Strigelli, Vincenzo – Pittore (Viterbo, 20 nov. 1713 – 1° ago. 1769).

Figlio di Giovanni Battista e di Agnese Capalti. «Dotato di qualità tutt’altro che scarse», fu lungamente attivo a Viterbo e in diversi comuni del Lazio risultando più volte presente anche nella capitale. A Roma però, non essendo stata rintracciata alcuna opera di sua mano, sembra che il pittore svolgesse dapprima studi le­gati alla formazione, poi attività di supporto a Do­menico Corvi, concittadino ben più famoso col quale lo S. ebbe lunghi e stretti rapporti.

Giovan Domenico, fratello di Vincenzo, sposò tra l’altro Angela Banconi, sorella uterina del Corvi. Il Coretini (1774) ricorda che Vincenzo «si applicò in Roma alla pittura nella scuola del celebre Pietro Conca», da identificare col più noto Sebastiano o forse con Giovanni Conca, cugino di Pietro (Gossi). Sebbene il corpus di opere dello S. si presenti piuttosto ridotto, l’abitudine del pittore a firmare e datare le opere consente di ricostruirne con una certa precisione l’attività e l’evoluzione stilistica.

Al 1740 data la sua prima opera, il Martirio di san­t’Agata per la cappella Chigi Montoro nella chiesa della SS. Trinità a Viterbo. Del 1743 è l’Immacolata Concezione con i santi Lorenzo e Francesco per la chiesa parrocchiale di Pisciarelli, probabil­mente commissionatagli dal duca di Bracciano Bal­dassarre Odescalchi. Nel 1748 invece fu impegna­to ad affrescare con un’Incoronazione della Vergi­ne la volta della chiesa dei Ss. Maria e Biagio a Sant’Angelo Romano, pagatagli 380 scudi. Del 1749 è la Madonna Assunta con i santi Giovanni Evangelista e Giovanni Battista dell’altare mag­giore della collegiata di S. Giovanni a Nettuno.

Nel 1752 e nel 1754 (forse anche nel 1753) S. è regi­strato a Roma in casa con Domenico Corvi, par­rocchia di S. Andrea delle Fratte, mentre nel 1755 è a Viterbo. Qui gli fu affidata, accanto al Corvi e ad Anton Angelo Falaschi, la decorazione dell’interno della chiesa del Gonfalone (Empireo), consi­derato «il vertice raggiunto dalla pittura del Sette­cento a Viterbo» (Faldi). Al 1760 risale invece l’Al­legoria della città di Viterbo, dipinta nel soffitto della sala Rossa del palazzo comunale, mentre del 1761 è la tela con I santi Faustino e Giovita desti­nata all’omonima chiesa. L’ultima opera firmata dal pittore è la Strage degli innocenti realizzata nel 1764, ancora per la chiesa dei Ss. Faustino e Giovita, su commissione di Filippo Prada. Nel 1769 la Compagnia del Gonfalone gli affidò l’esecuzione di uno stendardo, esecuzione rimasta inevasa per la sua prematura morte all’età di soli 56 anni. Al pit­tore sono attribuiti anche alcune piccole tele a Gallese e a Rieti, una Apparizione celeste a sant’Andrea Avellino nella chiesa del Suffragio a Viterbo, un perduto quadro rappresentante San Pellegrino per l’omonima chiesa viterbese e il San Bartolomeo conservato nel Duomo.

BIBL. – Coretini 1774, p. 133; Faldi 1970, pp. 74-77; Gossi 1998.

[Scheda di Paola Caretta – Ansl]