Fabrizi Girolamo (detto l’Acquapendente) – Medico, anatomista (Acquapendente 1533 – Padova 21 maggio 1619).
Figlio di Fabrizio, apparteneva a una famiglia agiata e forse nobile, i cui membri avevano ottenuto la carica di gonfaloniere, ma che aveva parzialmente perso l’antica agiatezza; il nonno Girolamo aveva fatto parte di un’ambasceria presso il papa. F. trascorse l’infanzia ad Acquapendente (che allora faceva parte della Diocesi di Orvieto); dal testamento, pubblicato con altri documenti da Favaro, si apprende che aveva un fratello più giovane, Fabio, morto nel 1577 lasciando tre figli, Fabricio, Zeffira e Laudomia.
Nel 1550 circa si trasferì per ragioni di studio a Padova, dove fu accolto dalla famiglia Lippomano. Probabilmente nel 1559 si addottorò in medicina e filosofia sotto la guida di Gabriele Falloppio. Morto questi nel 1562, tenne alcuni corsi quale supplente, finché venne chiamato alla cattedra di chirurgia e anatomia nel 1565; ebbe cosi inizio una brillante carriera accademica, interamente svolta presso lo Studio padovano, che lo portò a ottenere, nel 1600, la cattedra a vita di Anatomia, e a essere creato cavaliere di San Marco. Non si sa in quale data, sposò Violante Vidali (m. 1618), da cui non ebbe figli. Aveva però un figlio naturale, Francesco, col quale fu in causa nel 1606 per le spese legate al suo mantenimento. Fu legato da grande affetto alla pronipote Semidea, unica figlia del nipote Fabrizio, nata probabilmente nel 1596 ad Acquapendente e che, dopo la morte del padre, fu accolta in casa di F. a Padova e maritata nel 1619 al patrizio veneto Daniele Dolfin, già allievo di F., con una cospicua dote. L’attività di docente fu caratterizzata da pubblici riconoscimenti, ma anche da dissapori con gli studenti tedeschi che ne reclamavano una più assidua presenza.
All’attività accademica F. affiancò l’esercizio della professione medica: fu medico di molti illustri personaggi, tra i quali Paolo Sarpi e Galileo Galilei, che lo raccomandò nel 1606 per la sostituzione nella cattedra pisana di anatomia di Girolamo Mercuriale (F. declinò l’offerta). Dal 1577 attese alla sistemazione dei manoscritti contenenti gli argomenti affrontati nelle lezioni, e delle relative tavole, cui diede impulso, nel 1613, la sua decisione di abbandonare, dopo cinquant’anni, l’insegnamento: tuttavia, gran parte delle opere principali di F. erano state pubblicate contemporaneamente ai suoi corsi. Gli opuscoli chirurgici avevano visto la luce già nel 1592 (il manuale completo di chirurgia, il Pentateuchos chirurgicum, comprendente le fortunate Operationes chirurgicae, fu poi stampato a Padova nel 1617). La fama di F. è però legata ai fondamentali contributi in materia di anatomia e di anatomia comparata: tra di essi vanno citati De visione, voce, auditu (Venetijs, per Franciscum Bolzettam, 1600); De locutione et eius instrumentis (Venetiis, ex typographia Joannis de Albertis, impensis Ioannis Bapstistae, et Antonii Meiettoum, 1601); De venarum ostiolis e De brutorum loquela (Patavii, ex typographia Laurentij Pasquati, 1603); De musculi artifìcio: de ossium articulationibus (Vicentiae, apud Petrum Bertellium bibliopolam Patavino, 1614); fondamentali anche i suoi studi di embriologia, tra cui occorre segnalare i trattati De formato foetu (Venetiis, per Franciscum Bolzettam, 1600) e De formatione ovi et pulii, pubblicata postuma a cura di Jean Prevost (Patavii, sumptibus Antonij Meglietti, 1621): tutte le opere di F. ebbero plurime ristampe, e al suo nome vennero ascritte, fin dal 1585 e ancor più dopo la sua morte, numerose opere spurie.
Il fondamentale contributo di F., basato su un’ordinata integrazione delle teorie mediche e scientifiche classiche, offrì all’anatomia e all’embriologia ampie possibilità di sviluppo. Sostenitore del metodo anatomico, e dello stretto legame fra anatomia e fisiologia, F. aveva richiesto e ottenuto dallo Studio padovano la costruzione di un moderno «teatro anatomico», che egli stesso inaugurò nel 1584.
Le due discipline, per il F., erano strettamente legaste al punto che la completa descrizione anatomica di un organo includeva la trattazione del suo funzionamento, cioè della sua fisiologia. E’ un approccio che si potrebbe dire “filosofico” il suo che emerge chiaramente in opere come De locutione et eius instrumentis e nel De brutorum loquela “dove l’intento filosofico-teoretico è esplicitamente dichiarato nel riferimento ai libri sugli animali di Aristotele, nei quali egli vede completata la filosofia naturale stessa dello Stagirita, esposta nei suoi principi astratti e generali nella Fisica e nel De coelo. In tal modo l’anatomia, estesa anche oltre i limiti dell’applicazione aristotelica, è presentata dal F. come un organico ingrediente della filosofia naturale, una sua parte essenziale, rilevante dal punto di vista teoretico e scientifico, e non più considerata soltanto come una conoscenza valida nel campo delle applicazioni pratiche.” (DBI, 43, p. 772)
Grazie ai profitti della sua attività aveva costruito una villa presso Padova, fuori porta S. Croce, che suscitò l’ammirazione dei contemporanei. Oltre alla villa, aveva casa in Padova, nella contrada di San Francesco, ma conservò in Acquapendente l’abitazione (che Costantini, p. 108, ritenne di poter identificare nel quartiere dei Casalini, nell’antico corso del forno, poi via dei Condotti) e un piccolo orto. Nel 1613 fece restaurare la cappella gentilizia presso la chiesa di S. Francesco: un’epigrafe ivi conservata (cit. da Costantini, p. 172) ne ricorda la morte, avvenuta a Padova, all’età di 86 anni. Dopo una solenne celebrazione, F. fu sepolto nella chiesa padovana di S. Francesco.
La ricca eredità fu contesa tra i Benci di Acquapendente, coi quali F. era imparentato, la nipote Semidea, nominata erede universale (che morì pochi mesi dopo), e il figlio naturale Francesco. Le contese tra gli eredi favorirono la dispersione delle oltre trecento tavole anatomiche dipinte a olio su carta, che F. aveva destinato alla Biblioteca Marciana e che avrebbero dovuto costituire il Theatrum anatomicum. Nell’ag. 1888 il Comune di Acquapendente eresse nella piazza comunale una statua in suo onore, opera del senese Tito Sarocchi.
Bibl. — Thuilius 1619; Morosini 1625 (lettera a F. Erizzo che descrive la villa padovana di F.); Salvadori 1837; Costantini 1903, pp. 172-186, 252-253; Favaro 1922a, pp. 241-348 (con appendice di documenti); Favaro 1922b, pp. 107-136; Catone 1938, pp. 91-94; Adelmann 1967, pp. 3-35; Scipio 1978; Premuda 1987-88, pp. 101-117; Sciarra – De Carolis 1983, pp. 86, 269, 292-293; Chiovelli 1988; Lise 1988; Maria Muccillo in DBI, 43, pp. 768-774 (con ampia bibl.); Stefanutti 1994, pp. 181-88; Aloisi 2004, pp. 119-120.
[Scheda di Luca Marcozzi – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat .- Cersal]