Altieri Paluzzi degli Albertoni, Paluzzo – Vescovo (Roma, 8 giu. 1623 –  Ivi, 29 giu. 1698)

La sua famiglia erano gli Albertoni che erano nel novero della nobiltà romana più antica. Il giovane Paluzzo si distinse nel corso degli studi universitari a Peugia e papa Urbano VIII lo nominò tra i chierici di Camera. Protetto dal cardinale Flavio Chigi, divenne uditore di Camera che poi lo sostenne fino alla nomina cardinalizia che avvenne con la pubblicazione del 15 febbraio 1666. Il 26 marzo 1666 fu consacrato vescovo di Montefiascone-Corneto, perché “non aveva di che sostenersi” come scrivevano le fonti coeve. Rimase in Diocesi pochi anni perché fu trasferito alla Diocesi di Ravenna, nel maggio 1670.  Un mese prima, nell’aprile 1670, un terribile incendio aveva distrutto buona parte della chiesa cattedrale di S. Margherita che Paluzzo si adoperò perché fosse prontamente ricostruita con l’aiuto dell’architetto Carlo Fontana. L’incendio era stato originato da carboni rimasti accesi accanto all’organo: da lì il fuoco si era esteso alla cupola andata distrutta, alla porta della cattedrale e aveva bruciato tutte le suppellettili in legno della chiesa e tutta la travatura con il fuoco, alimentato dal vento, che durò per interi tre giorni. La cattedrale sarà riaperta al culto nel dicembre 1674.

Nel 1670 il Paluzzo era stato adottato da Clemente X (Altieri) divenendo il “cardinale nipote” e da quel momento il cognome Altieri venne prima del suo cognome originale. E da allora la sua ascesa nella Curia romana fu veloce e contribuì a farlo divenire uno dei cardinali più ricchi e invidiati: Vicario di Roma, Camerlengo della Chiesa, Prefetto di Propaganda Fide, protettore di vari importanti ordini religiosi. Alla morte di Clemente X nel 1676 il suo ruolo fu ridimensionato rimando sempre una figura molto importante nella Curia romana. Morì il 29 giugno 1698 e fu sepolto in S. Maria in Campitelli.  

A Montefiascone egli avviò la creazione di un seminario e nel 1667 i primi cinque alunni cominciarono il loro percorso di formazione. Avviò un’analoga esperienza anche a Tarquinia. Negli anni del suo governo ebbe fine una lunga lite che aveva contrapposto il Comune di Viterbo alla Mensa vescovile di Montefiascone a proposito dei terreni di pascolo al confine con Viterbo di proprietà della Mensa. Lo ricorda un ritratto.

BIBL. – HC, vol. IV, p. 247; DBI, vol. 2, pp. 561-564; G. Breccola, M. Mari, Montefiascone, Montefiascone 1979, pp. 292-304, 340; D. Cruciani, L. Mezzetti, Storia dei vescovi di Montefiascone, Montefiascone, 1987, pp. 111-114.

[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]