Bussi, Papirio – Militare (n. Viterbo, 1559).
Figlio dell’avvocato Francesco (m. 1572) e di Porzia Martellacci di Cometo (Tarquinia) fu battezzato l’11 set. 1559. Ascritto all’Ordine cavalleresco di S. Stefano (26 giugno 1579), promosso dal Granducato di Toscana, fu coraggioso combattente sulle galere toscane e poi su quelle pontificie contro i pirati barbareschi. Nel 1605 fu nominato Luogotenente generale delle galere pontificie; in questa carica fece costruire una cappella nel vecchio ospedale di Civitavecchia. Nel set. 1606, mentre partecipava alla riunione annuale delle navi alleate a Messina, guidò una squadra navale contro quattro galere piratesche tunisine, catturandole nel mar Tirreno al largo della Calabria.
Nell’impresa liberò duecento cristiani e fece centotrenta prigionieri; animato da questo successo, aggiunse alla propria squadra una galera genovese da lui acquistata per proprio conto e, nell’inverno 1606-07 condusse una pericolosa campagna sulle coste barbaresche. Nel corso della campagna fu catturato e portato prigioniero ad Algeri, dove per il suo coraggio e bell’aspetto ottenne il favore di una figlia del locale bej che lo aiutò a fuggire. Su un battello di fortuna riuscì, dopo tre giorni di navigazione, a sbarcare a Maiorca. Dalla Spagna, privo di mezzi e reso quasi mendicante, raggiunse infine a piedi la nativa Viterbo.
Memore della straordinaria disavventura vissuta, attribuendo la propria salvezza a intervento celeste, fece costruire la cappella di S. Raimondo di Peñafort nel santuario viterbese di S. Maria della Quercia (1608, bella iscrizione ivi) realizzata dal maestro marmoraro Leonetto Carrarini di Orvieto; sull’altare fece porre un quadro con il santo titolare, protettore degli schiavi, probabilmente eseguita dal pittore fiammingo Francesco Castelli. Lo stesso episodio è soggetto di un affresco in una lunetta del chiostro del santuario. Amante di lettere, da giovane fu interprete dell’apostolo Giovanni nella solenne rappresentazione della Passione di Curzio Faiani (Viterbo 1582); in seguito fu membro dell’Accademia romana degli Umoristi. Si ignora la data della morte. Nel 1617 era ancora vivo e riceveva in dedica una edizione della Fisonomía naturale di monsignor Giovanni Ingegneri da parte dello stampatore viterbese Pietro Discepolo.
BIBL. – Marchesi 1735, II, pp. 561-562; Marocco, XIV, p. 49; Valori 1943, p. 62 (con altra bibl. specifica sulla sua attività militare); Signorelli 1968, p. 77.
[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]