Giacinta Marescotti, o.s.c. (al secolo Clarice) – Santa (Vignanello, 16 mar. 1585 – Viterbo, 30 gen. 1640).

Figlia di Marcantonio, conte di Vignanello e di Parrano, e di Ottavia Orsini, era lontana discendente per via materna di papa Niccolò III e per parte di entrambi i genitori di Bartolomeo Farnese, fratello di papa Paolo III. Dai Marescotti di Bologna, nella prima metà del Cinquecento, si era distaccato un ramo romano, fondato da Sforza; alla famiglia il feudo di Vignanello era stato concesso da Paolo III il 4 feb. 1536.

Clarice, che ricevette una rigida educazione, ebbe due sorelle, Ginevra e Ortensia, e due fratelli, Sforza Vicino e Galeazzo. Sforza Vicino sposò nel 1616 la senese Vittoria Ruspoli e ne ebbe tre figli: Galeazzo Marescotti, Francesco Marescotti Ruspoli (erede per testamento dello zio Bartolomeo del nome e dei beni dei Ruspoli) e Alessandro Marescotti Capizucchi (erede nel 1678 del cugino Francesco, ultimo discendente dei Capizucchi). La sorella Ginevra vestì l’abito delle Clarisse nel monastero di S. Bernardino a Viterbo. Il 9 gen. 1604, dopo il matrimonio della sorella minore Ortensia (1586-1622) con il marchese romano Paolo Capizucchi, Clarice entrò malvolentieri nel medesimo convento di S. Bernardino, dove mutò il nome in Giacinta.

Dopo quindici anni di vita religiosa, in concomitanza con una grave malattia e spinta dalla direzione spirituale del confessore Antonio Bianchetti, accettò pienamente il suo stato di religiosa. Trascorse i restanti anni nella più profonda povertà e penitenza, digiunando spesso e incatenandosi alla croce. Fu molto attiva verso la comunità viterbese, adoperandosi per la fondazione di varie istituzioni, tra cui nel 1636 la Compagnia dei Sacconi, deputata all’assistenza dei malati, e nel 1638 la Congregazione degli Oblati di Maria, dedita alla cura degli anziani, che si trovavano nell’ospedale cittadino di S. Carlo. Fu coadiuvata nella sua attività assistenziale da Francesco Pacini, un soldato da lei convertito. Diffuse la devozione al SS. Sacramento attraverso l’esposizione pubblica e l’adorazione dell’Eucaristia nell’ultimo giorno dell’anno, ogni giovedì e durante l’ottava del Corpus Domini, e inoltre introdusse la pratica delle Quarantore durante i festeggiamenti del carnevale.

Frequentò e consigliò spesso la cugina Camilla Virginia Savelli Farnese, figlia di Livia Orsini, sorella della madre, fondatrice del convento delle Oblate Agostiniane di S. Maria dei Sette Dolori a Roma. Incontrò a Viterbo Francesca Farnese, la controversa riformatrice dei monasteri farnesiani; tale notizia comparirà soltanto nella sua prima biografia. Le furono attribuite doti profetiche, e alla sua morte la salma fu oggetto di venerazione da parte dei viterbesi, tanto che dovette essere presidiata.

Il processo  informativo che ha riguardato Giacinta Marescotti  è stato condotto secondo le procedure che Urbano VIII aveva rivisto nella prima metà del XVII secolo. Iniziato nel 1687 e condotto da fra Cherubino da Spoleto, procuratore per conto del cardinale Galeazzo Marescotti, è stato poi seguito dal processo sull’assenza di culto; nel 1692 Roma darà il via al processo apostolico che si svolgerà tra il marzo e l’agosto di quell’anno a Viterbo e poi, ritornato l’incartamento ancora a Roma, sarà del tutto completato nel marzo del 1693.

Il primo documento dell’incartamento è il decreto del cardinale Urbano Sacchetti, allora vescovo di Viterbo: porta la data del 15 dicembre 1687. Segue la richiesta di fra Cherubino da Spoleto allo stesso cardinale di essere investito dell’incarico di avviare il processo informativo e il decreto di nomina del Sacchetti, nel quale si fa menzione di tre ecclesiastici che sono delegati a seguire il procedimento per conto del vescovo e sono p. Giovanni Casa, priore di Sant’Angelo in Spata, p. Francesco Maria Contestabile, Minore conventuale, don Pietro Petrucci promotore fiscale del Tribunale diocesano e don Giuseppe Piciocchi notaio della Curia. L’incartamento prosegue con un fascicolo che contiene le domande (sono 80 in questo schema) che dovranno essere rivolte ai testimoni che saranno convocati a Viterbo, presso la sede dell’oratorio dell’Ospedale dei Convalescenti. Dagli elenchi allegati risultano 29 persone che subiscono l’interrogatorio a Viterbo e sono per la maggior parte monache del monastero di San Bernardino. A seguire vi sono i costituti degli interrogatori e poi uno nuovo schema  articolato in 13 punti: è datato 17 febbraio 1688 e gli interrogatori che seguono non avvengono più a Viterbo ma sono datati “Civitatis Castellanae”. E’ probabile che si tratti di interrogatori relativi agli anni giovanili di Giacinta Marescotti e alla sua presenza a Vignanello che, facendo parte della diocesi di Civita Castellana, Orte e Gallese, richiedeva l’intervento di un’autorizzazione da parte di quel vescovo e lo svolgimento degli interrogatori presso quella Curia diocesana. Queste testimonianze terminano nel giugno 1688 e vengono raccolte contemporaneamente a quelle che nel frattempo venivano registrate a Viterbo. Nel volume seguono poi i verbali degli interrogatori che riguardano il “Processus super non cultum”. Tra la documentazione allegata vi è il “Discorso funebre fatto nella Chiesa delle Monache di S. Bernardino” tenuto da fra Paolo da Rieti il 1° febbraio 1640.

