Caccia – Famiglia (Secc. XVI- XVIII)
Nobile famiglia stabilita a Roma e a Sant’Oreste nel sec. XVI. Si tratta di un ramo di un’antica famiglia di Novara, che ebbe un ruolo di notevole importanza non solo a Novara e nel suo territorio, ma anche a Milano e nel Canton Ticino (secc. XIV-XX). Il ramo stabilito nel Lazio vi era probabilmente venuto al servizio dei Farnese: il cardinal Alessandro fece costruire, a partire dal 1559, il grande palazzo di Caprarola, ma nel contempo lo stesso architetto di Caprarola, Jacopo Barozzi detto il Vignola, lavorava anche a Sant’Oreste nella nuova chiesa di S. Lorenzo. Alla realizzazione di questa chiesa prese parte Giovanni (Giovanni Filippo Maria), cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, che fece apporre lo stemma Caccia sul bel pulpito della chiesa, terminata nel 1571. In seguito Giovanni, divenuto commendatore del citato ordine cavalleresco, costruì a Sant’Oreste il bel palazzo di famiglia; architetto ne fu ancora il Vignola. I lavori al palazzo, eretto in adiacenza alle mura cittadine, vicino al palazzo abbaziale (Sant’Oreste e tutto il Soratte appartenevano all’abbazia delle Tre Fontane, di cui era abate commendatario il cardinal Farnese), terminarono nel 1589; all’interno ampie sale, la maggiore con affreschi oggi purtroppo deperiti. Nel 1593 andò distrutta l’antica chiesa di S. Biagio, che fino al 1570 era stata la parrocchia di Sant’Oreste; Giovanni contribuì alla sua ricostruzione, probabilmente con lascito testamentario (1598).
Ma l’arrivo dei C. a Sant’Oreste deve essere avvenuto prima ancora della costruzione della collegiata di S. Lorenzo, giacché nel 1562 nasceva a Sant’Oreste Bernardino Lupi, figlio di Tarquinio e di Gentilesca Caccia, la quale era a sua volta figlia del cavalier Pietro. Altri membri della famiglia furono Filippo, che sposò la gentildonna viterbese Corinzia Guazza e visse a Sant’Oreste, e Domenico, nato a Sant’Oreste verso il 1575, che fu conservatore del Comune di Roma per due volte (1600, 1633) e tenne in affitto il casale della Magliana, di proprietà del monastero romano di S. Cecilia. Al 1595 risale l’acquisto dei piccoli feudi sabini di Vacone e Poggio Sommavilla, venduti ai C. da Pietro Caetani duca di Sermoneta. Ai C. interessò soprattutto il castello di Poggio Sommavilla, non lontano da Sant’Oreste giacché posto al di là del Tevere all’altezza del Soratte; quanto a Vacone, posta più a nordest, al di là della sede vescovile di Vescovìo, verso il 1620 fu ceduta al conte Gasparo Spada di Temi.
Per quanto minuscolo, il feudo di Poggio Sommavilla offrì ai C. buone opportunità: nel 1605 papa Paolo V istituì il governatorato della provincia di Sabina, ponendone la sede a Collevecchio (a ciò spinto dall’avvocato concistoriale Paolo Coperchi e dal prelato Ortensio De Rossi, nativi di Collevecchio); essendo Poggio Sommavilla vicinissima a Collevecchio (del quale Comune è tuttora frazione), i C. ebbero casa anche in quel borgo fin dal 1595. A Collevecchio i C. furono ben presenti con il cavalier Pietro, priore del Comune e collaboratore del governatore Arcasio Ricci nell’erezione delle mura del borgo, nonché per organizzarvi, costruendo le necessarie strade, il mercato concesso da Urbano VIII a quel capoluogo (1628); queste opere sono ricordate, con il suo nome, in una iscrizione posta sulla Porta Cappuccina. A Collevecchio era nato nel 1598 Giovanni Paolo, che si laureò in legge e intraprese la carriera amministrativa; fu governatore di Recanati, di Imola (1644) e di Cesena (1646), protonotario apostolico, infine vescovo della Marsica (18 mag. 1648) dove avviò una visita pastorale della quale rimane la documentazione. Figlio di Filippo era Paolo, nato a Sant’Oreste, appassionato di musica e mecenate di musicisti che gli dedicarono spesso loro composizioni.
A Roma i C. furono in rapporti, oltreché con i Farnese, con le nobili famiglie di finanzieri fiorentini Capponi, Falconieri e Nicolini, presso i banchi delle quali ebbero censi. Dopo aver ceduto ai Capponi la metà di Poggio Sommavilla nel 1630, da questi poi ceduta ai De Rossi di Collevecchio, nel 1673 non avevano più nemmeno il titolo e poco dopo vendettero anche ciò che rimaneva al ricco mercante Giuseppe Giraud.
I C. si estinsero alla metà del Settecento, lasciando non poche memorie di sé a Sant’Oreste. Tutto il loro patrimonio, compreso il palazzo di Sant’Oreste, passò nel 1759 al marchese Ortensio De Rossi di Collevecchio; a loro volta i De Rossi si estinsero nei marchesi Canali di Rieti.
Il ramo principale dei C. è fiorito a Milano, Novara e Lugano nei secoli seguenti, soprattutto nella linea dei Caccia Dominioni, insigniti dei titoli di conti nel 1759, forse per l’estinzione dei C. di Sant’Oreste.
BIBL. – Amayden, I, p. 345; Marocco, I, pp. 132-133, 162; Di Pietro 1872, pp. 179-182; Tomassetti, VI, p. 392; Silvestrelli, p. 472; De Carolis 1931, pp. 62, 123; HC, VI, p. 392; Weber 1994, pp. 198, 272, 533; Amiconi 2001; Rendina 2004, p. 167; Franchi 2006, pp. 898-901, 917-919; Donati 2007.