Pupi (Pupio) Felice – Letterato (Civita Castellana, sec. XVII)
Figlio di Domenico, apparteneva a una agiata famiglia di Civita Castellana. Dottore in legge, fu sacerdote e protonotario apostolico, lavorando per i vescovi della sua città e per quelli della vicina diocesi di Nepi e Sutri. Si dilettò di lettere latine e fu accurato scrittore di orazioni d’occasione. Già attivo nel 1637 per curare gli interessi della famiglia Stella di Civita Castellana, pubblicò negli anni seguenti alcune opere a stampa. La prima si intitola Nicolaidos (Romae, typis haeredum Corbelletti, 1651) ed è definita «carmen»: si tratta di un componimento in versi latini dedicato a Bartolomeo Vannini, vescovo di Nepi e Sutri. Dello stesso anno sono gli Anagrammata arithmetica et epigrammata (Viterbii, ex typographia Diotallevi, 1651), brevi componimenti latini che l’autore usò come motti e argomenti nel discorso in italiano pronunziato nella cattedrale di Orte in occasione della traslazione che vi fu fatta delle reliquie dei santi Apollonio, Aureliano, Dorotea e Faustina (21 maggio 1651); P. li dedicò a Giovanni Giovannuzzi di Orte, prete della Congregazione dell’Oratorio di Roma.
Versi latini e italiani di P. furono pubblicati nell’edizione della tragedia sacra Le cinque piaghe di Christo di Bernardino de Angelis arciprete di Canepina (Ronciglione 1657). Di due anni dopo è una raccolta di carmi latini acrostici intitolata Sidera tutelaria civitatis Hortanae (Roncilione, apud Aegydium Tosellum, 1659) e dedicata alla città di Orte, mentre Il giglio overo S. Filippo Nerio (Ronciglione, per Egidio Toselli, 1660) è il testo di un discorso che P. aveva recitato nella cattedrale di Nepi il 26 maggio 1651 e che ora dedicava al neocardinale Francesco Maria Mancini. Pure nel 1660 P. pubblicò il testo di un’orazione latina (Lessus in funere illustrissimi et reverendissimi d. d. Angeli archiepiscopi Gozadini, Roncilione, typis Aegidij Tosellij, 1660), che aveva letto il 4 apr. 1653 nella cattedrale di Orte in occasione delle esequie del vescovo Gozzadini. Infine, dieci anni dopo uscirono gli Anagrammata arithmetica decantata ante creationem Clementis X pont. opt. max. (Roncilione, apud Aegidium Tosellium, 1670), omaggio di P. a quel pontefice subito dopo la sua elezione.
La produzione letteraria di P. attesta la persistenza, in ambito provinciale, di componimenti e orazioni di gusto tardoumanistico e, insieme, una preparazione linguistica e stilistica che non consente di marginalizzare, nel quadro della cultura del tempo, autori locali come lui dediti alla cura di documenti giuridici. Una conferma dell’attività legale unita all’amore alle lettere è data, nella sua famiglia, da un Filippo (Civita Castellana ca. 1654 – Roma 1709), che fu avvocato nel foro romano, nonché uditore del marchese Ruspoli: di lui ci resta un epigramma, pubblicato nella raccolta delle Rime (1697) di Giovanni Battista Grappelli.
BIBL. e FONTI. — AC, not. Raymundus, sez. 7, t. 18, Aperitio testamenti r. d. Mercurij Zannetti (19.6.1637). Esposito 1972, p. 10; Franchi 1988, p. 328; Carosi 1990, p. 123; D’Orazi 1991, nn. 61, 63, 64, 65, 68; Lalli 2003, nn. 781, 782.
[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]