Mazzatosta – Famiglia (Viterbo, Sec. XIV-XVII)

Famiglia nobile di Viterbo fio­rita dal tardo sec. XIV, epoca del capostipite Tuccio di Riccardo; la sua dimora principale era ubicata in S. Simeone, ma la casata possedeva altre abitazio­ni nei pressi della chiesa di S. Biagio e in piazza S. Salvatore e sepoltura in S. Maria in Gradi. Da que­sta famiglia vennero notai e magistrati che rivesti­rono importanti cariche comunali o nell’ammini­strazione pontificia della Provincia del Patrimonio.

Per il sec. XV occorre fare menzione, oltre che a Bartolomeo (v.) e Nardo (v.), a Fabio, per il cui stu­dio privato tra il 1469 e il 1471 Pomponio Leto, suo maestro, scrisse e commentò sette codici, di cui cin­que conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. lat. 3264, 3875, 3279, 3285, 3302), uno alla Casanatense (ms. 15) e uno presso la British Libra­ry a Londra (King’s 32), la cui decorazione è attri­buita a Bartolomeo Sanvito; e a Paolo, nato pro­babilmente a Roma e residente in Parione ma con forti vincoli nella città di Viterbo, dove agli inizi degli anni Novanta del sec. XV fece costruire il Tempietto poligonale della Peste.

Per il Cinque­cento si ricorda Francesco, notaio e priore del Co­mune dal 1525 al 1537. La sua discendenza si estinse nel 1612 in Erminia, moglie di Orazio Faiani, di altra nobile famiglia della città. Un altro ramo dei M. ebbe un bel palazzo quattrocentesco tuttora esi­stente in via dell’Orologio Vecchio, con elegante scala esterna e cappella di famiglia in S. Maria del­la Verità (fondata da Nardo verso il 1460), poi pas­sata ai Gatteschi e ai Primomi. Un ramo della fa­miglia si stabilì nel Quattrocento a Roma dove, nel secolo seguente, si imparentò con famiglie illustri e ottenne l’ascrizione alla nobiltà capitolina, rive­stendo cariche pubbliche. Riccardo fu conserva­tore di Roma nel 1547; proprietario dal 1513 di par­te della grande tenuta di Castel Giuliano fra Cerveteri e Bracciano, nel 1568 concordò una divisione con gli altri proprietari (i fratelli Patrizi, Ettore del Mottino, Ciriaco e Girolamo Levi); uomo ricco, contribuì finanziariamente con altri nobili viterbe­si alla liberazione del Cardinal Riario, ingiustamen­te incarcerato e processato. Scipione prese parte come cavaliere al Tomeo di Belvedere in Vaticano (1565).

Il ramo romano si estinse nel Settecento. Il ramo principale viterbese era proprietario dell’am­pia tenuta di S. Agnese presso Nepi, che nel 1668 fu venduta da Michelangelo al marchese Urbano Bi­scia. Anche questo ramo si estinse alla fine del Settecento in Girolama di Giovanni Battista. – Arme: di rosso al leone d’argento reggente una clava d’oro posta in palo; nel Seicento fu modificata: partito di rosso e d’azzurro al leone d’oro reggente una maz­za al naturale, capo d’oro caricato di un’aquila bi­cipite di nero.

BIBL. – Amayden, II, pp. 70-71 ; Clementi 1938-39, I, pp. 276, 279; Silvestrelli, pp. 562, 599; Scriattoli 1915-20, pp. 244, 353; Signorelli 1968, pp. 106-108; Maddalo 1991, passim; Miglio 1991, p. 30.

[Scheda di Marina Bucchi – Ibimus]