Candelari, Chiara – Educatrice (Viterbo?, 1685 – Roma, 27 nov. 1754)
Figlia di Pietro e di Lavinia Ercole, di famiglia originaria di Ancona, era nata nell’anno in cui santa Rosa Venerini apriva la sua prima scuola a Viterbo, scuola che poi la C. frequentò ed ebbe come direttore spirituale quel padre Martinelli che già era stato così importante nella vita della santa. Nel 1713 seguì Rosa a Roma alla fondazione della prima scuola nella capitale e fu designata da lei a succederle nel 1728 a tutto l’Istituto delle Maestre Pie Venerini. E la C. corrispose al disegno della fondatrice dando continuità alla sua linea, senza sobbalzi ed innovazioni particolari. Divenuta Superiora generale fu l’unica a mantenere questo incarico a vita, fino al 1754. Durante il suo governo dell’Istituto collaborò all’apertura di 12 scuole che segnarono l’espansione dell’Istituto nell’Umbria, nelle Marche e in Toscana.
Una innovazione fu apportata alle regole che disciplinavano l’entrata nell’Istituto: l’introduzione di una “dote” che ogni novizia doveva portare e che sarebbe rimasta legata alla casa dove fosse entrata per vestire l’abito. Si trattava di 200 scudi che i genitori delle novizie si impegnavano a versare all’atto dell’ingresso di una giovane nella comunità e che, per l’epoca, rappresentavano una somma non lieve al punto da selezionare le nuove maestre tra una fascia di gente “civile”, come si usava dire allora, non certo tra le figlie del popolo. Tale norma rimase in vigore sino ai primi anni dell’Ottocento quando la Superiora generale del tempo, Clara Deci, la riformulò lasciando libere le famiglie di versare la “dote” se le condizioni economiche lo permettevano. L’introduzione della “dote” rese più complessa la creazione delle nuove scuole dato che il versamento di quel denaro ad una casa significava un diritto di stabilità di chi l’aveva versato. Fu solo il prevalere della dimensione missionaria che caratterizzò l’Istituto anche in questo periodo che consentì l’apertura di nuove scuole in piccoli centri dell’Italia centrale.
Durante il governo della C. si consolidò la prassi dei cardinali protettori. Il primo era stato il cardinale Giuseppe Sacripanti, ancora vivente Rosa Venerini. Suoi successori furono Bartolomeo Ruspoli, poi Giuseppe Firrao, poi ancora Domenico Orsini e il suo protettorato durò molto a lungo, dal 1749 al 1789. A seconda dei rapporti che si venivano a stabilire tra la Superiora generale e il cardinale protettore, l’autonomia dell’Istituto finiva per essere condizionata da quella presenza anche se talvolta l’azione del cardinale protettore evitò guai maggiore per la volontà accentratrice degli ambienti di Curia. Quando Benedetto XIV pubblicò la costituzione Quamvis justo nell’aprile del 1749 per regolamentare l’Istituto delle Dame Inglesi, fece riferimento sia alle Maestre Pie Venerini che alle Maestre Pie Filippini indicando che nei due Istituti si era introdotta la prassi della elezione della Superiora generale ogni tre anni: per le Venerini ancora non era così ma da allora, dopo la morte della C., si avviò questa modalità di scelta di colei che doveva succedere per una durata di tre anni (che però spesso era rinnovata per altro triennio) sulla base di una rosa che era definita dal cardinale protettore e sulla quale tutte le maestre esprimevano la loro volontà..
La C. morì a Roma dopo 26 anni di governo, il 27 novembre 1754 nella nuova sede della scuola di Roma che da Piazza San Marco si era trasferita prima a Largo dei Ginnasi e, dal 1736, in Piazza del Gesù.
BIBL.: Maria Teresa Crescini, Storia di una Famiglia. Le Maestre Pie Venerini, Libreria Editrice Vaticana, 1919, p. 14, 125-165.