Santoro (Santori) Fazio Giovanni – Cardinale (Viterbo 1447 – Roma 22 marzo 1510).

Figlio di Raffaele di Santoro e di Medea Gatti, appartenente alla famiglia di Viterbo che nel­la sua persona ottenne il titolo nobiliare, compì gli studi presso l’Università di Perugia, divenendo quindi precettore di Giuliano Della Rovere per vo­lontà dello zio di quest’ultimo, il cardinal France­sco, che sarebbe asceso al soglio pontificio con il nome di Sisto IV, creato cardinale nel 1471 ed elet­to papa nel 1503 con il nome di Giulio II. L’antico allievo agevolò la carriera ecclesiastica del S.: ca­nonico del Capitolo della cattedrale di Saint Lam­bert a Liegi (1485), datario e chierico della Came­ra Apostolica (1503), egli venne creato vescovo di Cesena il 22 luglio 1504, quindi nominato cardina­le nel concistoro del 1° dic. 1505, ricevendo la sa­cra porpora e il titolo di S. Sabina il successivo 17 dicembre.

In patria l’ecclesiastico acquistò il ca­stello delle Rocchette (nei pressi di Bagnoregio) e, a Viterbo, il palazzo in piazza S. Marco (contrada La Svolta) eretto nel 1466 dal car­dinal Nicolò Forteguerra, per il cui ampliamento acquisì anche i locali dell’ospedale di S. Apollonia e dell’ospizio di S. Luca, progetto mai realizzato per il sopraggiungere della morte. Il palazzo, abita­to nella seconda metà del sec. XVI da Cesare Spre­ca, quindi passato ai Nini e in seguito agli Altieri e agli Ancajani, è sede dal 1955 della Biblioteca Co­munale degli Ardenti, dal 1973 parte integrante, con la Biblioteca Provinciale «A. Anselmi», della Biblioteca Consorziale.

Prima della morte, S. com­missionò all’amico Egidio Antonini (Egidio da Vi­terbo) la costruzione del chiostro del convento ago­stiniano della SS. Trinità, che venne realizzato nel 1514 a opera di Pier Domenico Ricciarelli.

Dece­duto a Roma, il suo corpo trovò temporanea sepol­tura nella basilica di S. Lorenzo in Lucina, per es­sere poi traslato nella cappella del Coro della Basi­lica Vaticana e infine in quella del SS. Sacramento della stessa basilica, con iscrizione pavimentale re­cante la data del 25 ag. 1635.

BIBL. – Cardella, III, pp. 319-321; Gams, p. 682; HC, III, pp. 11, 69, 144, 267; Signorelli 1968, pp. 78-80; Pinzi, p. 66; Guida TCI Lazio 1981, p. 270; Angeli 2003, pp. 469-470.

[Scheda di Marina Bucchi – Ibimus]