Farnese, Ranuccio – Vescovo (Roma, 1509 – Napoli, ago. 1528).
Il nome della madre, Silvia Ruffini, non è mai indicato nei documenti, perché, come la sorella Costanza e i fratelli Pier Luigi e Paolo, Ranuccio era figlio naturale del cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, che, se pure non avesse preso ancora gli ordini maggiori e non fosse prete a tutti gli effetti, non poteva contrarre matrimonio e avere figli. La sua legittimazione sopraggiunse con atto notarile del 22 marzo 1518, confermato da un breve di Leone X del 5 aprile. Affidato alle cure dell’umanista Baldassare Molosso da Casalmaggiore, che ne cantò l’infanzia felice in numerosi versi latini, il F. doveva essere avviato alla carriera ecclesiastica. Il breve di Leone X del 1518 gli riconosceva infatti, insieme con la nascita legittima, la facoltà di prendere gli ordini sacri e di percorrere la carriera ecclesiastica fino ai gradi più alti.
Nello stesso mese di aprile egli venne nominato inoltre protonotario apostolico. Aveva appena raggiunto i dieci anni di età che il padre, ormai potentissimo cardinale di Curia, in data 13 apr. 1519 gli trasmise come amministratore apostolico il vescovato di Montefiascone e Corneto (oggi Tarquinia) che egli deteneva già da venti anni, per via della grande importanza che aveva per la famiglia di controllare, oltre alle entrate, i poteri giurisdizionali sulla diocesi relativa ai possedimenti farnesiani.
Per mascherare la successione di padre in figlio, proibita dai sacri canoni, cedette, in data 23 marzo 1519, il vescovato a un collega fidato, il cardinale Lorenzo Pucci, che lo trattenne i venti giorni sufficienti ad interrompere la successione diretta. Questo programma non ebbe però seguito, perché il richiamo delle armi risulterà per il F. irresistibile come per tutti i suoi avi. Nei primi anni del pontificato di Clemente VII, verso il 1525, il F. era già destinato a tutt’altra carriera e fidanzato a una ricca ereditiera lombarda, Virginia Pallavicini. Quando, ai primi di maggio 1527, Roma fu presa e messa a sacco, si ritirò in Castel Sant’Angelo al seguito del papa che vi si era rinchiuso. Nell’estate dell’anno successivo fu richiamato in tutta fretta al sud per soccorrere l’esercito francese del Lautrec assediato a Napoli. Vi si precipitò, ma solo per trovarvi la morte.
Il vescovato, che era rimasto saldamente nelle sue mani, fu ceduto il 12 nov. 1528 a Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, primogenito della sorella Costanza.
BIBL. – Roberto Zapperi in DBI, 45, pp. 147-148.
[Scheda di Giancarlo Breccola – Ibimus]