Cartaro, Mario – Incisore, cartografo, mercante di stampe (Viterbo, secc. XVI-XVII).

Si ignora la sua data di nascita esatta. Il Bartsch dalla grafia del nome «Kartarius» lo credette d’origine nordica, mentre egli stesso nella pianta di Roma si definì «Marius Kartarius Viterbensis». L’origine viterbese è documentata da Federici, il quale ipotizza che C. sia piuttosto un soprannome derivatogli dalla sua arte. La maggior parte dei suoi lavori ha come sigla il monogramma composto di una M e di una K in lettere capitali; solo cinque sono firmati «Kartarus» e sette «Cartarus» o «Cartarius». Dall’uso del monogramma C. derivò il vezzo di usare la lettera K anche per il suo cognome. Sappiamo che fu attivo a Roma già nel 1560: a questo anno risale infatti la sua prima incisione datata, una copia in controparte dell’Adorazione dei pastori di Aldegrever.

Per quanto riguarda la sua attività di stampatore e incisore va notato che riuscì a tenere una sua bottega durante il monopolio Lafréry-Duchet, mantenendo una certa indipendenza anche se sue incisioni sono incluse in alcune raccolte di Lafréry. Nel 1580 fu incaricato della stima dei beni dello stesso Lafréry, e della divisione delle sue sostanze tra gli eredi Claude ed Etienne Duchet. Nell’atto notarile è citato come «incisor seu impressor»: questo documento è importante sia perché testimonia la reputazione di cui C. doveva ormai godere a Roma non solo come intagliatore ma anche come conoscitore ed esperto nel mercato delle stampe, sia perché vi è indicato il suo status di incisore e stampatore.

Come riproduttore incise alcuni capolavori di maestri del Rinascimento o contemporanei quali la Pietà (1564) e il Giudizio universale (1569) di Michelangelo, La discesa di Cristo al limbo di Mantegna (1566), San Girolamo nello studio di Dürer (1564), l’Ultima cena di Raffaello (1573), il Martirio di santa Caterina d’Alessandria (1567) di Salviati, Santa Verediana (1574) di Federico Zuccari, ma guardò anche ad artisti nordici (la Cacciata dei mercanti dal tempio di Jan van der Straet, il Giudizio universale di Maarten van Heemskerck, la Conversione di san Paolo di Jean Cousin).

La maggior parte della sua produzione (circa cinquanta sul centinaio di opere note) è rappresentata da stampe a soggetto religioso: fra le tante San Michele Arcangelo (1571), Le cose ammirevoli di sant’Agostino (1570), Cristo sul sepolcro sostenuto da un angelo (1568). Lo stile delle sue incisioni rispecchiava pienamente le nuove esigenze diffuse dalla Controriforma ovvero commuovere e toccare l’anima dei fedeli attraverso le immagini devozionali. Il repertorio delle opere della sua bottega comprendeva anche architetture moderne come la Facciata della chiesa del Gesù (1573), il Giardino del Belvedere (1574), la Pianta di una fortezza (1577) e la Villa d’Este a Tivoli (1575) desunta da un bulino di Étienne Dupérac: vi erano anche architetture romane (Corografia delle Terme di Diocleziano) e celebri statue come l’Ercole farnese, il Satiro e il Bacchino (tratto in controparte da un’incisione di Cort), lo Spinario. Non mancavano poi soggetti allegorici come la Giustizia (1568), Paesaggio con pastore addormentato (da Tiziano) e una Allegoria del tempo (1563).

C. realizzò anche alcune serie, come i Ritratti dei primi ventiquattro Imperatori Romani (1578) e le ventisei stampe di Vedute di edifici, rovine e ponti dì Roma con dedica al cardinale Ascanio Sforza, incisa da Michele Lucchese prima del 1564 e riedita da C. nel 1578 (probabilmente le matrici furono acquistate da C.). Illustrò libri: Familiae romanae di Fulvio Orsini (Romae, impensis haeredum Francisci Tramezini, apud Iosephum de Angelis, 1577), diciassette tavole per le Icones operum misericordiae di Giulio Roscio Ortino (Romae, ex typographia Bartholomaei Bonfadini in via Pe­regrini, 1585), Hìstoria naturale (Napoli, nella stamparia a Porta Reale per Costantino Vitale, 1599) di Ferrante Imperato. Della sua attività di cartografo oggi si conoscono una trentina di carte, a cominciare dalle mappe delle isole di Cipro e di Candia da lui incise nel 1562, che con la carta della Palestina (1563) hanno l’excudit del veneziano Bertelli. Seguirono le piante di Raab (1566), Famagosta ( 1571 ) e Tunisi ( 1574). Nel 1574 incise la pic­cola Urbis Romae descrìptio, una pianta di Roma moderna, e l’anno successivo la grande Novissimae urbis Romae accuratissima descriptio (di circa 25 anni posteriore a quella del Bufalini), la sola che riproduca la città alla vigilia del gran movimento edilizio di Sisto V. Del 1577 è una Carta dell’Italia, del 1579 sono le piante di Roma antica, di Maastricht e di Napoli. Nel 1580 incise la rara Descrittione del territorio di Perugia disegnata da Egnazio Danti e le piante di Venezia e Lisbona, dell’anno seguente sono le piante di Messina, Genova e Palermo. Realizzò in seguito le corografie di Pozzuoli (1584 e 1586), una carta della Sicilia (1585) e una di Ischia (dedicata a Isabella da Feltre ed incisa per un volume di Giulio Jasolini), la Descrizione di Roma (1603) e la carta del Reame di Napoli del 1611.

A ciò si aggiungono anche due globi, celeste e terreste, preziosi data la rarità dei globi a stampa di fattura italiana del sec. XVI. Si tratta di due sfere di legno pieno in noce del diametro di 156 mm, sulle quali furono incollate le stampe di C. datate 1577, colorate e tagliate seguendo le linee degli spicchi delle sfere. C. realizzò anche tavole che descrivono l’Universo, come la Descrizione della sfera (1579), calendari come il Lunario del 1573 e tavole con previsioni meteorologiche legate alle posizioni astrali e al cambio delle stagioni, come la Tavola dei venti e delle tempeste (1579) e Pronostico (1574). Oltre a incidere stampe e carte geografiche C. si dedicò al commercio e alla tiratura delle stampe, acquistando rami già incisi a volte senza neanche cancellare il monogramma del vero autore. Rimase a Roma fino al 1590, anno in cui pubblicò l’Antinoo del Belvedere.

La parte finale della sua vita si svolse a Napoli, dove fii incaricato dalla Regia Camera di realizzare carte e piante. Nel maggio 1591 collaborò con Nicolò Antonio Sfigliola per «riconoscere una descrittione del Regno»; nel 1593 fu assunto tra gli ingegneri della Regia Corte. Nel 1596 il Tribunale chiamò Domenico Fontana per dirimere un disaccordo sorto tra C. e Sfigliola per la sistemazione della Cortina di Sant’Agnello a Napoli. Nel 1611 pubblicò la carta ufficiale del Regno di Napoli con dedica al viceré Don Pietro Femandes di Castro, duca di Lemos. C. mori il 16 apr. 1620: la sua carica di ingegnere e cosmografo del Regno fu ereditata dal figlio Bartolomeo.

BIBL. –  Rocchi 1902, pp. 71-100; Luchetti 1955; Fabia Borroni in DBI, 20, pp. 796-799 (con rif. bibl.); Cattaneo 1998; Tooley 1999, p. 237.

[Scheda di Marina Fiorenti – Ibimus]