Farnese, Odoardo – Cardinale, mecenate (Parma, 8 dic. 1573 – ivi, 11 feb. 1626).
Era figlio di Alessandro (Roma 1545 – Fiandre 1592), duca di Parma e Piacenza, e di Maria di Braganza-Guimarães (Portogallo 1542 – Parma 17 luglio 1577), imparentata con la casata inglese dei Lancaster; i genitori si erano uniti in matrimonio a Bruxelles nel 1565. Alessandro era il figlio di Ottavio e di Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, e nel 1577 fu inviato dallo zio Filippo II nelle Fiandre come governatore. Odoardo era il terzogenito, dopo Margherita (Parma 7 nov. 1567 – ivi 13 apr. 1643), religiosa nel convento di S. Alessandro a Parma, con il nome di Maura Lucenia, dopo l’annullamento, nel 1583, dell’unione con Vincenzo Gonzaga, figlio del duca di Mantova, e dopo Ranuccio, a cui sarà lasciato in eredità il ducato di Parma e Piacenza.
Odoardo fu educato a Roma, presso il cardinale Alessandro, da Fulvio Orsini (1529-1600), antiquario, bibliotecario dei Farnese e curatore delle collezioni artistiche della famiglia. Nel 1590 gli fu assegnata la rendita dell’arcivescovado di Monreale, prima riservata al prozio Alessandro; questi, morto nel 1589, aveva lasciato ad Odoardo metà dei beni mobili, ma il papa Sisto V aveva bloccato il testamento: Odoardo ricevette soltanto la rendita dell’abbazia di Grottaferrata, della quale fu commendatario fino alla morte. Il 6 marzo 1591 fu eletto cardinale dal pontefice Gregorio XIV; il 20 nov. ebbe il titolo di diacono di S. Adriano, passando poi a quello di S. Eustachio (12 giugno 1595). Chiamò a Roma uno dei suoi precettori, Gabriele Bombasi, che aveva pronunciato, nel 1586, l’orazione funebre in occasione del funerale dello zio Ottavio. Per conto del fratello Ranuccio, duca di Parma, governò il Ducato di Castro e Ronciglione; il suo peso nell’Alto Lazio divenne pieno con la nomina a legato apostolico del Patrimonio di S. Pietro (15 dic.; per oltre un ventennio resse i territori della Chiesa e quelli propri della sua famiglia «con isquisita sapienza e rara prudenza» – Moroni). Notevole fu il suo ruolo nel pontificato di Clemente VIII, con la cui famiglia F. mantenne stretti rapporti, sfociati nelle nozze di suo fratello Ranuccio con Margherita Aldobrandini, nipote del papa (7 maggio). Poco prima (19 feb. 1600) Clemente VIII lo aveva nominato protettore dell’Inghilterra e governatore di Vetralla (dove agirà tramite il luogotenente Galeazzo Sanvitale di Parma); nel corso della vita F. fu anche protettore del Portogallo, dell’Aragona, della Svezia, della Svizzera, della repubblica di Ragusa, della Valtellina, nonché dei Certosini, del Collegio degli Orfani, dell’Ospedale degli Incurabili, delle confraternite del Rosario, della Morte, del Gonfalone, del Carmine e amministratore dell’Arciconfratemita di S. Carlo.
Ebbe poi il titolo cardinalizio di S. Maria in Via Lata ( 13 nov. 1617), tenuto fino al gen. 1621; ivi istituì il Collegio dei beneficiati e chierici beneficiati (bolla di Paolo V del 15 luglio 1618). Nel 1612 era nato al fratello Ranuccio e alla cognata Margherita il primo figlio maschio, a cui fu posto il nome di Odoardo, in onore del cardinale. L’11 gen. 1621 F. prese gli ordini maggiori; il 3 marzo gli fu conferita la diocesi della Sabina (fu consacrato vescovo il 2 luglio al Gesù dal cardinal Bellarmino), nel governo della quale sarà ricordato come «principe pieno di magnificenza, gentilezza e prudenza» (Sperandio); il 28 sett. 1623 fu trasferito alla diocesi di Frascati, che tenne fino alla morte.
Morto il fratello Ranuccio nel 1622, fu reggente, in qualità di tutore del nipote Odoardo, del ducato di Parma e Piacenza e di quello di Castro e Ronciglione. Morì a Parma, lasciando come erede il nipote omonimo. La salma fu traslata a Roma e sepolta al Gesù davanti all’altar maggiore.
F. fu promotore di molte iniziative culturali e grande mecenate artistico; il Moroni lo ricorda come «munifico e liberale co’ letterati, generoso co’ poveri, facile a dimenticare le ingiurie, amato da’ popoli, e di carattere umile e tranquillo». A lui si devono molte commissioni ai fratelli Annibale e Agostino Carracci, ai quali affidò la decorazione della Galleria e del palazzo di famiglia di Roma. In occasione del carnevale del 1594 organizzò un sontuoso banchetto nel castello di Isola Farnese. Nel 1600 fece realizzare, nell’eremo di Camaldoli, una cella dedicata a santa Maddalena. Tra il 1602 e il 1603 iniziò la costruzione di un palazzo con giardino, dietro quello Farnese, su via Giulia, vicino alla chiesa di S. Maria dell’Orazione e Morte, la cui confraternita beneficò con ricco lascito testamentario. Nell’abbazia di S. Nilo a Grottaferrata fece edificare e decorare dal Domenichino la cappella dei Ss. Fondatori (1610); a favore dell’abbazia sostenne una lunga vertenza con Casa Colonna, al termine della quale il tribunale della Rota attribuì a S. Nilo il pieno possesso e giurisdizione sulle vicine località di Castel de’ Paoli, Campovecchio, Squarciarelli, San Lorenzo e Pozzo Calvino (3 ago. 1606). In onore di F. nel 1606 si tenne la corsa delle barche sul lago di Bolsena, da Capodimonte all’Isola Bisentina. Tra il 1599 e il 1623 il cardinale fece costruire dall’architetto Girolamo Rainaldi la casa professa dei Gesuiti accanto alla chiesa del Gesù di Roma, e per se stesso riservò una piccola cappella all’interno, in cui fu posto un quadro del Domenichino. La generosa protezione da lui riservata alla Compagnia di Gesù riguardò in modo speciale Roberto Bellarmino, che gli dedicò i De aeterna felicitate sanctorum libri quinque; del Bellarmino fece costruire la tomba dal Bernini. Incaricò il Rainaldi di intervenire anche nel palazzo di Caprarola, a cui aggiunse una villa, facendo poi dipingere il casino di caccia e creando un orto botanico; a lui si deve anche l’erezione della chiesa locale di S. Teresa (1620), per il cui altar maggiore fece dipingere un quadro a Guido Reni (1624).
