Pacifici Antonio – Ecclesiastico, (Grotte di Castro, 12 mag. 1769 – Ronciglione, 1799)
Nato a Grotte di Castro, nella Diocesi di Montefiascone, figlio di Angelo e di Preziosa Rampicci, dopo aver studiato in quel seminario fu ordinato prete nel 1792 quando era già canonico della chiesa collegiata di S. Giovanni Battista di Grotte. Era maestro nella scuola pubblica della stessa Città quando rinunciò a questo incarico e alle rendite del canonicato per potersi trasferire a Roma per laurearsi in utroque iure. E’ probabilmente durante questi anni romani che il P. entra a far parte del circolo di esponenti della borghesia delle professioni favorevole all’instaurazione di una repubblica giacobina a Roma. Il gruppo, del quale facevano parte eminenti personalità come Liborio Angelucci, Camillo e Nicola Corona, teneva contatti con l’ambasciata francese e si riuniva in casa del banchiere Stefano Moutte, preparando materiale informativo in vista di una sollevazione.
Con il notaio perugino Giovanni Battista Agretti e lo scultore Giuseppe Seracchi, P. fu tra i promotori della sommossa giacobina del dic. 1797 che culminò, il 27 dicembre, con l’uccisione del generale Duphot. Con l’intervento delle truppe francesi e la proclamazione della Repubblica Romana, P. sin dai primissimi giorni tra i più attivi arringatori di popolo, tenendo infuocati discorsi ai piedi degli alberi della Libertà eretti in Campidoglio, a Campo Marzio e al Ghetto. I discorsi tenuti tra il 15 e il 19 febbr. 1798, raccolti in Quattro discorsi recitati sotto l’albero della libertà l’anno I della Repubblica romana (Roma, Perego Salvioni, 1798), costituiscono un significativo esempio della particolare tensione che animava gli esordi della repubblica e di certa liturgia repubblicana.
Fu nominato Edile di Grotte di Castro ma svolse ruoli importanti anche nel governo della Repubblica a Roma. Nelle parole del P. la vera religione cristiana, «immune dalle ipocrisie dei preti», ora purificata dal nuovo corso repubblicano, veniva a coincidere con la morale. In particolare, nel Discorso II recitato dal cittadino Antonio Pacifici sotto l’albero della libertà nella piazza delle scuole del Ghetto, egli si rivolgeva agli «oppressi figli di Abramo» rivendicando per loro, ora finalmente liberi cittadini, il valore della virtù e non della religione professata, come unico criterio di merito.
Durante i mesi convulsi della Repubblica Romana mantenne i contatti con la sua terra d’origine attraverso la collaborazione di amici e sostenitori e l’aiuto di suo fratello Orazio. Fu a Ronciglione per combattere in difesa della Repubblica contro gli insorti antirepubblicani e antifrancesi e qui trovò la morte.
BIBL. – Cascioli 1927, pp. 430-431 ; Silvagni 1971, I, p. 294; Caffiero 2005, p. 111. Fonti: Cedido, Archivio della Diocesi di Montefiascone, serie “Grotte di Castro”; serie “Seminario”.