Marescotti – Famiglia (Vignanello, secc. XVI-XX)

Antica famiglia patrizia e se­natoria di Bologna (con tradizione leggendaria di discendenza da Mario Scoto figlio di William, con­te di Douglas, anno 801) con un importante ramo romano fondato da Sforza Marescotti, signore di Vignanello, terra della quale ebbero il titolo comi­tale, unito in seguito alla signoria di Parrano in Um­bria. Sforza fu uomo d’arme, chiamato a Roma da Paolo III. Nel 1537 Sforza sposò la pronipote del papa, Maria Ortensia di Antonio Baglioni, contes­sa di Vignanello, già vedova del conte Girolamo di Marsciano, recantegli in dote quel castello, ove gli sposi si stabilirono. Le nozze suscitarono lo sdegno dei conti di Marsciano, che attendevano di suben­trare nel possesso di Vignanello e che per decenni alimenteranno ostilità e tensioni in quella zona. A questa situazione Sforza reagì assecondando la pro­pria natura autoritaria e prepotente, atteggiamento mal tollerato dagli abitanti di Vignanello, che po­chi mesi dopo lo uccisero (1538).

Il figlio Alfon­so, nato in quell’anno a Vignanello, fu ammesso nel 1560 nella nobiltà di Viterbo. Sposò Ortensia Far­nese (m. 2 apr. 1582), poi la patrizia perugina Giu­lia di Alberto Baglioni, recante in dote la signoria di Parrano, confermatagli da papa Clemente VIII. Nel 1575 fece condurre grandi lavori di rifacimento del castello di Vignanello, dove condivideva il titolo di conte con il figlio Marcantonio. Quest’ultimo, di temperamento violento, entrò in contrasto con i massari del luogo, giungendo ad uccidere il priore di quella comunità (1577) e fu carcerato insieme a suo padre. Dopo una lunga vicenda, padre e figlio furono infine graziati da Clemente VIII nel 1592, ma privati del dominio su Vignanello in favore del fi­glio di Marcantonio, Sforza Vicino, da poco nato. Alfonso mori a Roma il 25 marzo 1594 e fu sepol­to con iscrizione in S. Girolamo della Carità. In questi anni Marcantonio ebbe dalla moglie Ottavia di Vicino Orsini altri figli, tra cui nel 1585 la futu­ra santa Giacinta (v.), il cui percorso rivolto a rifu­giarsi nella devozione e nelle opere di carità è me­glio illuminato dalle fosche vicende della famiglia. Non erano finite per Marcantonio le feroci ostilità nel suo feudo, di nuovo alimentate dai conti di Mar­sciano, mai rassegnatisi alla perdita di Vignanello, fin quando non ordirono un agguato in cui Mar­cantonio perse la vita (7 sett. 1608).

Il figlio Sfor­za Vicino, già nominalmente titolare dei feudi di Vignanello e Parrano, ne assunse poco dopo il pos­sesso effettivo e risollevò le sorti della famiglia sposando nel 1616 Vittoria di Orazio Ruspoli di Siena (m. Roma 11 febbr. 1681): si creava così il rapporto con quella ricchissima famiglia della qua­le in seguito i M. erediteranno nome e beni. Le noz­ze furono festeggiate all’inizio del 1617 con un tor­neo in via Giulia, cui partecipò la più grande no­biltà romana. A Vignanello Sforza Vicino fece ampliare e sistemare la piazza antistante il castello. Con la moglie protesse il medico e letterato Ber­nardino Todeschini di Vignanello, che nel 1629 gli dedicò la commedia La fida perregrina. Visse a Roma, nel proprio palazzo in via di Campo Mar­zio, e nel 1652 fu conservatore in Campidoglio. Ebbe esequie con musica nella chiesa degli Angeli Custodi (21 genn. 1656), della cui confraternita era membro.

Dei suoi figli il maggior lustro venne da Galeazzo (v.), che ottenne la porpora cardinalizia, mentre Francesco (m. 1687), oltre alla signoria di Vignanello (dove nel 1673 fece costruire la fonta­na pubblica), fu erede del ricchissimo patrimonio dei marchesi Ruspoli da parte dello zio materno Bartolomeo Ruspoli (in cui quella stirpe si estin­gueva), ivi compreso il feudo di Cerveteri con tito­lo marchionale. Poiché Francesco mori senza pro­le, suo successore fu il fratello minore Alessandro (1641 -1703), che a Vignanello fece costruire la por­ta del Molesino e avviò nel 1692 i lavori per il nuo­vo borgo. Già durante la vita di Alessandro i M. si suddivisero in tre rami con i suoi figli, dei quali Francesco Maria assunse il cognome e il patrimo­nio Ruspoli (con Cerveteri) insieme mantenendo la signoria di Vignanello, Mario ereditò il cognome e il patrimonio Capizucchi, mentre il cognome Marescotti rimase con la contea di Parrano al loro fra­tello Sforza, dal quale discesero i conti Marescotti di Firenze fiorenti fino al sec. XX. Anche il ramo originario bolognese fiorì fino al sec. XX. Il ramo primogenito della stirpe romana assunse dunque il cognome Ruspoli, e con esso è tuttora fiorente, mantenendo il possesso del castello di Vignanello, spesso offerto a importanti manifestazioni artisti­che e culturali.

Arme: fasciato di rosso e d’ar­gento alla pantera rampante d’oro attraversante; capo d’oro caricato di un’aquila di nero.

BIBL. e FONTI –  ASV, 719-722 (Archivio Ruspoli-Marescotti). AVR, Parr. di S. Nicola de’ Prefetti, Stati delle Anime 1645-1654; Arciconfraternita dei Ss. Angeli Custodi, b. 11, c. 114.  Amayden, I, pp. 52-54; Litta, Marescotti; Forcella, IV, p. 256; Massaroli 1903; Ruspoli 1914; Silvestrelli, pp. 695-­698; Spreti, IV, p. 378; Clementi 1938-39, I, p. 419; Signorelli 1968, pp. 93-95; Franchi 1988, p. 163; Curti 1990, pp. 3, 8; Weber 1994, p. 760.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]