Pappatà, Pietro Antonio – Bandito (Capena, allora Leprignano, 17 sett. 1841 – Sec. XX)
Tra il 1850 e il 1890 nella Tuscia operarono delinquenti dediti ad estorsioni, sequestri di persona, ferimenti ed omicidi che diedero corpo ad un brigantaggio minore (rispetto a quello dominato dalla figura di Domenico Tiburzi) e del quale qui si vuole ricostruire qualche dato biografico.
Pietro Antonio Pappatà era figlio di Michele e di Domenica Saraceni ed era nato a Capena il 17 settembre 1841. Fino al 1865 aveva subito più volte la galera per ferimento, minacce e per un’accusa di omicidio. Poi tra il 1865 e il 1879 non sembra aver avuto rapporti con la giustizia. Nel 1879 era nuovamente in carcere a Soriano e nel 1880, uscitone, si diede alla macchia. E cominciarono furti ed estorsioni. Fu arrestato nuovamente e condannato a cinque anni ma nel febbraio del 1886 era di nuovo condannato a dieci anni per estorsioni e omicidio volontario che scontò nel carcere di Castidias, in provincia di Cagliari. Nel 1890 era di nuovo alla macchia. Riprese ad estorcere nel territorio lungo la costa tirrenica a nord di Civitavecchia: Pescia Romana, Tarquinia poi Santa Severa; si spinse verso Nettuno e Frosinone e infine ritornò verso nord, nella zona di Tuscania. Era continuamente ricercato e nel dicembre 1896 due carabinieri lo individuarono nei dintorni di questa città: qui per riuscire a fuggire Pappatà fece fuoco uccidendo il carabiniere Fortunato Cristianelli. Il bandito si era ricoverato nelle macchie intorno a Viterbo dove nel gennaio 1897 fu individuato e arrestato. Il 20 dicembre 1897 la Corte d’Assise lo condannò a 30 anni di carcere e in carcere probabilmente morì, non si sa in quale data.
BIBL. e FONTI – Archivio di Stato di Viterbo, Processi in Corte d’Assise, b. 31-34. A. Mattei, Brigantaggio sommerso. Storia di doppiette senza leggenda, Roma 1981, passim.
[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]