Frezza Giuseppe, O.F.M. conv. – Religioso, musicista (Grotte di Castro secc. XVII-XVIII).

Entrò nell’Ordine dei Francescani Conventuali dopo i primi studi svolti nel convento di S. Marco della sua terra natale. Professò nel convento di S. Maria (oggi S. Francesco) ad Acquapendente, dove proseguì gli studi. Si trasferì poi nel collegio di S. Antonio a Padova, dove gli studi di teologia gli valsero il titolo di baccelliere e poi quello di maestro di teologia. Nell’intensa attività svolta nell’Ordine, fu insegnante per tre anni a Venezia come maestro dei novizi, professore di teologia morale per due anni a Viterbo, per sei mesi nel Seminario di Bagnoregio e per cinque anni ad Acquapendente; fu anche insegnante di latino e morale nella scuola pubblica di Pitigliano, dal 30 ago. 1697 «baccelliere di conven­to» a Padova e lettore dei professi al convento dei Frari di Venezia. Fu anche predicatore: nella quaresima 1701 predicò a Brescia.

Nel maggio dello stesso anno il nuovo generale dell’Ordine, padre Vincenzo Maria Coronelli, lo chiamò a Roma presso la Curia generalizia, il convento romano dei SS. Apostoli, dandogli la carica di litterarius, cioè responsabile della corrispondenza; ma in realtà il suo compito fu quello di segretario particolare di Coronelli, al quale da anni lo legava una stretta amicizia: era membro della veneziana Accademia degli Argonauti, fondata dal Coronelli e dedita alle ricerche geografiche, campo nel quale il generale era il massimo specialista d’Europa. Lavorando a fianco di Coronelli, F. diede un notevole contributo all’opera più ambiziosa di quel dotto, la Biblioteca universale, di cui usciranno sette volumi (fino alla lettera C). I due convergevano anche sul piano religioso, con idee di forte impegno e di rigore per la conduzione dell’ordine: come disse lo stesso Coronelli, F. era «tutto zelo».

Come segretario, F. seguì Coronelli all’Aquila (luglio 1701), dove il generale era stato invitato dal governatore per comporre un grave dissidio tra i Francescani di quella città e i magistrati regi; da lì proseguirono insieme per una visita ad Assisi e agli altri conventi francescani dell’Umbria, proseguendo poi verso Venezia. Qui l’importante presenza di F. presso Coronelli fu ragione sufficiente per la forte resistenza dei frati del convento veneziano (i «Frari») contro il generale, che ivi da tempo aveva posto la sede degli Argonauti. Contro Coronelli e F. si pose allora anche il provinciale della Provincia Veneta dell’Ordine, che risiedeva a Padova.

Al culmine di questi e di altri dissapori, Coronelli nominò F. visitatore e commissario degli studi della Provincia Veneta dell’Ordine (11 nov. 1701), nomina che sembrò una provocazione, giacché F. era ritenuto, a ragione o a torto, responsabile della linea rigorista del generale, sempre più apertamente contestata. Nel nuovo incarico, F. divenne reggente del famoso Studio dei Frari, dove tenne le fila degli Argonauti e delle ricerche del Coronelli, nel frattempo tornato a Roma.

Le proteste contro il generale non erano cessate (altri conventi, e specialmente quello di Assisi, aggiunsero le proprie), giungendo alle orecchie di papa Clemente XI. Quando nel sett. 1704 Coronelli, infrangendo un preciso ordine del papa, tornò a Venezia su suggerimento di F. per i complessi lavori alla Biblioteca universale, la sua sorte era segnata: meno di due mesi dopo fu deposto, pur mantenendo il puro titolo di generale per altri tre anni, ma senza alcun potere. Nella caduta di Coronelli fu ovviamente coinvolto il F., la cui carriera nell’Ordine sembrava a un passo dalle cariche più alte. Tornò nel Lazio, dove fu custode del convento di S. Francesco a Viterbo. In quella chiesa, su incarico della famiglia Fieschi, curò il restauro del sepolcro di papa Adriano V (morto a Viterbo nel 1276); il restauro è ricordato da un’iscrizione che F. vi fece porre nel 1715. Solo dopo molti anni trascorsi a Viterbo fu eletto provinciale della Provincia Romana (breve papale dell’8 maggio 1718). Era rimasto legato a Grotte di Castro, il cui piccolo convento francescano volle annoverarlo come membro onorario; F. rispose donando 30 scudi a quei frati. Morì in tarda età il 12 marzo 1743.

Di F. ci restano due opere sul canto liturgico: II cantore ecclesiastico (Padova, nella stamperia del Seminario, 1698), dedicato dall’autore al generale dell’ordine Felice Rotondi da Monteleone; è un trattato di canto fermo, destinato alla formazione dei Minori Conventuali, ma anche, come recita il frontespizio, a «beneficio commune» di tutti gli ecclesiastici. L’altra opera è intitolata Symbolum apostolorum cum aliis cantionibus ecclesiasticis cantu firmo semifigurato multifariam secundum temporum diversitatem ad ecclesiarum usum ac studiosorum exercitium variatum (Patavii, ex Typographia Seminarii, s.a. [ma 1698]); il maggiore interesse risiede nel presentare un «cantus firmus semifiguratus», cioè in quella pratica, già presente in diversi ordini religiosi fin dal Basso Medioevo, oggi detta «polifonia semplice» (cantus planus binatim).

BIBL. – Marocco, XIV, p. 81; Gaspari, I, pp. 176, 178-179; Gatti 1976, pp. 89, 526-527, 550, 579, 620 e passim (con rif. alle fonti).

[Scheda di Saverio Franchi-Ibimus]