Odoardo fu benefattore della chiesa e del convento dei Carmelitani Scalzi a Caprarola e dell’Ospizio degli Orfani a Roma, vicino alla chiesa di S. Maria in Aquiro; sempre a Roma, protesse la Confraternita del Carmine, della quale fece costruire l’oratorio (1605). Fu tra i promotori della ristrutturazione della collegiata di S. Giovanni a Grotte di Castro, dove era conservata l’immagine della Madonna del Suffragio, e appoggiò nel 1621 l’istituzione di un collegio della Compagnia di Gesù a Viterbo, dove inoltre completò le mura. A Magliano Sabina, come vescovo, fece mattonare le strade e ricostruire il campanile, per cui i cittadini gli posero un’iscrizione elogiativa nella cattedrale (1622). Protettore e mecenate degli Accademici di Caprarola, patrocinò nel 1609 l’apertura di una tipografìa a Ronciglione e sostenne la locale Accademia dei Desiderosi. Ereditò, grazie a Fulvio Orsini, una parte cospicua della collezione, composta da cammei, medaglie e acquemarine, della famiglia romana dei Gabrielli, che abitavano vicino alla chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Un ritratto di F. è nella chiesa del Gesù di Roma. Il suo stemma si trova a Viterbo, a piazza d’Erbe. Sostenitore di artisti, letterati e musicisti, a lui furono dedicate molte opere, tra cui la tragedia San Bartolomeo apostolo di Alessandro Donzellini da Bolsena (1585), il trattato Del cardinale scritto da Fabio Albergati (1598), la Tragedia di santo Eustachio (1606) e il poemetto La Caprarola di Giovanni Antonio Liberati (1614), un saggio del medico Mariano Ghezzi sulla salubrità dell’aria di Castro (1610), la tragicommedia Il Dario coronato del suo teologo Pietro Cioffi da Castel Madama ( 1611 ), la pastorale Amaranto di Giovanni de Nobili (1618), la commedia Le meraviglie d’amore di Battista Guarnelli (1612). Sotto l’assidua protezione di F. si svolse tutta l’attività del compositore Domenico Massenzio di Ronciglione. Alla sua presenza furono rappresentate a Caprarola e a Ronciglione La tragedia di santa Caterina vergine e martire di Lucillo Bramini da Ronciglione ( 1595), Il pastor fido di Battista Guarini (1596, seconda rappr. assoluta) e la commedia Gli intrichi d’amore attribuita a Torquato Tasso (1598, prima rappr.).
BIBL e FONTI – ASR, 30 Notai capitolini, uff. 25, not. Giulio Raimondi, n. 250, cc. 80r-86v, 109r-115v (testamento di Odoardo Farnese). BAV, Vat. lat., 9646, c. 369v (permanenza di Odoardo Farnese a Roma); Urb. lat., 1057, cc. 120r-v, 121r, 131v (4 e 18 marzo 1589). Bombasio 1587; Totti 1645, p. 392; Sperandio 1790, pp. 252-253; Annibali 1817-18; Marocco, VII, p. 83, XIV, p. 106; Ronchini 1880; Cavazzi 1908, p. 407; Del Prato 1908, p. 170; Tomassetti, IV, pp. 268,324; Benassi 1917; Orbaan 1925, p. 109; Essen 1933-37, I, p. 198, v, p. 379; HC, III, pp. 38, 51,54, IV, p. 38; Silva 1939; Drei 1954; DHGE, XVI, pp. 620-622; Gianni Ballistreri, Bombasi, Gabriele, in DBI, 11, pp. 377-379; Nasalli Rocca 1969; Labrot 1970; Tarquini 1976; Zapperi 1981, pp. 821-822; Fagliari Zeni Buchicchio 1984; Baroncelli 1986, pp. 7-104; Bemardinetti et al. 1988; Brown 1990; D’Orazi 1991, nn. 7, 14; Alessandro Donzellini 1994; Franchi 1994, pp. 225-226, 229-230; Weber 1994, pp. 424,430 (con elenco dei suoi vicelegati nel Patrimonio), 659; Clare Robertson-Roberto Zapperi in DBI, 45, pp. 112-119 (ampio profilo, con altra bibl.); Bellotto et al. 1997; Pozzi 1997, pp. 217-244; Bertini 2001 (epistolario di Odoardo negli archivi di Stato di Parma e Napoli e nella Bibl. Palatina di Parma).
[Scheda di Barbara Scanziani e Redazione Ibimus]