Alla fine degli interrogatori, nel febbraio 1692, viene redatto un memoriale articolato in 195 articoli che servirà alla Congregazione romana  per decidere di avviare il processo apostolico e che è stato utilizzato da quasi tutti i suoi biografi per le notizie sulla Serva di Dio (del processo infatti sarà solo questo memoriale ad avere una circolazione più ampia mentre sia il processo informativo che il processo apostolico resteranno segretati). La biografia è intitolata “Fama universale della Santità della Serva di Dio mentre visse” ed è suddivisa nelle seguenti parti:

  • “Nascita, educazione, et opere della Serva di Dio”, articoli 2-14; “Della Fede”, articoli 15-27; “Della Speranza”, articoli 28-36; “Della Carità verso Iddio”, articoli 37-50; “Della carità verso il prossimo”, articoli 51-70; “Delle Virtù Cardinali, e sue annesse. E Primo Della Prudenza”, articoli 71-81; “Della Giustizia, e suoi annessi”, articoli 82-99; “Della Fortezza”, articoli 100-107; “Della Temperanza”, articoli 108-144; “Delli Doni Soprannaturali”, articoli 145-166; “Della morte della Serva di Dio, e della fa,a della di Lei Santità”, articoli 167-174. “De’ Miracoli dopo la morte”, articoli 175-195.

Il processo, sostenuto dalla comunità viterbese, fu patrocinato da due aristocratici nipoti di G., il sopra citato Galeazzo e il cardinale Camillo Capizucchi e questo favorì una relativamente breve istruzione del percorso che portò il 14 luglio 1726 Benedetto XIII a dichiararla beata; alla celebrazione assistettero tra gli altri il pronipote Francesco Maria Ruspoli, principe di Cerveteri, e il vescovo della diocesi Adriano Sermattei.

Francesco Maria (5 mar. 1672 – Roma, 12 lug. 1731), figlio di Alessandro Marescotti, aveva ricevuto dal padre l’eredità Capizucchi e in seguito ebbe dallo zio Francesco quella dei Ruspoli. Come riconoscimento del suo precipuo ruolo nella realtà cittadina, a Giacinta furono dedicati: un oratorio a quattro voci (1727), un dramma sacro posto in musica (1727), commissionati dal Ruspoli e una rappresentazione sacra (1777).

Il decreto di canonizzazione fu emesso il 15 ago. 1790 da Pio VI e la cerimonia fu celebrata il 24 maggio 1807 da Pio VII. Nell’archivio del convento dei SS. Apostoli a Roma è conservato un suo diario probabilmente autografo. Il corpo è sepolto nella chiesa a lei dedicata che sorge accanto al  convento di S. Bernardino a Viterbo, la sua festa ricorre il 30 gennaio.

BIBL. e FONTI. – La documentazione relativa ai processi per la causa di beatificazione di Giacinta Marescotti è conservata presso il Centro diocesano di documentazione per la storia e la cultura religiosa che ha sede a Viterbo, nella Sezione Archivio diocesano di Viterbo, Fondo “Processi di beatificazione e di canonizzazione”, busta 4.1, 4.2, 4.3.  De Amatis 1642; Ventimiglia 1695; Beatificationis 1726; Massini 1768, pp. 47-58; Ruspoli 1914; Veuthey 1940, pp. 187-196; Chiappini 1941, pp. 604-646; Enc. Cattolica, VI, col. 307; Bosi 1953, pp. 40-46; DHGE, XXV, coll. 509­510; Catholicisme, V, coll. 1122-1123; Signorelli, III/1, pp. 125, 165-180; Goffredo Mariani in Bibliotheca Sanctorum, VI, coll. 322-324; Zangelmi 1982; Andretta 1994, pp. 39, 171, 188-189; Franchi 1994, pp. 117, 316; Stefano Andretta in Il grande libro dei santi (v.), II, 1998, pp. 797-798; Andretta 2000b, pp. 193-212: 195-199, 210-212; Renoux 2000, pp. 734-735; Franchi 2002a, ad indicem (in appendice schema genealogico delle famiglie Ruspoli e Marescotti); Santa Giacinta Marescotti. 1807-2007. Atti delle giornate giacintiane, Viterbo, Palazzo Papale, 25/26 maggio 2007, a cura di Giovanni Cesarini, Viterbo 2008].

[Scheda di Barbara Scanziani – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]