo ovale e racchiude la pala d’altare che raffigura il martirio di s. Giovanni Battista[2].
Il dipinto, olio su tela (cm. 267×152) risale alla fine del XVI sec. “La figura del Battista occupa il centro della scena, si percepisce che è stato decapitato in quell’istante ed il corpo caduto a terra esanime. Nudo, riverso, avvolto in un manto porpora mostra al polso destro i lacci della prigionia. A terra, accanto a lui, la croce, suo attributo, fatta con due semplici canne di legno legate con una fascia bianca in cui appare la scritta ‘Ecce Agnus Dei’ in piedi, a sinistra, il carnefice con la spada ancora sguainata che sta per rinfoderare: è giovane, anche lui nudo, coperto da un panneggio bianco e uno blu. Dietro di lui l’altro carnefice, un vecchio con la barba bianca e un vestito azzurro, regge una fiaccola per illuminare la scena molto buia perché la lampada appesa Al soffitto ha una fiamma molto flebile. Sulla destra una donna velata regge il piatto con la testa del Battista e accanto a lei Salomè, bella e riccamente abbigliata, con aria spavalda fissa lo spettatore. Essa indica la testa con la mano destra e tenendo la sinistra al fianco, da un senso di movimento in rotazione con tutto il corpo. In alto angeli alati sopra una nuvola grigia portano la palma del martirio. L’azione è come sospesa tra i due distinti gruppo di protagonisti: quello della scena del martirio e quello delle due donne, così come distinte sono le fonti luminose: la torcia, la lanterna e la luce dall’alto portata dagli angeli”.
Maria Luisa Sini analizza le diverse ipotesi di attribuzione sostenute dagli studiosi: la scheda OA attribuisce l’opera all’ambito dei Gentileschi; Livia Carloni, prendendo in esame testimonianze della pittura del Seicento a Tuscania, ritiene sviante questa attribuzione: né Orazio, né la figlia Atemisia e neppure il fratello Aurelio – scrive Carloni – sono nomi spendibili per questo dipinto pur essendo un prodotto di ottima fattura e di complessa cultura figurativa, derivato dall’ibridarsi nei pittori caravaggeschi italiani e stranieri di ulteriori elementi di pittura barocca, bolognese e toscana postriformata. Secondo Carloni il luminismo sofisticato di quest’opera potrebbe avvicinarsi a quello di tanti artisti francesi presenti a Roma, soprattutto quelli ruotanti attorno alla frequentata bottega del Vouet. Simon Vouet, prima della definitiva partenza per la Francia nel 1626 e dall’arrivo a Roma nel 1613, ebbe un ruolo importante nel rilancio del naturalismo caravaggesco in chiave di eleganza aulica[3].
[1] M. Luisa Sini, p. 179.
[2] Bottega italiana, sec. XVIII, Decollazione di San Giovanni Battista, olio su tela, cm 160.0 (L) [EL@0011]
[3] M. Luisa Sini, pp. 169-170
[Scheda di Elisa Angelone – Cersal]
Dal web: Catalogo BeWeB