Iacovetti, (Jacobetti, Jacovetti), Pancrazio – Pittore (Calvi, 1445 circa – ante 1513)
Era nato a Calvi, in Umbria, intorno al 1445; il suo nome, con la qualifica “pictor”, appare in un documento datato 8 marzo 1467 conservato nell’Archivio notarile di Calvi.
Fu attivo nella sua comunità e intorno al 1470 probabilmente si sposò ed ebbe tre figli: Giovanbattista, notaio a Civita Castellana e priore della chiesa di S. Paolo a Calvi (ibid., p. 87), Rinaldo, anch’egli pittore, e Jacovetto. I beni che il padre gli aveva lasciato determinarono l’agiatezza nella quale visse.
Gli affreschi di S. Biagio a Corchiano (in provincia di Viterbo) sono tra le sue prime opere conosciute. Solo di recente è stato possibile leggerne la firma, “Pangratius de Carbio pinxit”, cui doveva seguire la data, oggi non più leggibile, ma che si può ritenere successiva al 1466.
Si tratta di figure e storie di santi (Bernardino, Giorgio e il drago, Giovanni Evangelista, Sebastiano, Giacomo Maggiore, Leonardo, Antonio Abate), dell’Annunciazione, della Natività, di due Madonne in trono, di una Madonna col Bambino tra due angeli reggicandela e santi, di un frammento con un santo vescovo, dipinti sulle pareti sud e nord della chiesa che conserva, nella parete nord, affreschi di Antonio da Viterbo, cronologicamente precedenti. L’angelo dell’Annunciazione richiama quello realizzato da Lorenzo da Viterbo nella cappella Mazzatosta nella chiesa viterbese di S. Maria della Verità, terminata nel 1469.
Operò successivamente a Narni e gli affreschi di Narni e di Corchiano, ancor prima della individuazione del nome dell’artista in questi ultimi, erano stati ascritti dalla critica a un medesimo artista: per alcuni un “Panciatico”, per altri Lorenzo da Viterbo o un suo seguace detto Maestro di Corchiano.
Il raffronto tra la tavola di Viterbo e gli affreschi di Corchiano e di Narni fa emergere una personalità pittorica che, con esiti discontinui, appare caratterizzata dalla “fusione di modelli umbri e viterbesi”, molto vicina a quella del pittore antoniazzesco attivo nel ciclo nel monastero di Tor de’ Specchi a Roma, terminato nel 1464. Altro apporto decisivo, specie per la resa delle prospettive e dello spazio, fu quello di Benozzo Gozzoli che a Viterbo lavorò dal 1453 (affreschi con la Vita di s. Rosa nella chiesa delle clarisse, oggi perduti, ma documentati da alcuni disegni).
Non si conoscono il luogo e la data di morte dello J., che però doveva essere forse già avvenuta nell’aprile del 1513, quando i tre figli vendettero un appezzamento di terra di proprietà della famiglia ancora indiviso. Comunque in un documento del 1516 Rinaldo è definito figlio del defunto maestro P.
BIBL.: https://www.treccani.it/enciclopedia/pancrazio-iacovetti; R. Faraglia, voce Iacovetti Pancrazio in Dizionario biografico degli italiani, Vol. 62, Roma 2004; S. Santolini, Una nuova figura di artista umbro della fine del Quattrocento: P. J. da Calvi, in Storia dell’arte, 1995, n. 83, pp. 48-81; Id., Presenze antoniazzesche nell’Umbria meridionale: da P. J. a Evangelista Aquili, in Le due Rome del Quattrocento, Melozzo, Antoniazzo e la cultura artistica del ‘400romano. Atti del Convegno… 1996, a cura di S. Rossi – S. Valeri, Roma 1997, pp. 48-54; Id., I pittori del sacro: P. e Rinaldo Iacovetti da Calvi: una famiglia di pittori umbri tra XV e XVI secolo, Arrone 2001.
[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]