Chiesa parrocchiale di San Sisto, Viterbo, Piazza S. Sisto

Entrando in città dalla Porta Romana il primo fabbricato che si offre a destra è la chiesa di San Sisto. Edificata presumibilmente sui resti di una precedente edicola, è citata tra le più antiche chiese di Viterbo. E’ probabile che, la sua costruzione risalga ad una data compresa tra il 1037 ed il 1046. In origine era dedicata alla Trinità, S. Maria, S. Sisto e S. Marco.

Dopo l’ultimazione delle mura urbiche (1098) e non più tardi del 1116, papa Pasquale II (1099 – 1118) -intento a riconquistare il territorio della Tuscia- concedeva a S. Sisto i privilegi della pieve. L’ara pagana presente presso l’ingresso a destra della chiesa, veniva trasformata in fonte battesimale. Da quella data la chiesa fu consacrata soltanto a papa Sisto II.

I beni dei fondatori, le oblazioni dei fedeli -rese copiose dal desiderio di procurarsi la benedizione di s. Pietro promessa da Giselberto- permisero di trasformare la piccola chiesetta in una più maestosa e più bella.

Più tardi, cresciuta la ricchezza, aumentati i privilegi, mutata la prioria in Arcipretura, la parte posteriore della seconda chiesa fu abbattuta per sostituirla con quella più spaziosa e adorna che oggi vediamo. Innocenzo II (nel 1133) ed Eugenio III (eletto nel 1145) concedevano all’Arciprete e ai canonici di San Sisto maggiori privilegi e la possibilità, vacando la sede vescovile, di appellarsi direttamente alla Sede Apostolica per qualsiasi gravame.

Alla fine del 1100 la città, che godeva del clima salubre per la sua collocazione alle falde del Cimino e di una posizione agiata per la prossimità alla via Cassia, andava sempre più popolandosi ed ampliandosi. Anche S. Sisto assunse a filiali le chiese di S. Leonardo in Colle e S. Maria di Luco (ora Montejugo) oltre che S. Giovanni in Celleno, con numerosi possedimenti terrieri.

Nel 1196 fu accolta sotto la protezione dell’imperatore Enrico che esercitava il proprio potere sull’intero patrimonio della Tuscia a spese del debole governo di papa Celestino III. Le chiese più importanti erano, in quest’epoca, non solo la casa di Dio, ma anche la casa del popolo; dalle chiese parrocchiali prendeva il nome la contrada o il rione e, sotto il vessillo del santo a cui la chiesa era dedicata, i cittadini si riunivano per il servizio di guardia o per combattere i nemici.

Per tutto il XIII – XIV ed una parte del XV secolo, la chiesa ebbe due chiostri: uno esterno, sulla piazza di san Sisto, l’altro interno nel palazzo contiguo residenza dell’Arciprete e dei canonici, dei rettori del Patrimonio, dei conservatori di san Sisto, in estate, dei vescovi della città e nel 1223 anche del podestà di Viterbo.

La ricchezza e l’importanza della chiesa è attestata in diverse occasioni; nel 1397 papa Bonifacio IX, con una bolla annullava tutte le vendite dei beni ecclesiastici rese necessarie per pagare le collette imposte dai Di Vico; imponeva, al contrario, una tassa annua per i bisogni della chiesa, chiamata sussidio o terzeria. A compensare tale gravezza, il papa onorava S. Sisto di un Arciprete scelto in seno alla propria famiglia. Mentre in città imperversavano le lotte tra le maggiori famiglie nobili viterbesi, l’arciprete di S. Sisto si poneva a capo di una ambasceria inviata da Roma per calmare i contrasti. La chiesa aveva anche l’assistenza del Comune; nello statuto del 1469 si stabilisce che vi si dovevano conservare le chiavi dell’arca del Comune che conteneva le scritture più importanti.

Ancora nel 1519 si accordava che il fonte battesimale esisteva soltanto in San Lorenzo e in San Sisto, situate in due angoli della città che avevano il circuito di tre miglia. L’importanza della chiesa cresceva sempre più, nel 1574 fu unita alla parrocchia soppressa di San Nicola delle Vascelle e per qualche tempo a quella di san Leonardo in colle.

Venne soppressa come parrocchia soltanto nel 1873 per la legge dell’asse ecclesiastico.

La chiesa che oggi si presenta ai nostri occhi risulta molto diversa da quella edificata intorno al XII secolo alla maniera longobarda. Conserva, tuttavia, numerose tracce dell’edificio primitivo. L’opera più rilevante è la quattrocentesca Madonna col Bambino e santi di Neri di Bicci.

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[Scheda di Elisa Angelone – Cersal]