Giovanni XXI (Pietro Ispano) – Papa (Spagna, sec. XIII).
Di questo pontefice non si conoscono con certezza le origini e la carriera accademica, benché in alcune fonti se ne elogi la scienza. Incerti nell’identificarlo con un Pietro di Giuliano portoghese o con un medico attivo a Siena, si può affermare che abbia effettuato i suoi studi a Parigi. I primi documenti che lo riguardano risalgono al 1250, anno che lo vede decano di Lisbona e arcidiacono di Braga. In seguito a una disputa con il re che gli preferì un altro diacono, Pietro Ispano si avvicinò alla Curia romana. Nel 1262 a Perugia si ha notizia di un «magister Petrus medicus Ispanus» che fu condannato per falsificazione di moneta e alchimia, sebbene non si possa affermare con certezza dell’identità della persona. Il 3 giugno 1273 Gregorio X lo nominò cardinale vescovo di Tuscolo e con questo titolo figurò nei lavori del II concilio di Lione. Secondo gli orientamenti ivi approvati, attuò l’unione tra le Chiese greca e latina e la politica delle crociate. Durante questo periodo probabilmente svolse alcune missioni diplomatiche che forse lo portarono a Parigi. Sappiamo comunque che fino al 1277 numerosi documenti ne attestano la presenza nelle città della Curia pontificia allora itinerante: Orvieto, Anagni, Viterbo. Fu eletto papa da un conclave che si riunì nel palazzo episcopale di Viterbo, probabilmente fra il 13 e il 16 sett. 1276, come successore di Adriano V, morto in quella città un mese prima.
Nonostante le continue interferenze dei cittadini di Viterbo, l’elezione avvenne il primo giorno del conclave e all’unanimità. Diversi anni dopo la morte del papa, Bartolomeo Fiatoni scriverà nell’Historia ecclesiastica che il principale artefice di tale elezione fu Giangaetano Orsini (successivo papa col nome di Nicolò III), che per questo ricevette la direzione della Curia papale, permettendo al pontefice di perseguire i suoi interessi di studio. Giungeva così sul trono pontificio un altro intellettuale di rilievo, che fu ritenuto da alcuni contemporanei un mago. Il nuovo pontefice fu intronizzato nella cattedrale di S. Lorenzo a Viterbo il 20 settembre e prese il nome di Giovanni XXI (saltando, per un errore di calcolo, il XX). Subito dopo volle dare immediata soluzione al delicato problema delle procedure per l’elezione del papa, che aveva causato disordini alla morte del suo predecessore, tuttavia il problema rimarrà insoluto.
G. orientò il suo papato richiamandosi a Gregorio X e ad Adriano V: consolidamento e difesa del potere papale di fronte al potere temporale, minato in quegli anni dalle controversie tra il re di Francia e il re di Castiglia, e soprattutto la disputa per il dominio sulla Penisola italiana tra Rodolfo di Asburgo e Carlo d’Angiò che il 7 ott. 1276, poco dopo l’incoronazione di G., pronunciò dinanzi al papa, nel palazzo pontificio di Viterbo, una promessa di sottomissione all’autorità papale. Perseguì anche la diffusione dello spirito delle crociate e l’avvicinamento della Chiesa greca, per il quale furono inviati a Costantinopoli i vescovi Giacomo di Ferentino e Goffredo di Torino, insieme ai domenicani Ranieri da Viterbo e Salvo da Lucca. Tuttavia il papa morì quando questi tornarono a Viterbo con la lettera del patriarca Giovanni Boccos che ne decretava il successo, avendo essi giurato il riconoscimento del primato romano.
Il 14 maggio 1277 il crollo di un tetto o di una parte dell’appartamento papale coinvolse il pontefice, che, estratto delle macerie ancora in vita, sopravvisse solo sei giorni. Fu sepolto a Viterbo, e la sua tomba fu posta nella navata della cattedrale di S. Lorenzo, in un semplice sarcofago all’interno di una nicchia affrescata. I cronisti contemporanei impreziosirono l’accidentalità dell’evento volendola collegare a un castigo divino, tuttavia la sua morte sembra in linea con la figura che alcuni hanno voluto dipingere di un pontefice astratto e riflessivo: si narra infatti che la sua morte fosse legata al crollo dello studiolo che si era fatto costruire all’ultimo piano del palazzo. Nonostante fosse stato un grande uomo di scienza non rimangono tracce delle sue opere, mentre alcune risultano di incerta identificazione, data la comunanza del nome con un altro Pietro Ispano. Su di lui furono diversi i giudizi, negativi quelli dei Domenicani, condannati nel 1277, favorevoli quelli dei Francescani, che ne ricevettero il favore; agli occhi di Dante fu certamente un personaggio positivo se fu l’unico papa a essere ammesso in Paradiso (Paradiso, XII, 134-135).
BIBL. – Roger Aubert in DHGE, XXVI, coll. 1164-1168; Stapper 1898, pp. 423-431 ; Petella 1899, pp. 277-329; ABI, I, 487, 45-48; Falconi 1967-72, III, pp. 362-364; Nicolini 1967, pp. 271-284; Paravicini Bagliani 1991, pp. 131-132; Trottmann 1995, pp. 361-401; José Francisco Meirinhos in Enc. dei papi, II, pp. 427-437; José Francisco Meirinhos in DBI, 55, pp. 600-611.