Giarda Cristoforo, b. (al secolo Pietro Antonio) – Vescovo (Vespolate,  21 set. 1595 – Monterosi, 20 mar. 1649).

Figlio di Giovanni Gia­como e di Margherita, battezzato con il nome di Pietro Antonio, nel 1611 entrò nel collegio di S. Barnaba a Milano; venne ordinato sacerdote a Lodi il 14 marzo 1620 e assegnato alla comunità barna­bita del collegio di Montargis, dove rimase per tre anni. Tornato a Milano, ricevette l’incarico di do­cente presso il collegio di Sant’Alessandro; in que­sto periodo pubblicò le sue due prime opere: Apis religiosa: opusculum in tres libellos distributum, in quibus perpetua cum Apis, tum religionis conten­tione religiosae vitae ratio tanquam in naturae spe­culo breviter ostenditur (Mediolani, apud Ioan. Bapt. Bidellium, 1625), densa meditazione sulla vita religiosa scritta in occasione del giubileo del 1625 e dedicata al papa Urbano VIII Barberini, e Bi­bliothecae Alexandrinae icones symbolicae (Me­diolani, ex typographia Hered. Melchioris Malatestae 1626), testo di iconologia illustrato da France­sco Bassani.

Nel 1626 si trasferì a Bologna e poi a Roma, dove fu preposto delle chiese di S. Paolo alla Colonna (1631-1634) e di S. Carlo ai Catinari (1635-1639, 1644-1645), quindi provinciale (1641­1644). Nel 1644 l’ascesa al soglio pontificio di In­nocenzo X favorì la carriera ecclesiastica del G., cui venne affidato l’incarico di promuovere la cano­nizzazione di san Francesco di Sales, sul quale scrisse in collaborazione con l’abate Gabriele de Besançon il Compendio della vita del venerabil servo di Dio monsignor Francesco di Sales (Roma, Filippo de’ Rossi, 1648). Il 25 apr. 1648 il G. fu no­minato vescovo di Castro, diocesi modesta e inoltre interessata da un annoso contrasto tra i Farnese, feudatari del ducato, e il papato, che era già scatu­rito nella cosiddetta prima guerra di Castro (1641-­1644) e che in quel periodo vedeva un riaccender­si delle ostilità tra Ranuccio Farnese, duca di Castro, e la Camera Apostolica in ragione di un’anti­ca e mai sanata morosità della casata.

Ritenendo inaccettabile l’intromissione del papa nelle vicende politiche del ducato, Ranuccio impedì al G. di fare ingresso nella diocesi, e dunque il vescovo poté prenderne possesso solo per aspectum, inviando in sua vece il canonico Carlo Grossi; intraprese il viaggio verso Castro su intimazione del papa il 18 marzo del 1649, ma venne gravemente ferito da quattro colpi di archibugio sparati da due uomini assoldati dal ministro di Ranuccio, il marchese Ja­copo Guafrido, lungo la via Cassia nei pressi di Monterosi, dove spirò il giorno successivo.

Depo­ste nella chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio, le sue spoglie vennero traslate dopo nove giorni a Roma e tumulate nella chiesa di S. Carlo ai Catinari. In ragione dell’accaduto, Innocenzo X emise la sco­munica contro gli assassini e i mandanti e ordinò l’assedio della cittadina, che espugnò il 2 sett. 1649 e otto mesi più tardi fece radere al suolo. Il ponte­fice aveva intanto provveduto a trasferire, con la bolla In supremo militantis Ecclesiae throno del 13 sett. 1649, la sede vescovile ad Acquapendente, già appartenente alla diocesi di Orvieto, e nella chiesa del S. Sepolcro, dichiarata cattedrale, fece colloca­re la cattedra, le reliquie e le suppellettili sacre che erano state rimosse da Castro.

BIBL. – Ungarelli 1836, I, pp. 364-369; Moroni, CI, pp. 272­273; Costantini 1903, p. 145; Boffito, II, pp. 236-243; HC, IV, p. 140; Biondi 1950, pp. 13-14; Luzi 1977; Luzi 1980, pp. 35-39: 36; Sciarra – De Carolis 1983, p. 236; Luzi 1986; Dario Busolini in DBI, 54, pp. 571-574; Luzi 2000, pp. 29­31.

[Scheda di Marina Bucchi – Ibimus]